Nessuna “onda blu”, arriva lo stallo
A cura di Salman Ahmed, PhD, Chief Investment Strategist di Lombard Odier e di Charles St-Arnaud, Senior Investment Strategist di Lombard Odier
Finora la reazione del mercato è stata moderata. Come previsto, il dollaro si è deprezzato, poiché è chiaro che nei prossimi due anni il Congresso potrebbe trovarsi in una grave situazione di stallo. Notiamo un certo ribasso dei tassi statunitensi, in quanto la probabilità di ulteriori stimoli tende allo zero, con una curva sempre più piatta. Per quanto riguarda le azioni, possiamo notare effetti specifici in vari settori(come la sanità), ma nel complesso l’impatto sarà probabilmente modesto, insieme a importanti fattori in gioco e un risultato ampiamente consensuale.
Dobbiamo tornare al 1986 per trovare uno scenario politico simile negli Stati Uniti: Presidente repubblicano, Senato repubblicano e Camera democratica. Tuttavia, i risultati finora ottenuti suggeriscono che il sostegno al partito repubblicano potrebbe essere stato più forte di quanto inizialmente previsto dai sondaggisti.
Esaminando più a fondo i risultati, sembra molto probabile che si assisterà ad un’ulteriore polarizzazione nella politica statunitense. Il divario geografico resta: mentre i repubblicani consolidano il loro sostegno nelle aree rurali, i democratici mantengono il sostegno nelle città e ottengono consensi nelle periferie e nelle aree in rapida crescita. Ancor più importante, molti degli incumbent moderati più vicini al centro, sono stati sostituiti da candidati più radicali.
Questo probabilmente porterà a ulteriori divisioni e scontri in seno al Congresso, rendendo più difficile il raggiungimento di compromessi. Ciò potrebbe portare a uno stallo politico, e ad una crescente minaccia del blocco dell’attività governativa durante il prossimo dibattito sul bilancio.
Con i democratici che assumono il controllo di alcune delle principali commissioni parlamentari potremmo assistere ad attacchi più diretti verso il Presidente Trump. Tuttavia, nonostante il crescente clamore, riteniamo che il rischio di impeachment sia pressoché nullo, in quanto richiederebbe il sostegno di due terzi del Senato. Nonostante ciò, grazie ai consensi guadagnati dai repubblicani al Senato, la riconferma delle nomine presidenziali sarà più semplice.
La nuova composizione del Congresso influisce relativamente sulla geopolitica e sulle tensioni commerciali con la Cina, dato che sia i Repubblicani che i Democratici sono stati critici nei confronti della Cina. Questo probabilmente rimarrà un problema dell’esecutivo, anche se potremmo assistere a dei ritardi riguardo al NAFTA 2.0. Nel frattempo, gli ulteriori tagli fiscali introdotti dal Presidente Trump nelle ultime settimane sembrano fuori dubbio (se tralasciamo i tentativi di cambiare alcuni parametri).
Circa la spesa per le infrastrutture, potrebbe emergere un potenziale terreno comune. I democratici hanno tradizionalmente sostenuto questi sforzi. Tuttavia, è difficile immaginare che i Democratici sosterranno Trump alle prossime elezioni presidenziali, soprattutto a seguito dello scontro avvenuto durante le nomine per la Corte Suprema.
Nel complesso, riteniamo improbabile un miglioramento delle condizioni tali da permettere il raggiungimento di compromessi.
Stati Uniti verso un nuovo punto di stallo
A cura di Ian Heslop, Head of Global Equities e gestore del fondo Merian North American Equity, Merian Global Investors
Le ultime settimane e gli ultimi mesi sono stati frenetici per i commentatori della politica Usa e le elezioni di mid-term hanno dominato in maniera virtuale tutta la retorica. Le esperienze degli ultimi anni (il referendum dell’UE, le elezioni Usa del 2016 e le elezioni britanniche del 2017) hanno reiterato la futilità di prevedere e di attribuire troppo peso alle previsioni di un qualsiasi risultato specifico. Anche l’elettorato sembra essere più consapevole della possibilità di assistere a sorprese elettorali.
Detto ciò, i risultati delle elezioni portano sempre con sé un significato per i mercati azionari. La vittoria del Partito Democratico (e il controllo della maggioranza) era largamente prevista e prezzata, e probabilmente sarà accolta dai mercati con un’alzata di spalle. È vero che i piani del Presidente Trump per un ulteriore taglio fiscale saranno probabilmente accantonati, ma una voce Democratica più importante a Capitol Hill aumenta la possibilità di giungere a uno stallo, risultato che spesso rappresenta un risultato positivo per i mercati azionari. La politica estera è notevolmente un’area in cui questo risultato non rappresenta un ostacolo per i poteri di Trump, che probabilmente continuerà a mostrare i muscoli in tale ambito.
Il dollaro è sceso questa mattina, mentre i futures sui mercati azionari sono in rialzo. I mercati asiatici hanno chiuso leggermente in negativo nel corso della notte. L’indice delle Borse mondiali MSCI All-Country World Share Index ha raggiunto i massimi al 22 ottobre.
All’avvicinarsi delle elezioni di mid-term, i portafogli gestiti dal team azionario di Merian Global Investors sono rimasti ben protetti. La nostra posizione lunga sul momentum ha sofferto durante il sell-off di ottobre e di conseguenza abbiamo ridotto questa esposizione. Il contesto economico prevalente al momento è incerto, se da un lato gli utili e i dati headline sulla crescita del Pil sembrano relativamente rosei, dall’altro la politica della Fed sta cambiando e la liquidità è stata ridotta. Continuiamo a ritenere che una visione cauta in questo contesto sia del tutto ragionevole.
Fondamentali contano più della politica
A cura di T. Rowe Price
Nel contesto politico e di mercato volatile che ha caratterizzato l’attesa per le lezioni di midterm del Congresso statunitense, molti investitori si sono chiesti se il risultato avrebbe influenzato l’economia e i mercati finanziari. Ora che i Democratici hanno riguadagnato la maggioranza alla Camera dei rappresentanti per la prima volta dal voto di midterm del 2010 e i Repubblicani hanno mantenuto il controllo del Senato, la risposta al quesito è diventata più chiara?
T. Rowe Price mette in guarda dal prendere decisioni di investimento sulla base di risultati elettorali, e si focalizza piuttosto sugli aspetti più fondamentali che generalmente determinano le performance del mercato. Inoltre, T. Rowe Price non si aspetta che l’esito elettorale abbia un impatto significativo sui mercati statunitensi o sull’economia.
I trend in termini di crescita globale, tassi di interesse, inflazione, utili societari e prezzi del petrolio – sommati al crescente protezionismo e alle tensioni geopolitiche – sono tra gli sviluppi che probabilmente avranno un peso maggiore rispetto ai recenti cambiamenti nel Congresso. Non a caso, i mercati quest’anno sono stati guidati da questi fattori più che da ogni aspettativa di natura politica.
“Potrebbe essere allettante per gli investitori cercare di legare i risultati elettorali a degli outcome di mercato, ma non esiste una relazione consistente tra il partito in carica e il successo di lungo termine degli investimenti”, osserva Eric Veiel, Co-Head Global Equities, T. Rowe Price.
David Giroux, Head of Investment Strategy, T. Rowe Price, aggiunge che le elezioni di midterm 2018 “probabilmente non diventeranno un evento market-mover. Probabilmente permarrà uno stallo fino al 2020, quindi non mi aspetto che venga approvata alcuna legislazione di peso nei prossimi due anni. Gli investitori dovrebbero prestare maggiore attenzione a ciò che i tassi di interesse implicano per le valutazioni azionari, l’inflazione e i margini di profitto societari”, prosegue l’esperto, precisando che
“Inoltre quest’anno abbiamo avuto una crescita molto solida, quindi la portata del rallentamento dell’economia è una tra le considerazioni principali. Tra l’altro, il 2018 è stato un anno positivo per la crescita degli utili, che probabilmente saliranno di circa il 20%. Nel 2019, gli aumenti degli utili saranno a cifra singola. L’altro fattore importante su cui focalizzarsi è la guerra commerciale con la Cina e le implicazioni più generali che essa comporta per gli Stati Uniti e per l’economia globale”.
La politica monetaria e fiscale dovrebbe rimanere sulla buona strada
Alan Levenson, Capo Economista per gli USA, T. Rowe Price, non ha modificato le proprie previsioni. La Federal Reserve continuerà a perseguire la normalizzazione dei tassi d’interesse, probabilmente con un nuovo rialzo a dicembre, e altri tre o quattro l’anno prossimo. “La Fed è un’istituzione indipendente e proseguirà sulla propria strada, a prescindere dalle elezioni. La politica monetaria, nei prossimi 15 mesi, continuerà ad avere luogo indipendentemente dalla composizione del Congresso”, spiega.
Anche la politica fiscale è probabile che rimanga stabile. “Non vedremo grandi stimoli fiscali, come tagli alle tasse o enormi incrementi della spesa, perché quello che è stato fatto finora ha già creato un buco significativo nel bilancio, e l’economia è ancora solida”, afferma l’economista. “Quindi, non mi aspetto che i contorni della politica fiscale cambino molto per via delle elezioni”.
Secondo le previsioni di Levenson, l’economia crescerà tra il 3% e il 3,25% nel 2018, rallentando a circa il 2,5% nel 2019, in virtù dei rialzi dei tassi da parte della Fed e dello stimolo fiscale che si ridurrà significativamente l’anno prossimo. Levenson lancia anche un avvertimento contro le aspettative di restrizioni sulle politiche normative e commerciali del presidente Trump. “L’autorità sulla politica commerciale e regolamentare spetta all’organo esecutivo”.
Un bilancio storico incoraggiante
Una volta fatte queste precisazioni, cosa ci dicono i dati storici relativi alle elezioni di metà mandato? Il partito del Presidente in carica perde solitamente alcuni seggi al Congresso nelle midterm, in particolare alla Camera, ma il mercato azionario ha di norma registrato buone performance l’anno successivo. Storicamente, il terzo anno di mandato di un Presidente (l’anno successivo alle elezioni di metà mandato, quindi) si è rivelato l’anno migliore per l’andamento del mercato statunitense nel ciclo quadriennale di presidenza.
Per i 17 anni di elezioni di metà mandato tra il 1950 il 2014, l’S&P 500 ha guadagnato in media il 10,7%, con solo cinque anni di performance negative in questo periodo storico. Per lo stesso arco temporale, nell’anno successivo alle elezioni midterm, il mercato ha guadagnato in media il 19,9%, e l’S&P 500 non ha registrato flessioni in nessuno di quegli anni. Dal 31 dicembre 1949 al 31 dicembre 2015, l’S&P 500 ha registrato un rendimento medio annuo dell’11,2%. Nemmeno le turbolenze politiche hanno portato a sconvolgimenti sul mercato.
Alle elezioni di metà mandato del 1954, 1994 e 2006, il partito del Presidente in carica ha perso la maggioranza sia alla Camera che al Senato. Nell’anno successivo a queste midterm, l’indice S&P 500 ha guadagnato rispettivamente il 31,5%, il 37,4% e il 5,5%. Alle elezioni di metà mandato del 1994, durante il primo incarico del presidente Clinton, il partito democratico ha perso 52 seggi in Parlamento e 8 al Senato, ma l’anno successivo il mercato ha guadagnato più del 37%. Nelle elezioni midterm del 2010, durante il primo mandato del presidente Obama, il Partito Democratico ha perso 63 seggi al Parlamento e 6 al Senato, creando una spaccatura nel Congresso. L’anno successivo, il mercato ha guadagnato il 2%.
Maggiori cambiamenti potrebbero arrivare nel 2020
David Giroux non consiglierebbe agli investitori di adottare cambiamenti nel portafoglio in base all’outcome delle elezioni di metà mandato del 2018, ma afferma che non è “mai troppo presto” per iniziare a considerare l’impatto delle elezioni presidenziali del 2020.
“Andando verso il 2020, gli investitori dovrebbero essere più reticenti nei confronti della possibilità di un cambiamento dell’amministrazione e di ciò che ciò potrebbe significare per i mercati, per l’economia, l’health care, l’energia, la difesa e le attività di M&A”, precisa.
“Abbiamo avuto un’Amministrazione molto pro-business, anti-regolamentazione e di tagli fiscali, che si è rivelata molto positiva per il mercato azionario. Alcuni direbbero che questo è il motivo per cui quest’anno abbiamo assistito a una crescita economica e salariale così forte. Se si dovesse verificare un cambiamento di regime, ciò potrebbe invertire alcune di queste politiche e avere un effetto a catena sull’economia e sul mercato azionario. Il mercato è lungimirante, quindi, pensando al 2019 e al 2020, questa possibilità diventerà un elemento da considerare”.
Tuttavia, la cautela è giustificata e gli investitori non dovrebbero arrivare rapidamente alla conclusione che – nel più lungo periodo – un’Amministrazione democratica sarebbe negativa per i titoli azionari. Infatti, se valutati su un intero mandato presidenziale nel corso degli ultimi 100 anni, i rendimenti dei titoli azionari statunitensi – pur subendo notevoli variazioni nei quattro anni – sono stati generalmente positivi. Ancora una volta, la maggior parte degli operatori concorda sul fatto che siano subentrati fattori esogeni al controllo di qualsiasi individuo della Casa Bianca.
“Gli investitori non dovrebbero lasciare che il contesto politico pesi troppo sulla propria strategia d’investimento perché i titoli azionari hanno registrato buone performance durante gran parte dei mandati presidenziali, o su periodi di tempo più lunghi”, sottolinea Larry Puglia, gestore del fondo T. Rowe Price US Large‑Cap Core Growth Equity, T. Rowe Price.
La volatilità potrebbe risultare più prevedibile della direzione del mercato
Sebbene il risultato delle elezioni non dovrebbe avere un impatto significativo sull’andamento dei mercati, il nuovo Congresso prenderà probabilmente in considerazione questioni controverse che potrebbero dar luogo a una certa volatilità. Tra questi temi caldi:
- Una seconda importante proposta di riforma fiscale da parte dell’amministrazione Trump, che potrebbe innescare una maggiore crescita, un deficit più significativo e aspettative di inflazione più elevate;
- Gli sforzi per porre limiti ai prezzi dei farmaci o un altro tentativo da parte dei Repubblicani per sostituire l’Affordable Care Act, che potrebbe produrre effetti, rispettivamente, sui titoli azionari di provider medici o farmaceutici;
- L’impegno per alzare il salario minimo, che potrebbe suscitare preoccupazioni in materia di inflazione;
- Il dibattito sul controllo dell’immigrazione, che potrebbe porre la minaccia di una crescita più lenta e di un aumento dei livelli d’inflazione;
- Potenziali aumenti nella spesa per il settore della difesa, che potrebbero stimolare la crescita complessiva e, in particolare, i titoli legati a questo comparto;
- Questi dibattitti di carattere legislativo potrebbero rappresentare il rischio principale. Tuttavia, in un contesto politico frammentato, molti osservatori sono scettici sul fatto che il Congresso farà molti progressi su qualsiasi iniziativa di rilievo.