Elezioni Usa, gli investitori dovrebbero prepararsi all’idea di un nuovo presidente?
A cura di Piya Sachdeva, Economista, Schroders
Con l’avvicinarsi delle elezioni negli Stati Uniti, in calendario il 3 novembre, sia i modelli macro che i sondaggi sembrano indicare una probabile vittoria del candidato democratico Joe Biden.
Tuttavia, se si considera la lezione del 2016 sulla capacità predittiva dei sondaggi, sembra che la corsa presidenziale sarà più combattuta del previsto.
Primo approccio: i modelli macro
L’approccio dei modelli economici si basa sull’idea che le elezioni siano paragonabili a un referendum sulla capacità del presidente in carica di gestire le questioni economiche e non solo. Questo approccio utilizza le relazioni del passato per stimare il ‘voto popolare’, usando una variabile economica e una variabile di popolarità come dati di partenza.
Noi utilizziamo nello specifico due modelli che hanno stimato scenari abbastanza veritieri nelle elezioni nel 2016.
Con un tasso di consenso per Trump a un mero 38% – secondo Gallup – e l’economia Usa in recessione, non sorprende che gli scenari previsti siano abbastanza negativi, indicando infatti che Donald Trump otterrebbe soltanto il 43% dei ‘voti popolari’.
Tuttavia, nel 2016 Trump vinse a livello di voto dei collegi elettorali ma perse nei ‘voti popolari’.
È possibile che questi modelli stiano sbagliando di nuovo? Sì, ma è improbabile: in teoria, un Presidente può vincere l’elezione nel Collegio elettorale con il 23% dei voti popolari. Ma in realtà il minor livello di voto popolare che ha portato alla vittoria di un candidato è stato del 47,8% nel 1888.
Anche se così fosse, la vittoria di Trump del 2016 mostra l’importanza di comprendere il sistema dei voti dei collegi elettorali, il che ci porta dritti al secondo approccio.
Secondo approccio: i sondaggi
Questo approccio molto diffuso aggrega i sondaggi per stimare i risultati elettorali. Utilizziamo i dati dell’aggregatore di sondaggi Real Clear Politics e ci focalizziamo sugli Stati in cui non sembra esserci una netta predominanza, detti ‘battleground States’.
Assumiamo che tutti gli altri Stati voteranno in linea con i voti delle ultime quattro elezioni. Tale assunzione non è priva di rischi: ad esempio, consideriamo il Texas uno stato Repubblicano, anche se al momento è tra gli stati con sondaggi più controversi.
I sondaggi indicano che Biden è in vantaggio in gran parte dei ‘battleground States’, ad eccezione di Ohio, Indiana e Iowa.
In base a questi dati, Biden vincerebbe nel collegio elettorale con il 62% dei voti. Dando più spazio alle incertezze e includendo gli stati più incerti (‘toss-up States’), con una differenza di voti per i candidati inferiore a 5, i sondaggi segnalano una vittoria di Biden con il 57% dei voti, una maggioranza comunque notevole.
I sondaggi sbagliarono nel 2016
Gli investitori non si saranno dimenticati del fatto che i sondaggi si sbagliarono nel 2016. In particolare, i sondaggi hanno sottostimato il supporto per Trump nell’Upper Midwest, compresi alcuni Stati indecisi come Pennsylvania, Michigan e Wisconsin.
Con il senno di poi, i sondaggisti hanno indicato tre motivi:
– gli ‘shy voter’, elettori che supportavano Trump ma che non lo hanno ammesso ai sondaggisti;
– gli elettori che hanno preso una decisione all’ultimo minuto, scegliendo Trump;
– il sovra campionamento degli elettori con un’istruzione universitaria, poiché era più probabile che rispondessero ai sondaggi.
Nonostante gli insegnamenti del 2016, è ancora poco chiaro se i sondaggisti abbiano cambiato il loro approccio. Alcuni nelle università hanno iniziato a pesare i risultati per livello di istruzione, ma altri no.
I sondaggisti sottolineano il fatto che le decisioni di voto dell’ultimo minuto non rappresentano un problema intrinseco ai sondaggi di per sé, e che quindi questo sia un elemento che non può essere aggiustato, ma solo preso in considerazione per valutare il livello di incertezza. Infine, anche il fenomeno degli ‘shy voter’ di Trump non rappresenta una debolezza del sistema dei sondaggi di per sé.
Riteniamo che questo fenomeno sarà meno problematico questa volta, dato che Trump ha ora l’esperienza di un mandato alle sue spalle, il che potrebbe spingere le persone ad essere più trasparenti riguardo al proprio supporto all’attuale Presidente.
Per quanto riguarda gli altri due fattori si possono fare degli aggiustamenti.
Per includere le decisioni di voto dell’ultimo minuto, assumiamo che chiunque non scelga un candidato nei sondaggi abbia una preferenza di voto Repubblicana – più specificamente, abbia preferenze uguali a quelle del sottoinsieme degli elettori bianchi e non universitari. Sebbene ciò abbassi le preferenze per Biden nei ‘battleground States’, non è sufficiente per capovolgere la situazione a favore di Trump in nessuno Stato, lasciando a Biden il 62% dei voti.
Per contrastare il problema del sovra campionamento, allarghiamo il campione dei lavoratori bianchi non laureati. Ciò capovolge la situazione in North Carolina e Nevada, ma implica comunque che Biden otterrà il 58% dei voti.
Se applichiamo entrambi gli aggiustamenti, la situazione è stravolta in molti Stati e indica una vittoria di Trump, lasciando a Biden soltanto il 41% dei voti. Di conseguenza, assumendo che i sondaggisti non abbiano apportato cambiamenti dopo il 2016, ci sarà probabilmente un gap minore nei risultati tra i due candidati, rispetto a quanto indicato dai sondaggi.
Tuttavia, sono comunque necessarie assunzioni abbastanza aggressive per ottenere uno scenario di vittoria per Trump.
In conclusione, la nostra analisi mostra agli investitori che dovrebbero prepararsi a una vittoria di Biden, o almeno, dovrebbero iniziare a chiedersi cosa significherebbe la vittoria di Biden per le politiche e i mercati.