ROMA (WSI) – Come da attese della maggior parte degli analisti, il FOMC ieri sera ha comunicato la decisione di ridurre, a partire dal mese di febbraio, gli acquisti di asset a sostegno dell’economia americana di altri 10 miliardi, passando così da 35 miliardi a 30 sui MBS e da 40 miliardi a 35 sui Treasuries, lasciando così il livello mensile di iniezioni di liquidità a 65 miliardi di dollari.
La reazione del mercato
Il mercato, che abbiamo seguito in diretta dalle 19.45 alle 20.30, non ha mostrato reazioni importanti, se non dei piccoli tentativi di risalita del dollaro americano e delle borse statunitensi, non comunque degni di nota. Le aspettative rispettate hanno fatto sì che il mercato avesse già scontato tutto, e qui cominciano ad aprirsi strade importanti di ragionamento. Prima dell’ultima riunione dell’anno passato, l’ultima dove Bernanke ha tenuto la conferenza stampa che è andata a seguire la decisione di cominciare il tapering del QE, le borse sono scese sulle aspettative di un inizio della exit strategy, con il dollaro stabile, in lieve rafforzamento. Dopo la comunicazione del taglio di acquisti da 10 miliardi, la prima reazione ha visto le borse tentare di scendere, per poi salire prepotentemente il che ci ha fatto propendere per assistere a nuovi massimi, che poi sono effettivamente arrivati in quanto il mercato ha creduto che i 75 miliardi di iniezioni, lasciati a disposizione del sistema, fossero sufficienti a sostenere ulteriormente i listini.
Il dollaro, sulla salita delle borse, inizialmente è salito per poi mantenersi sostanzialmente stabile contro le 4 major che solitamente consideriamo (EUR, GBP, JPY e AUD). Prima di ieri le borse sono scese, anche se in maniera più forte e decisa rispetto all’altra volta, ma questo è spiegabile unendo due fattori di ragionamento: il primo è che arriviamo da massimi storici, il che ha portato a prese di profitto che hanno cominciato a spingere i prezzi a ribasso, per poi completare la discesa basandosi appunto sulle aspettative che un ulteriore taglio di acquisti potesse effettivamente arrivare. Il dollaro, questa volta, non è salito, ma ha perso terreno, ma questo, data la mancanza di correlazioni significative, non è indicativo di nessun fenomeno di risk on o off. La reazione delle borse invece è stata importante, da questo punto di vista perché, dopo l’iniziale tentativo di discesa su cui abbiamo ragionato nei minuti precedenti alla comunicazione della decisione, sono state tentate delle ripartenze che però, per ora, non hanno portato a risalite decise. Questo rappresenta il primo fattore empirico, da tempo immemore, che comincia a posizionarsi tra i tasselli che ci possono far considerare discese strutturali delle borse americane, non ancora pronte a partire a nostro parere, ma non così improbabili come apparivano nelle settimane scorse. 65 miliardi sono ancora parecchi e potrebbero essere effettivamente convogliati sui listini, che potrebbero ritornare verso i massimi, ma stiamo attenti ad eventuali ribassi, con occhi puntati su quel 1,730.00 che potrebbe fare da spartiacque tra salite e discese.
RBNZ: tassi invariati ed il dollaro neozelandese è sceso
Come potenzialmente intuibile, il dollaro neozelandese questa notte è andato a toccare dei livelli di minimo relativo dopo che la Reserve Bank of New Zealand ha deciso di mantenere i tassi al 2.50%. Le aspettative degli analisti non erano tutte concordi nell’attendersi un nulla di fatto, 3 economisti su 15, intervistati da Bloomberg, hanno infatti espresso un voto favorevole al rialzo, con il mercato che scontava circa un 30% di probabilità di assistere a tale mossa. Essendosi create delle aspettative, anche se minoritarie, ed essendo esse state disattese, la reazione del dollaro neozelandese non deve stupire, soprattutto se combinata alla forza relativa del dollaro americano post FOMC. Un taglio potrebbe arrivare comunque presto, a detta del governatore, per cui rimane ferma in noi l’idea che la RBNZ potrebbe rappresentare la prima banca centrale al mondo ad alzare il costo del denaro, se non consideriamo i Paesi emergenti.
QUADRO TECNICO
EurUsd: scusate la franchezza, che potrebbe sembrare poco professionale, ma l’euro è davvero difficilmente interpretabile, seguendo i livelli tecnici. Il tentativo di discesa visto ieri nelle prime ore del pomeriggio (pensavamo che oltre 1.3615 il mercato potesse raggiungere area 1.3585 ma ci siamo fermati a figura), velocemente riassorbito, ci fa capire come il livello di 1.3600 sia stato difeso e come possa rappresentare un buon livello di supporto, oltre il quale potrebbero essere posizionati molti ordini di stop, che se colpiti potrebbero portare a tentativi di discesa verso 1.3500, con 1.3585 area di attenzione che fino a quando non dovesse essere superata di almeno una decina di punti potrebbe accompagnare i prezzi a false rotture). Difficile acquistare sui supporti intermedi , meglio, a nostro parere, l’idea di attendere eventuali tentativi di rottura rialzista di area 1.3690, oltre la quale il mercato potrebbe ripuntare i massimi, con primi livelli di potenziali resistenze passanti per 1.3710, che se superato potrebbe lasciare spazio verso 1.3740.
UsdJpy: ottima tenuta delle resistenze individuate ieri mattina, con la discesa che ha raggiunto e superato tutti i target impostati, fermandosi sui livelli di minimo precedenti per poi tentare lievi rimbalzi nel post Fed. Ora ci troviamo nei pressi della media mobile a 21 periodi oraria che insieme ai punti statici precedenti potrebbe rappresentare una buona area di resistenza sulla quale pensare ad acquisti di yen, tenendo conto che un ritorno dei prezzi sopra il 102.85 considerato ieri per valutare estensioni su 102.50 e 102.30, potrebbe dare linfa alle quotazioni che potrebbero tentare il raggiungimento di area 103.20. I minimi dovrebbero tenere, soltanto in caso di loro avvicinamento con stocastico orario lontano dall’ipervenduto valuteremo eventuali approfondimenti sotto di essi, con target potenziali verso 101.60.
EurJpy: ottimo anche l’EurJpy, mantenutosi molto bene sotto le zone di resistenza e sceso fino ai minimi precedenti. Siamo ora nella stessa situazione tecnica del UsdJpy e potremmo pensare di curare i livelli rappresentati da 139.75/90 come resistenza, con l’idea che un potenziale ritorno sopra area 142.40 potrebbe lasciare spazio a risalite verso 140.80.
GbpUsd: falsa rottura sul cable che dopo aver superato quota 1.6535 ha esteso per 10 punti per poi ripartire senza tuttavia estendere a rialzo (abbiamo però segnalato la situazione di pessimo risk reward che accompagnava qualsiasi decisione operativa sul cambio ieri). Ci troviamo ora di fronte a tentativi di discesa in rottura della congestione notturna, che ha già portato ad estensioni che avrebbero potute essere colte nelle prime ore del mattino. Concentriamoci sui minimi visti ieri adesso, in quanto in caso di loro superamento il mercato potrebbe tentare estensioni fino a figura, andando a completare una figura a pera cotta visibile su un grafico a 4 ore. Non vediamo livelli interessanti per pensare ad acquisti, dovesse tornare a rialzo il mercato, perderemmo possibilità operative ma va bene così.
AudUsd: in base al time frame scelto si sarebbero potuti ottenere risultati diversi sull’aussie ieri, tutti comunque positivi. Su un 4 ore abbiamo ragionato su un impostazione ribassista, sull’orario invece sulla possibilità di acquistare nel breve termine intorno a 0.8760, con 0.8740 come punto di reverse in caso di mancata ripartenza dei prezzi prima della discesa che comunque ci attendevamo. Siamo ora sotto la media oraria a 21, che ha incrociato a ribasso la media a 100 e potrebbe, in caso di tenuta, inficiare la divergenza rialzista completatasi (scenario probabile). Non lavoreremo comunque in limit sulle resistenze dato il conflitto di indicazioni, ma attenderemo eventuali rotture a rialzo o a ribasso per lavorare in stop, con le aree passanti per 0.8775 e 0.8695 da seguire attentamente.
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