E’ diventato il Deus ex machina dietro i repentini movimenti del Bitcoin e oggi Elon Musk ne paga le conseguenze, se così si può dire, scendendo nella classifica degli uomini più ricchi del mondo al terzo posto.
Parliamo di Elon Musk, l’istrionico imprenditore sudamericano a capo della Tesla e Space X che aveva comunicato lo scorso febbraio l’acquisto di 1,5 miliardi dollari in Bitcoin e successivamente ritirato la possibilità di acquistare le vetture in criptovaluta, considerato il significativo impatto ambientale del Btc.
Elon Musk: con il crollo del Bitcoin scende nella classifica degli uomini più ricchi del mondo
Come riporta Bloomberg, Musk ha perso il suo posto posto nel Bloomberg Billionaires Index come seconda persona più ricca del mondo dovendo cedere il posto al presidente di LVMH (Louis Vuitton e altri marchi del lusso) Bernard Arnault dopo che le azioni del produttore di veicoli elettrici sono scese del 2,2%. A conti fatti, Elon Musk ha un patrimonio netto di 160,6 miliardi di dollari, in calo del 24% rispetto al suo massimo di gennaio.
Il tutto nasce dall’investimento in Bitcoin e dai clamorosi dietrofront di Musk. Il fondatore e numero uno di Tesla, qualche giorno fa, aveva ritrattato sulla possibilità di pagare le vetture Tesla in Bitcoin, lasciando anche intuire la prossima vendita della sua partecipazione nella criptovaluta. Una notizia che ha fatto scattare un’ondata di vendite su tutte le principali valute digitali ma poi smentita dallo stesso Elon Musk.“ Tesla ha in mano diamanti” ha twittato il fondatore del costruttore automobilistico, attraverso due emoji che vengono solitamente utilizzate per indicare una strategia “Hold”, di mantenimento dell’asset in portafoglio.
A pesare sul dietrofront di Musk sul Bitcoin, “il rapido aumento dell’uso di combustibili fossili per l’estrazione di bitcoin”. Con oltre 151 Twh di consumo di energia elettrica annualizzato il Bitcoin, al 14 maggio 2021, sarebbe il 25esimo “Paese” più energivoro al mondo, davanti all’Egitto e alla Malesia, dietro alla Polonia, secondo i dati del Cambridge Centre for Alternative Finance. Numeri che confliggono con la svolta green che da più parti si chiede alla società.