La mancanza di tempismo, dovuta a fattori comportamentali, è costata cara agli investitori nel 2018. Lo rivela un’analisi della Dalbar, la società che periodicamente pubblica studi sul comportamento degli operatori (“Quantitative Analysis of Investor Behavior Study).
Secondo quanto calcolato dalla Dalbar “l’investitore medio è stato un prelevatore netto di fondi nel 2018, ma la scelta sbagliata del tempo ha causato una perdita del 9,42% sull’anno rispetto a un indice S&P 500 indietreggiato solo del 4,38%”.
“A giudicare dai flussi di cassa che abbiamo visto”, ha commentato Cory Clark, Chief Marketing Officer di Dalbar, “gli investitori che percepivano il pericolo nei mercati hanno diminuito la loro esposizione, ma non abbastanza da prevenire gravi perdite. Sfortunatamente, il problema è stato aggravato” nella fase successiva, trovandosi ormai “fuori dal mercato durante i mesi del recupero”.
Alcuni esempi più specifici. Ad ottobre 2018, il rendimento dello S&P 500 è stato del -6,84%, meno cattivo del -7,97% realizzato dall’investitore azionario medio. Ad agosto, un mese forte che al contrario ha portato su l’indice S&P 500 del 3,26%, l’investitore azionario medio ha portato a casa solo l’1,80%.
Che gli investitori in fondi azionari statunitensi faccia scelte che producono ritorni meno convenienti del mercato complessivo lo rivelano anche i dati che la stessa Dalbar ha raccolto nell’arco di 20 anni. Se il mercato mediamente ha reso il 7,7% annuo l’investitore medio in fondi azionari ha realizzato solo il 4,8%. L’emotività, insomma, ha un prezzo. Interrogarsi sugli obiettivi di lungo periodo dell’investimento, aveva suggerito la Consob in un suo vademecum, può trattenere l’investitore da scelte impulsive.