Per avere successo una campagna presidenziale Usa ha bisogno di soldi. Due candidati alle primarie del partito Democratico che hanno iniziato con il piede giusto sotto questo punto di vista sono Beto O’Rourke, il “nuovo Kennedy”, e il socialista democratico Bernie Sanders. Il Senatore arrivato secondo dietro a Hillary Clinton nelle primarie del 2016 ha ottenuto 5 milioni e 900 mila dollari nel primo giorno di fundraising.
Da parte sua O’Rourke, deputato del Texas dal 2013 al 2019 che ha rischiato di battere Ted Cruz alle ultime elezioni dello Stato storicamente Repubblicano, ha ottenuto ben 6 milioni e 100 mila dollari di finanziamenti. I due potranno sicuramente su tanti soldi, ed è dimostrato il legame stretto tra chi ha ottenuto un buon risultato nel fundraising fin dai primi giorni della campagna e chi ha vinto le primarie.
Quello che questi numeri non mostrano, tuttavia, è se i candidati riescono ad avere un sostengo il più ampio e variegato possibile. In termini di età, ideologie e classe sociale. Le centinaia di migliaia di persone che hanno donato soldi dalle loro tasche alle campagne dei due candidati sono pochissimi e confrontati alle decine di milioni che hanno sostenuto Sanders o Clinton nel 2016 (13 milioni e 17 milioni rispettivamente) e nulla in confronto ai 66 milioni che poi hanno votato per Clinton alle presidenziali di quell’anno.
Caucus e delegati: come si svolgono primarie in Usa
Così come avviene per l’elezione presidenziale, anche le primarie prevedono soltanto in parte un’elezione diretta. E conta avere un indice di gradimento alto nel numero di stati più alto possibile.
Si aggiudica la vittoria chi ottiene il numero più alto di delegati. Per delegati si intendono i rappresentanti di quello o quell’altro candidato eletti dai cittadini nei singoli Stati in base a chi hanno annunciato di sostenere a titolo personale. A questi si aggiunge una minoranza di delegati (i “super delegati“) slegati dal voto popolare.
La ripartizione dei delegati avviene con il format proporzionale oppure semi-proporzionale, con o senza soglie di sbarramento. La procedura varia da Stato a Stato. In taluni si vota durante i cosiddetti cactus (assemblee del partito), mentre la maggior parte degli Stati ospitano elezioni primarie aperte. Ovvero un voto in cui può esprimersi tutto il corpo elettorale.
Se sono chiuse a votare sono invece soltanto gli iscritti al partito. Possono essere anche semichiuse. In questo caso votano sia iscritti al partito sia elettori registrati come indipendenti. Quando si parla di primarie semiaperte, è sufficiente non risultare iscritti ad altri partiti.
È d’estate, durante la convention nazionale, che i delegati decidono ufficialmente chi nominare alla testa del partito come candidato alla Presidenza. In molti hanno già lanciato la sfida a Elizabeth Warren, la celebre senatrice che ha sfidato i big di Wall Street dopo la crisi del 2007-2008.
Qui c’è l’elenco completo dei partecipanti alle primarie del partito progressista in vista delle elezioni presidenziali del 2020. È annessa una descrizione dei punti di forza e deboli di ciascuno dei favoriti alla leadership dei Democratici. Chi uscirà vittorioso o vittoriosa dalle primarie sfiderà Donald Trump a novembre di quell’anno.