Dopo il voto, dal quale è altamente improbabile che esca un parlamento governabile, bisognerà affidarsi a un governo del presidente per lavorare a una nuova, l’ennesima, legge elettorale che possa garantire a qualcuno di governare. A dirlo è l’ex premier Massimo D’Alema, esponente di lungo corso del centro sinistra italiano che ora fa parte del gruppo Liberi e Uguali guidato dal presidente del Senato uscente Pietro Grasso.
“La classe dirigente ha il dovere di dire la verità al Paese: questa legge è congegnata perché nessuno abbia la maggioranza. Occorrerà lo sforzo di garantire una ragionevole governabilità, mentre il Parlamento avrà un compito costituente, a cominciare da una nuova legge elettorale”.
Anche se il PD e Liberi e Uguali ottenessero un risultato migliore delle attese e dei sondaggi, dando la possibilità ai due gruppi dell’area di sinistra di allearsi per ottenere i seggi parlamentari sufficienti a permettere all’esecutivo di governare, D’Alema – un anti renziano convinto – esclude che le due forze politiche possano scendere a patti. Meglio un governo traghettatore incaricato di riformare la legge elettorale e poi tornare al voto.
“Non ci sono le condizioni politiche e programmatiche. Noi non partecipiamo ad ammucchiate. Le ragioni di dissenso sono molte”, ha dichiarato al Corriere della Sera. “Ma “per far perdere Renzi non era necessario fare un partito; bastava lasciarlo fare da solo”, aggiunge D’Alema.
Detto questo in campagna elettorale è meglio non farsi del male, perché si finirebbe per favorire il MoVimento 5 Stelle: “consiglierei al Pd di adottare una certa prudenza, anziché continuare ad attaccarci” “perché attaccare noi non porta voti a loro, ma ai 5 Stelle”.
“Il Paese pagherà un prezzo alto al fallimento del renzismo, al modo disastroso, superficiale e arrogante con cui ha affrontato questioni delicatissime come le riforme” prevede, aggiungendo che “per forza”ci sarà un governo del presidente, “una convergenza di tanti partiti diversi attorno a obiettivi molto limitati. E noi, che siamo una forza radicata nei valori democratici della Costituzione della solidarietà, dell’uguaglianza, del lavoro, daremo il nostro contributo, ponendo discriminanti di carattere programmatico per noi irrinunciabili” come “le enormi istanze sociali non rappresentate”.
D’Alema è stato tra i coordinatori della segreteria del PDS, nato da una costola del Partito Comunista dopo la “Svolta della Bolognina”, e faceva anche parte del Partito Democratico, ma dopo l’elezione di Matteo Renzi alla guida, è finito in minoranza, insieme a Pierluigi Bersani. I due e l’ala più a sinistra del PD si sono quindi defilati durante l’ultima legislatura per fondare il Movimento Democratico e Progressista, che è andato poi a confluire in LeU, formazione che si presenterà alle elezioni del 4 marzo di cui fanno parte anche la corrente “Possibile” di Pippo Civati e alcuni ex esponenti di Sinistra Ecologia e Libertà.
“Mi ha colpito che sia Berlusconi sia Renzi, facendosi eco come spesso accade, abbiano presentato le elezioni come uno scontro tra loro e i 5 Stelle, ognuno rivendicando il ruolo di argine al populismo – dice ancora D’Alema – Dicono le stesse cose, ma Berlusconi è più credibile”. La Lega di Salvini, dice, “ha venature di estremismo di destra di tipo neofascista”.