TEHERAN (WSI) – La fine dell’era Ahmadinejad non e’ l’unica notizia che rischia di uscire dalle elezioni in Iran. Con il voto di oggi, qualcosa puo’ cambiare veramente nello stato nemico giurato di Usa ed Israele. Il fronte dei moderati si e’ compattato e anche se le loro speranze di vittoria sono ridotte al lumicino, ci sono i margini per sperare ad ogni modo in un cambiamento politico nella Repubblica Islamica.
Anche se dovesse vincere un leader conservatore, infatti, il paese potrebbe cambiare approccio in politica estera, affrontando la spinosa questione nucleare con modi meno rigidi, allo scopo di allentare le sanzioni a livello internazionale.
Il potenziale della nazione e’ enorme, se si pensa alle ingenti risorse in campo energetico e alla popolazione estremamente giovane. Uno dei motivi per cui queste elezioni, come fa notare anche il Financial Times, sono meno pronosticabili di quanto non vogliano far credere i conservatori al potere.
I riformisti sperano nel colpaccio, ma dei sei candidati in lizza il favorito resta il sindaco di Teheran, Mohammad Bagher Ghalibaf, appoggiato dalla guida spirituale Khamenei, in quella che pare destinata a rivelarsi una lotta a tre tra esponenti della fazione dei conservatori.
Questa mattina urne aperte nel paese in una tornata elettorale che vede il ritorno in scena dei riformisti, i quali puntano alla rivincita al primo turno delle elezioni presidenziali, quattro anni dopo la polemica riconferma di Mahmoud Ahmedinejad: Hassan Rohani, appoggiato anche dai moderati, ha buone possibilità di arrivare quanto meno al ballottaggio del 21 giugno, date le divisioni esistenti nel campo dei conservatori.
I tre principali candidati dell’ala più tradizionalista del regime infatti – il capo-negoziatore nucleare Saad Jalili, l’ex ministro degli Esteri, Ali Akbar Velayati, e il sindaco di Teheren, Mohammad Bagher Ghalibaf – hanno infatti escluso qualsiasi ipotesi di desistenza a favore del meglio piazzato.
Secondo gli analisti, la chiave potrebbe essere proprio il successo di riformisti e moderati nell’unione attorno a un singolo candidato, strategia che non è al momento riuscita ai conservatori, che rischiano una dispersione dei voti. Un po’ come e’ successo alla destra francese che poi e’ capitolata alle ultime elezioni vinte dal leader dei Socialisti Francois Hollande.