Mancano solo poche ore all’appuntamento elettorale dell’anno, ovvero le elezioni di Midterm negli Stati Uniti da cui emergerà la conferma o meno della supremazia repubblicana negli Stati Uniti anche nella seconda parte del mandato presidenziale.
Domani, con diversi fusi orari di mezzo, si voterà per rinnovare i 435 seggi della Camera dei rappresentati un terzo dei 100 seggi al Senato e 39 governatori in 36 Stati e tre Territori (Guam, Virgin Island e Northern Mariana Island).
Secondo il popolare sito di sondaggi FiveThirtyEight, il vantaggio democratico alla Camera dei rappresentanti è dato ormai per scontato (86,5%) mentre una situazione opposta è attesa al Senato, dove i Repubblicani dovrebbero confermare la maggioranza.
Non è infatti un caso che la campagna elettorale dei repubblicani, e del presidente Donald Trump in prima persona, in questi ultimi giorni prima del voto si sia concentrata soprattutto sul Senato, per difendere, e allargare, la maggioranza attuale.
Secondo l’ultimo sondaggio RealClearPolitics, i democratici possono contare su 203 seggi contro i 196 dei repubblicani mentre al Senato i Repubblicani potrebbero riconfermare i loro 51 senatori, e acquisirne due nuovi, arrivando a 53, contro i 47 dei democratici.
Sulla stessa linea l’indagine del Washington Post-ABC News, secondo cui i dem hanno perso terreno ma mantengono il loro vantaggio nella corsa per la Camera tra gli elettori registrati: sono avanti di 7 punti, 50% contro 43%, in linea con le altre rilevazioni. La percentuale è più bassa dell’11% rispetto allo scorso mese e addirittura dimezzata rispetto ad agosto (+14%).
Che i Repubblicani possano perdere il controllo della Camera dei Rappresentanti non stupisce più di tanto. Storicamente infatti il partito che si è affermato nelle presidenziali due anni prima è poi risultato in svantaggio alle elezioni di midterm. È successo al presidente Bill Clinton: il suo partito perse le elezioni di midterm del ’94 e del ’98. Stessei sorte toccò a George W. Bush, che durante la sua presidenza perse le elezioni di medio termine del 2006, e infine a Barack Obama, nel 2014.
Ma sul voto di domani restano tuttavia alcune incognite. La più importante delle quali riguarda il voto dei giovani e delle minoranze che hanno tassi di affluenza molto bassi alle elezioni di Midterm. Affluenza che questa volta potrebbe aumentare alla luce delle recenti politiche anti-migratorie e dalla campagna elettorale al femminile nata sulla scia del movimento #MeToo.