Ne parliamo con il CFO Alberto de Paoli, chiamato a guidare una nuova iniziativa Onu.
Dott. de Paoli, quale è l’obiettivo della CFO Taskforce dell’Onu da lei co-presieduta?
“L’obiettivo della Taskforce è quello di aggregare i CFOs delle principali aziende del mondo in un effort comune per definire i principi e la roadmap che in breve tempo possano attivare percorsi di sviluppo sostenibile basati su solidi ed evidenti presupposti economici-finanziari.
Vogliamo mettere in atto un piano d’azione globale molto concreto, come facciamo noi CFOs nel lavoro di tutti i giorni, facendo leva su fattori come la formulazione di strategie e decisioni di investimento in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) fissati dall’Onu, lo sviluppo, mediante un ampliamento significativo del portafoglio di strumenti disponibili, di una effettiva finanza d’impresa sostenibile, l’integrazione della reportistica finanziaria e non finanziaria ad oggi troppo parcellizzata, la creazione di strumenti di stimolo ai nostri fornitori per intraprendere gli stessi percorsi di sviluppo sostenibile, la revisione delle modalità di comunicazione e interazione con gli investitori e le agenzie di rating in ottica di inserimento della sostenibilità nei giudizi e nelle decisioni di investimento e più in generale un miglioramento delle modalità di comunicazione finanziaria su temi di sostenibilità rivolta a tutti gli stakeholder. L’iniziativa coinvolgerà le quasi 10.000 aziende che aderiscono ai principi del Global Compact delle Nazioni Unite, prevedendo anche un sondaggio annuale per monitorare gli avanzamenti nella comunità dei CFOs”.
Perchè è importante il ruolo dei CFO sul fronte della sostenibilità?
“La distinzione tra business model tradizionali e sostenibilità è un concetto in corso di superamento. Ormai la sostenibilità entra direttamente a far parte dei processi core dell’azienda e dei relativi risultati economici che sono da sempre la base del lavoro dei CFOs.
Per cui CEOs e CFOs oggi lavorano insieme su questi nuovi concetti, così come hanno sempre lavorato insieme sul business tradizionale.
Il percorso che integra la sostenibilità nel mainstream aziendale creerà una nuova prospettiva dei business del futuro, una sorta di new normality dove tutti gli attori della vita aziendale saranno coinvolti”.
Come si misura l’avanzamento di questa trasformazione?
“Le cito l’esperienza di Enel, una delle prime società che ha affrontato concretamente i temi di piena integrazione della sostenibilità. Quando abbiamo fatto questa scelta nel 2015 il Gruppo capitalizzava circa 30 miliardi di euro, ora ne vale più di 70, ed è divenuto la più grande utility europea e la seconda al mondo per capitalizzazione.
Riteniamo che la migliore spiegazione della crescita di valore di Enel è proprio relativa alla scelta di perseguire un modello di business completamente sostenibile che nel nostro caso si sostanzia nella transizione verso le energie rinnovabili, l’elettrificazione dei consumi finali e lo sviluppo delle infrastrutture e delle tecnologie abilitanti. La produzione da fonti rinnovabili avviene oggi in molti Paesi ad un costo inferiore rispetto alle fonti tradizionali; questo permette anche di conseguire, in un periodo di transizione come quello che stiamo vivendo, aree di extrarendimento che consentono di migliorare da un lato i risultati aziendali e dall’altro di accelerare la decarbonizzazione stessa.
Quando una situazione del genere comincia ad essere evidente tra gli investitori, i mercati sono pronti a cogliere la trasformazione in maniera molto rapida, e, come testimonia la nostra attuale performance, questo determina evidenti impatti positivi sia sui mercati azionari che obbligazionari.
E questi fenomeni non sono solo ristretti alla nostra esperienza, l’andamento degli indici delle aziende sostenibili inizia ad avere una performance migliorativa rispetto a quelle tradizionali anche a livello globale”.
Quali sono gli strumenti obbligazionari per gli investimenti sostenibili?
“Oggi lo strumento obbligazionario principe per questo tipo di investimenti è rappresentato dai green bond, con i quali le società raccolgono finanziamenti per i loro progetti sostenibili. I green bond sono uno strumento valido ma legato ad una fase iniziale dello sviluppo del concetto di sostenibilità ovvero la fase in cui le società gestiscono da un lato il loro core business e dall’altro qualche progetto sostenibile. Con in aggiunta un paio di limiti. In primis il bond è vincolato alla realizzazione di specifici progetti anche se, una volta realizzati, questo viene poi garantito dalla società nel suo complesso e non dai progetti realizzati, creando una evidente commistione tra ciò che è sostenibile e ciò che non lo è. Come seconda considerazione, questa commistione, aggiunta agli obblighi di rendicontazione necessari alla certificazione della effettiva destinazione dei fondi alla realizzazione dei progetti indicati, si traduce in maggiori costi per l’emittente; e se i costi per emettere strumenti di finanza sostenibile sono superiori a quelli di strumenti tradizionali, la loro non convenienza relegherà questo mercato ad un ruolo puramente segnaletico e non determinante.
Per questo motivo noi di Enel abbiamo fatto innovazione finanziaria con l’emissione dei nuovi ‘general purpose’ Sdg bond. Agli investitori in questo nuovo tipo di obbligazioni viene richiesto di finanziare la società al fine di raggiungere determinati target legati alla realizzazione degli obiettivi delle Nazioni Unite come la percentuale di rinnovabili rispetto alla potenza installata totale dell’azienda che verrà raggiunta nei prossimi tre anni.
La destinazione dei fondi non è quindi legata a singoli progetti ma alla realizzazione di un obiettivo strategico dell’azienda in ottica di sostenibilità. Questo consente realmente di diversificare gli strumenti di finanza sostenibile e richiedere ai mercati costi inferiori di emissione, se risulterà evidente che le aziende che scelgono di modificare le loro strategie in ottica di sostenibilità sono più profittevoli e meno rischiose è lecito richiedere che per queste aziende il costo del denaro sia inferiore. Uno sconto di circa il 15% è infatti quello che abbiamo ottenuto dal mercato nella nostra prima emissione realizzata per un controvalore di circa 4 miliardi di euro, su una domanda complessiva di circa 14, con maturity a 7 anni e un tasso intorno allo 0,4%.
C’è però bisogno di tante innovazioni di questo tipo affinché il mondo della finanza sostenibile possa diventare la nuova corporate finance. Ad oggi i green bond rappresentano solo il 2% di tutti i bond emessi a livello mondiale, ma siamo convinti che gli investimenti sostenibili siano molti di più, dunque permane un disallineamento tra quello che viene già investito in sostenibilità e quello che viene finanziato con gli strumenti attuali”.
E per il futuro che progetti avete in Enel?
“Nel prossimo triennio aumenteremo la percentuale delle fonti di finanziamento sostenibili sull’indebitamento complessivo di Enel. Gli strumenti di finanza sostenibile, che oggi incidono per il 22% sul nostro indebitamento, peseranno il 43% alla fine del piano industriale 2020-22 e il 77% nel 2030. Questo maggior ricorso a strumenti finanziari sostenibili ci consentirà per quanto detto prima una significativa riduzione del costo del debito”.
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L’articolo è stato pubblicato sul numero di gennaio 2020 del magazine Wall Street Italia