Roma – “Qualcuno si è avvantaggiato del favore fatto da Eni a Gazprom di prolungare contratti che scadevano dopo 20 anni?”, si chiede Report sul suo accoutn Twitter. I contratti “Take or pay” per l’approvvigionamento di gas dai paesi produttori è un tema che “riguarda non solo l’Eni ma tutta l’Europa che si è dotata di infrastrutture per il gas basate su questo tipo di contratti”.
Lo ha sottolineato l’amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni intervistato a Uno Mattina. Il prezzo del gas è legato al prezzo del petrolio che “ora è molto elevato, più elevato dei contratti spot. Dobbiamo quindi rinegoziare i contratti ‘Take or pay’ per renderli più aderenti alla situazione del mercato. Non c’è nulla di misterioso – ha osservato Scaroni replicando a quanto affermato ieri nella trasmissione Report – intorno a questi contratti che tutta l’Europa ha fatto con i paesi produttori”.
Soffermandosi poi sul South Stream, Scaroni ha spiegato che la preoccupazione dell’Eni “non è l’aumento del numero di fonti ma far sì che i paesi di transito non presentino un problema. Abbiamo sempre favorito il South Stream e continuiamo a farlo perchè pensiamo che passando sotto il Mar Nero ci consenta di evitare l’Ucraina”. Quanto al Nabucco è un progetto che “non sta marciando molto bene”, ha aggiunto.
Secondo l’inchiesta di Report di Paolo Mondani, l’Italia consuma circa 78 miliardi di metri cubi di gas all’anno, 20 dei quali provengono dalla Russia e hanno un prezzo elevato per via dei “take or pay”, contratti a lungo termine con la Russia, con la clausola per cui prenotando gas, anche se non lo si ritira, lo si paga ugualmente.
Il 10 ottobre scorso Paolo Scaroni ha comunicato al Senato che il take or pay costa all’Eni 1,5 miliardi di euro e ha proposto che parte di questa cifra gravi sui conti dello Stato.