ROMA (WSI) – L’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha approvato la delibera definitiva che abbasserà i prezzi e alleggerirà le bollette del 7% entro l’anno, per effetto del nuovo metodo di calcolo. Il nuovo regime tariffario partirà a ottobre e le famiglie risparmieranno circa 90 euro all’anno. Tuttavia, il costo di luce e gas in Italia è sempre molto elevato, a causa della dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti.
La nuova procedura per il calcolo del prezzo del gas prevede che si faccia riferimento al 100% del prezzo spot del mercato all’ingrosso, e non più ai contratti di lungo termine (di cui spesso i consumatori hanno sentito parlare in associazione ai grandi nomi dell’energia italiana, come Eni o Enel, ndr). Un bel risparmio, ma c’è da chiedersi se non aiuterebbe anche l’incremento della produzione “in casa”, ad esempio tramite biomasse.
Le nuove infrastrutture energetiche, però, sono in assoluto fra le più contestate dalla cittadinanza che dovrebbe accoglierle nel proprio territorio. Il cosiddetto fenomeno Nimby (Not In My Back Yard, “non nel mio giardino”, ndr) ha ostacolato nel 2012 il 62,7% delle opere in cantiere o da avviare, per timore di conseguenze dannose sull’ambiente e sulla salute.
I dati arrivano dall’Osservatorio Media Permanente Nimby Forum, che ha riscontrato un aumento del 7% delle proteste rispetto all’anno precedente, il più alto dal 2004 ad oggi. Sono state contestate 354 opere, di cui 222 a carattere energetico. Fra queste, quelle a biomasse hanno attirato le maggiori preoccupazioni dei cittadini, che hanno protestato contro ben 108 nuovi impianti.
Eppure si tratta della modalità di produzione che registra il maggior successo commerciale, anche sulla spinta dei recentivi incentivi previsti dal Conto Termico, mentre l’eolico e il solare di grandi dimensioni perdono terreno, soprattutto a causa della crisi.
“Gli impianti a biomasse , come purtroppo tutti gli impianti da fonti rinnovabili – spiega Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – scontano i ritardi delle Regioni nella definizione di criteri trasparenti di selezione delle proposte e di informazione rispetto ai progetti. Per cui impianti ben fatti, magari di piccola taglia e da risorse locali, trovano problemi come impianti che bruciano olio di palma che viene dal Borneo”.
Il fenomeno Nimby sembra quindi non tenere conto delle dovute distinzioni fra impianti, finendo per penalizzare anche quelle iniziative che arrecherebbero grandi vantaggi sia ai privati, con le loro piccole strutture che li renderebbero autosufficienti, che al sistema Paese. Il problema, secondo Matteo Monni della Italian Biomass Association, è la scarsa informazione, spesso associata alla strumentalizzazione politica: “Serve più comunicazione e informazione per tenere testa a chi, a volte anche per interessi contrastanti, soffia sul fuoco della polemica”.
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