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Elezioni di metà mandato: svolta, impeachment o rielezione Trump?

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Le elezioni americane di metà mandato determineranno l’agenda politico economica della presidenza Trump. Il capo della Casa Bianca non figura tra i candidati ma vista la sua figura polarizzante, quello del 6 novembre è un voto pro o contro il leader dei Repubblicani.

Al momento entrambe le Camere sono in mano ai conservatori ma tutto può cambiare una volta usciti i risultati delle elezioni midterm. Di solito il voto è interpretato dai mercati come un referendum sui primi due anni di operato dell’amministrazione. Quello che sta facendo nel bene e nel male Trump, finirà per influenzare inevitabilmente il voto.

Una statistica interessante citata in questi giorni riguarda gli ultimi 21 appuntamenti elettorali di metà mandato: dal 1934 a oggi il partito del presidente in Carica ha ottenuto un incremento di seggi alla Camera soltanto tre volte e cinque al Senato. Dal punto di vista storico, quindi, le elezioni midterm non sono state favorevoli al commander-in-chief.

Un altro indicatore attendibile che può aiutare ad anticipare l’esito del voto riguarda il grado di approvazione del presidente. Al momento attuale, Trump gode del 41,9% dei favori. Un altro dettaglio degno di nota è quello concernente il numero di Repubblicani che abbandoneranno il Congresso. È più alto il numero di rappresentanti del partito che andranno in pensione piuttosto che quello di chi si presenta alle elezioni.

Probabilmente questa statistica è dovuta alle difficoltà che rappresenta avere a che fare con un presidente vulcanico come Trump, che tende a lasciarti andare a dichiarazioni controverse. Fatte queste premesse, la sensazione è che i Repubblicani perderanno qualche seggio, ma che i Democratici difficilmente riusciranno ad assumere il controllo di entrambe le Camere. Il ribaltone è possibile, ma servirà una mobilitazione straordinaria da parte dei più giovani.

Molto dipenderà anche dai tassi di affluenza: normalmente un basso tasso di partecipazione al voto favorisce il presidente in carica. Se invece in stati decisivi (i cosiddetti “swing state”) come Arizona, Nevada e Florida ci sarà un’elevata partecipazione, specie da parte degli elettori più giovani, allora i Democratici potrebbero fare il colpaccio. A quanto risulta dai primi dati a disposizione, sembra proprio che sia così.

L’esito previsto nelle elezioni di metà mandato Usa

Alla luce di tutte le dovute considerazioni, l’esito più probabile è dunque una conquista della Camera dei Rappresentanti da parte dei Democratici e la conferma dei Repubblicani al Senato. Se il partito dei progressisti assume il controllo della Camera, l’agenza legislativa di Trump subirà delle modifiche. Progetti come il muro al confine con il Messico oppure i tagli al welfare e al fisco sarebbero a rischio.

Quattro sono gli scenari possibili per le elezioni di metà mandato e l’impatto conseguente sul dollaro e gli altri mercati.

  1. I Repubblicani si confermano in entrambe le Camere: in questo caso (13% di chance di avverarsi, secondo i calcoli di Picet Asset Management), il dollaro si rafforzerà di pari passo con l’azionario, come effetto delle speranze di ulteriori tagli al fisco e spese generose per le infrastrutture.
  2. Le Camere sono spartite equamente tra i due partiti principali: è il caso nettamente più probabile (60%) e nessuna reazione particolare è prevista dagli analisti su Forex e azionario.
  3. I Democratici fanno il colpaccio: in questo caso (21% di probabilità) il dollaro dovrebbe indebolirsi un po’ e i mercati realizzare che Trump non sarà in grado di adottare altri stimoli fiscali importanti. Il presidente potrebbe anche subire una procedura di impeachment al Congresso.
  4. Nello scenario meno probabile (6%) a una Camera Repubblicana fa fronte un Senato Democratico: a uscirne vincenti sui mercati, osserva Pictet AM, “sarebbero l’obbligazionario Usa, sia governativo che corporate, e nell’azionario emergenti e infrastrutture”.

Secondo il team EMEA Multi Asset di Bmo Global Asset Management, le elezioni di metà mandato “potrebbero rivelarsi tanto un freno all’attività politica dell’amministrazione Trump quanto un volano per dazi, guerre commerciali, critiche alla Fed e altro ancora”.

“Il voto di metà mandato determina i membri delle due camere del Congresso, responsabile della promulgazione delle leggi negli USA. Entrambe le camere sono attualmente sotto il controllo dei Repubblicani, ma è probabile che i Democratici ottengano la maggioranza in una delle due, il che renderebbe possibile bloccare tutte le proposte di Trump, impedendone la conversione in legge”.

“Oltre a porre un freno a piani improduttivi come il muro tra USA e Messico, una maggioranza Democratica potrebbe portare a un blocco delle misure a supporto dell’economia come la spesa per le infrastrutture. L’economia statunitense si trova nel mezzo della seconda fase espansiva più lunga della storia dal secondo dopoguerra e le previsioni individuano nell’ultima parte del 2020 l’inizio della recessione. Queste elezioni saranno l’ostacolo che porta gli USA lungo il sentiero della recessione? Crediamo di no”.

Dal punto di vista economico, il livello di inflazione è ottimale. Le pressioni inflazionistiche stanno aumentando negli USA ma a un ritmo contenuto. La riduzione del potere sindacale e la crescente concentrazione societaria stanno limitando le pressioni salariali. Il crescente ruolo degli “intangibili”, come il marchio e le tecnologie software, si traducono nella possibilità per le società di aumentare rapidamente l’offerta per rispondere agli aumenti della domanda senza mettere pressione sull’inflazione.

Alcune delle società di maggior successo al mondo non utilizzano grandi quantità di capitale convenzionale e spesso non producono nemmeno alcunché di fisico. Si pensi ad esempio a Facebook, che dipende esclusivamente dalla proprietà intellettuale su cui è basato il proprio network. Il crescente ruolo degli intangibili nell’economia USA e in quella globale, con la loro scalabilità pressoché infinita, dovrebbe estendere ulteriormente la durata del ciclo.

Lo spettro della deflazione non è sicuramente scomparso dall’economia mondiale. Anche se l’inflazione sta aumentando nelle economie sviluppate, la pressione negli USA è sotto controllo. La Fed sta giocando d’anticipo e sembra ben indirizzata per evitare gli errori di politica che potrebbero causare una recessione.

Se invece le elezioni di medio termine dovessero dare in favore Trump, certe misure, come ad esempio un’escalation delle guerre commerciale, avranno un effetto negativo? Anche in questo caso crediamo di no. L’impatto di una guerra dei dazi sull’economia globale sarebbe limitato, e interesserebbe soprattutto le società cinesi. Tuttavia, le esportazioni di Pechino verso gli USA rappresentano una quota contenuta e in calo dell’economia di Pechino, e sarebbero almeno in parte deviate su altri mercati, soprattutto se verranno implementati i dazi al 25% in programma per gennaio 2019. Un calo della domanda USA di prodotti cinesi dovrebbe in ultima analisi andare a beneficio di altri Paesi più che dei produttori domestici statunitensi.

In termini di asset class globali, un’inflazione benigna e un’economia mondiale solida creano un contesto favorevole per gli asset rischiosi. L’azionario dovrebbe continuare a registrare buone performance, per quanto limitato dall’aumento dei tassi di interesse e soggetto a momenti di volatilità. Abbiamo un posizionamento neutrale sull’azionario emergente in generale. L’obbligazionario governativo potrebbe incontrare delle difficoltà a causa del movimento delle banche centrali, guidate dalla Fed, verso una normalizzazione dei tassi e una riduzione dei propri bilanci.

In generale ci aspettiamo una sottoperformance dell’obbligazionario, mentre il credito societario in particolare potrebbe rivelarsi una combinazione negativa di più fattori: gli spread del credito sono troppo compressi e siamo sottopeso sia per quanto riguarda l’obbligazionario corporate dei mercati sviluppati sia per l’obbligazionario emergente.