ROMA (WSI) – Le elezioni italiane sono sotto la lente dei mercati in considerazione anche del fatto che le forze populiste, in primis il MoVimento 5 Stelle, hanno balenato l’idea di abbandonare la moneta unica. L’agenzia di rating Moody’s ritiene che il voto potrebbe avere conseguenze politiche di più ampia portata per l’Unione monetaria. Secondo quanto scrive Bloomberg, abbandonando eventualmente la moneta unica, la terza economia più grande dell’area euro potrebbe innescare uno scenario catastrofico completo di fuga di capitali, crisi bancarie e scompiglio nelle finanze pubbliche.
Inoltre, con la prossima nascita del Fondo Monetario Europeo, che sostituirà il fondo salva stati e diventerà una vera e propria istituzione dell’area euro al pari della Bce, per poter dispensare aiuti a un paese in difficoltà servirà una maggioranza qualificata, pari all’85% delle quote totali e chi ha più del 15% ha il diritto di veto. Gli aiuti verranno forniti in cambio di riforme.
È un diritto che oggi spetta soltanto ai tre grandi (Germania, Francia e Italia) ma che con l’allargamento della platea a tutti gli Stati membri che faranno parte dell’Unione bancaria, la percentuale che spetta a Roma del 17,9% potrebbe ben presto scendere sotto la soglia del 15%. Significa che in caso di difficoltà l’Italia – il sorvegliato speciale per eccellenza di Bruxelles per via dell’enorme debito pubblico e dei problemi del settore bancario – sarebbe alla mercé di Berlino e Parigi.
Anche se le politiche di bilancio generali verranno dettate dal nuovo superministro europeo delle Finanze e non dal FME, l’Italia con il suo ingente debito pubblico dovrebbe essere preoccupata dal fatto che le autorità in Germania, che saranno ancora una volta guidate da Angela Merkel, continuano a chiedere che vengano dati maggiori poteri di vigilanza in materia di politica fiscale al nuovo fondo, ossia un ruolo di garante dei conti pubblici.
Ma cosa vogliono gli italiani? Secondo un sondaggio Eurobarometro condotto dalla Commissione Europea a novembre, il 59% degli italiani sostiene l’unione economica e monetaria con l’euro, con il 30% che è contraria. In tutta l’area dell’ euro, quasi tre quarti degli intervistati sono per l’euro, il punteggio più alto dalla primavera del 2004.
“L’Italia rimane il malato d’ Europa, e un parlamento diviso può lottare per affrontare i suoi problemi economici. Ciò che preoccupa è ciò che accadrà all’economia dopo le elezioni. Se otteniamo una grande coalizione, non sarà in grado di fare molto, e l’UE potrebbe cominciare a esercitare una pressione incredibile sull’Italia per ripulire le sue banche e ripagare il suo debito“.
Questa l’opinione di Erik Jones, professore di economia politica internazionale alla Johns Hopkins all’Università di Bologna. Intanto un altro illustre quotidiano economico, il Wall Street Journal indica il destino del rottamatore Matteo Renzi.
Tramontano le speranze di ritorno di Renzi, mentre il rottamatore d’Italia affonda nei sondaggi (…) fino alla scorsa estate i sostenitori di Renzi speravano di vederlo tornare alla guida di un governo dopo le elezioni. Ma da allora la sua popolarità è ulteriormente calata. (…) Nel tentativo di riconnettersi con gli elettori e di lustrare i suoi risultati come premier (…) la frammentazione dell’elettorato, sintetizzata dal calo del Pd nei sondaggi, riduce nettamente la possibilità che emerga un gruppo con una maggioranza parlamentare in marzo. Se nessuno vi riesce, il presidente Sergio Mattarella potrebbe chiedere ai maggiori partiti, inclusa Forza Italia dell’ex premier di centrodestra Silvio Berlusconi, di formare una grande coalizione con il Pd. Ma se i risultati del Pd saranno brutti, anche una simile coalizione potrebbe faticare a raggiungere una maggioranza, aumentando il rischio di nuove elezioni”.