Quando mancano tre giorni all’inizio delle votazioni per il Colle, la discussione dei partiti si concentra oltre che sul Quirinale anche su Palazzo Chigi. In attesa che Silvio Berlusconi sciolga la riserva, la candidatura dell’attuale premier Mario Draghi è vista da molti come uno degli approdi più probabili, alla luce la frammentazione politica che regna in Parlamento.
Ma se Draghi salisse al Colle, quale sarebbe la sorte del Governo? Tra i nomi in circolazione in queste ore, spiccano il ministro della Giustizia Marta Cartabia e il ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Altro nome caldo come possibile nuova guida del governo, è quello del ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale, Vittorio Colao. Il manager, ex amministratore delegato di Vodafone, viene considerato una figura in grado di proseguire il lavoro del governo Draghi, garantendo il cammino del Pnrr e delle varie riforme connesse.
Si era parlato anche dell’ipotesi che potesse essere il ministro dell’economia Daniele Franco a presiedere l’esecutivo, ma al momento, secondo indiscrezioni sembra scartata.
Insomma, l’ipotesi di un rimpasto del governo sembra una strada plausibile. Rimpasto, che secondo Il Messaggero però, potrebbe avvenire anche nel caso in cui Mario Draghi resti premier e qualcun altro venga eletto presidente della Repubblica. I partiti spingono infatti per sostituire diverse caselle del governo e avere un maggiore peso all’interno dell’esecutivo. Tra i ministri in uscita ci sarebbero il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani e quello delle Infrastrutture Enrico Giovannini. In bilico anche la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese.
Financial Times benedice Draghi al Quirinale
Intanto, mentre resta ancora avvolto nella nebbia l’esito del Corsa al Quirinale, il Financial Times benedice la candidatura di Draghi al Quirinale. “La premiership riformista di Mario Draghi si avvicina alla fine”, ma “il passaggio alla presidenza dell’Italia appare il modo migliore per portare avanti l’ottimo lavoro” fin qui svolto dall’ex presidente della Bce, si legge in un editoriale non firmato.
“L’Italia sotto la leadership di Mario Draghi ha goduto di un eccezionale periodo di stabilità e di successo”, scrive il Financial Times, ricordando i traguardi raggiunti dal governo nella lotta alla pandemia, sul fronte della ripresa economica e delle riforme, sostenuti dal cospicuo pacchetto di aiuti europei. Complice il calendario politico-istituzionale, la “premiership riformista” di Draghi, scrive ancora il Ft, rischia “con disappunto” di essere “breve”.
Il quotidiano finanziario della City invita quindi i partiti che hanno finora sostenuto l’azione di governo di Draghi ad assumersi la responsabilità davanti all’Europa della realizzazione del Pnrr.
“Il problema è che il governo senza di lui potrebbe sbandare o perfino cadere”. Dando conto del quadro politico che sottende alla scelta del nuovo presidente della Repubblica, il Ft sottolinea anche la candidatura “divisiva” dell’ex premier Sivlio Berlusconi, che a giudizio del quotidiano “non ha l’integrità necessaria per la carica”.
L’esito “peggiore” sarebbe quello di elezioni anticipate, che farebbero “deragliare” le riforme e il recovery plan italiani. “In queste circostanze, sarebbe meglio avere Draghi alla Presidenza affinché usi i considerevoli poteri e la moral suasion della sua carica per mantenere il Paese sui binari”. Scegliere un nuovo premier “sarà difficile”, sottolinea il Ft. Ma, “tutti i principali partiti, eccetto la destra di Fratelli d’Italia hanno firmato un contratto con la Ue, quando hanno concordato il recovery plan. Ora, conclude il quotidiano, “devono farsene carico”.