Economia

ESG, tutto quello che c’è da sapere: tra light e dark green, ma anche greenwashing

Si sente spesso parlare di ESG, ma spesso non tutti sanno cosa significhi e da dove provenga questo acronimo. Facciamo chiarezza.

La definizione di ESG

ESG è l’acronimo di Environmental, Social and Governance e si utilizza in ambito economico/finanziario per indicare tutte quelle attività legate all’investimento responsabile (IR) che perseguono gli obiettivi tipici della gestione finanziaria tenendo in considerazione aspetti di natura ambientale, sociale e di governance, per l’appunto.

Una cronistoria dell’ESG

Il tema ESG è nato negli anni Novanta con la Global Reporting Initiative (GRI), ossia un quadro di reportistica sui comportamenti ambientali delle imprese.

Le linee guida del giugno 2000 hanno definito un primo approccio alle tematiche ESG, che si è poi evoluto nel corso del decennio.

Nel 2015 l’Onu (Organizzazione delle Nazioni Unite) ha definito gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), ossia 17 obiettivi per raggiungere sviluppo globale, promozione del benessere umano e protezione dell’ambiente. Contestualmente, è stata approvata l’Agenda 2030, che contiene i 17 SDGs e e i 169 sotto-obiettivi, i quali mirano a porre fine alla povertà, a lottare contro l’ineguaglianza e allo sviluppo sociale ed economico. Inoltre riprendono aspetti di fondamentale importanza per lo sviluppo sostenibile quali l’affrontare i cambiamenti climatici e costruire società pacifiche entro l’anno 2030. Sempre nel 2015, alla Conferenza sul clima di Parigi, 195 Paesi hanno adottato i primi accordi universali e giuridicamente vincolanti sul clima mondiale, che prevedono:

  1. misure per limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2ºC;
  2. obblighi di reportistica non finanziaria per le imprese;
  3. norme più stringenti per la tutela dell’ambiente e per contenere il riscaldamento globale.

Sia la Commissione Europea, con il pacchetto di misure del 14 luglio 2021 conosciuto come “Fit for 55” sia il G20 Energia e Clima di Napoli hanno tentato di trovare un accordo per rimanere sotto gli 1,5 gradi di riscaldamento globale entro il 2030.

Il greenwashing

Il maggior rischio dietro l’ESG è il greenwashing, ossia l’utilizzo di pratiche comunicative fuorvianti da parte di imprese, organizzazioni o istituzioni politiche per dare una parvenza di sostenibilità anche a prodotti o servizi che nella sostanza non lo sono.

E’ il caso delle pubblicità dei colossi petroliferi in Gran Bretagna. Nel giugno scorso l’Advertising Standards Authority del Regno Unito ha emesso delle sentenze che hanno vietato diversi annunci delle società energetiche ShellPetronas e Repsol relative alle iniziative di energia pulita delle società.

Ricordiamo che recentemente la Commissione europea ha presentato una proposta che contiene diversi criteri comuni per contrastare il greenwashing e le asserzioni ambientali ingannevoli.

Le applicazioni finanziarie dell’ESG: light e dark green

I prodotti light green sono tutti quei fondi che promuovono obiettivi ESG e tengono in considerazione caratteristiche di sostenibilità, sebbene ciò non sia lo scopo principale dei fondi stessi. Tali fondi applicano l’articolo 8 della Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR).

I prodotti dark green sono veicoli che fanno della sostenibilità un credo e che tengono ferma la convinzione che senza di essa non vi possa essere alcuna profittabilità negli investimenti, almeno nel lungo periodo. Tali fondi applicano l’articolo 9 della SFDR.

Vi sono poi gli investimenti sostenibili, che possono essere: socialmente responsabili, value-based, a impatto o basati su criteri ESG.