L’appuntamento politico più importante dell’anno si avvicina e la sfida tra il democratico Joe Biden e il repubblicano Donald Trump è molto sentita anche e soprattutto dagli investitori. La domanda che molti si pongono è se esiste una relazione storica tra le elezioni presidenziali e la performance del mercato azionario statunitense.
A dare una risposta a questo interrogativo è Thomas Poullaouec Head of Multi-Asset Solutions, Asia-Pacific di T. Rowe Price che analizza l’impatto delle elezioni Usa sulle performance dell’azionario statunitense.
Elezioni presidenziali e volatilità dei mercati: la view di T. Rowe Price
L’analista ricorda come i dati sulle performance dei mercati impiegati nello studio partono dal 1927, lasso temporale in cui si sono tenute solo 24 elezioni presidenziali, per cui è difficile trarre conclusioni statisticamente significative relativamente all’impatto di tali elezioni sui ricavi dei mercati azionari. Così Poullaouec sostiene che “i rendimenti complessivi, medi e mediani, dell’Indice S&P 500 sono stati leggermente inferiori negli anni delle elezioni presidenziali rispetto agli anni privi di elezioni e alla media di lungo periodo degli ultimi 96 anni”. “Inoltre, i rendimenti dell’S&P 500 sono stati generalmente più elevati nel periodo che precede le elezioni presidenziali rispetto agli anni non elettorali. Tuttavia, dopo il giorno delle elezioni, i rendimenti dei mercati azionari, nei periodi a 1, 6 e 12 mesi, sono stati significativamente inferiori rispetto ai corrispondenti periodi degli anni senza elezioni presidenziali”.
Fatta eccezione per i 12 mesi precedenti e per il mese immediatamente successivo al voto, l’S&P 500 ha registrato mediamente una minore volatilità negli anni elettorali e in prossimità di quest’ultimi rispetto a periodi analoghi in anni non elettorali. Queste tendenze storiche della volatilità potrebbero sorprendere, visto che, negli anni successivi alle elezioni, si verificano più di frequente delle recessioni. Tuttavia, il mercato ha sperimentato simili effetti stagionali sia negli anni delle elezioni presidenziali sia negli altri anni.
Secondo l’analista, sia negli anni in cui si sono tenute le elezioni che in quelli dove non si sono tenute, la volatilità è stata generalmente più elevata nel periodo precedente il primo martedì di novembre (data delle elezioni presidenziali statunitensi) rispetto ai corrispondenti periodi successivi al voto. Inoltre, negli anni delle elezioni presidenziali, il livello medio di volatilità dei mercati è stato massimo nel mese e nei tre mesi che precedono il giorno del voto.
Vittoria o sconfitta del partito in carica: il significato per le azioni
Se osserviamo i rendimenti medi dell’S&P 500 in vari periodi di tempo, prima e dopo le passate elezioni presidenziali, emerge un trend sostiene l’esperto. Il mercato azionario è stato tendenzialmente più debole nel periodo prima delle elezioni presidenziali che il partito in carica ha perso, riflettendo potenzialmente la maggiore incidenza delle recessioni nei lassi di tempo in questione. Tuttavia, la performance dei mercati azionari nei periodi successivi alle elezioni è stata eterogenea.
Quando il partito in carica non è riuscito a rimanere alla Casa Bianca, l’S&P 500 ha registrato mediamente livelli di volatilità più elevati prima delle elezioni e nei mesi successivi, forse a causa dell’incertezza generata dai probabili cambiamenti politici. In questi casi, il mese prima del voto ha registrato la volatilità più elevata in assoluto.
Si registrano altre due tendenze: quando il partito in carica ha mantenuto la presidenza, la volatilità è mediamente diminuita prima delle elezioni e ha registrato un modesto rialzo successivamente. Nelle elezioni presidenziali in cui il partito in carica ha perso, la volatilità ha evidenziato un significativo incremento nei periodi precedenti al voto, per poi diminuire.
Spesso si ritiene che, nel periodo che precede il giorno del voto, sussistono delle correlazioni tra i risultati delle elezioni presidenziali statunitensi e l’andamento dei mercati azionari.
La nostra analisi quantitativa dei dati storici conferma che le relazioni, di fatto, esistono. Ad esempio, i rendimenti medi dell’S&P 500 sono stati leggermente inferiori negli anni delle elezioni presidenziali rispetto agli altri anni. Anche la volatilità sui mercati è stata mediamente più bassa in molti dei periodi in cui si sono svolte le elezioni presidenziali e attorno ad essi. Il mantenimento della presidenza da parte del partito in carica sembra altresì aver influenzato l’andamento della volatilità sui mercati.
A quanto pare, anche le condizioni economiche svolgono un ruolo importante nella scelta se far rimanere alla Casa Bianca il partito in carica o garantire la presidenza allo sfidante. Tuttavia, le performance passate non assicurano i risultati futuri. Riteniamo che le decisioni d’investimento dovrebbero basarsi sui fondamentali di più lungo periodo e non sui risultati politici a breve termine. Cercare le tempistiche giuste per fare il proprio ingresso sul mercato basandosi su dinamiche a breve termine, politiche o di altro tipo, è straordinariamente difficile, conclude l’analista.
In conclusione, dice l’esperto, “tuttavia, le performance passate non assicurano i risultati futuri. Riteniamo che le decisioni d’investimento dovrebbero basarsi sui fondamentali di più lungo periodo e non sui risultati politici a breve termine. Cercare le tempistiche giuste per fare il proprio ingresso sul mercato basandosi su dinamiche a breve termine, politiche o di altro tipo, è straordinariamente difficile”.