Economia

Brexit, spettro no deal traina export italiano

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Il Regno Unito si conferma il mercato di destinazione più in crescita per le esportazioni italiane nel mese di marzo, come conseguenza dell’incertezza relativa alla Brexit e al timore che molti prodotti a breve finiranno col costare di più. O, peggio, che il No deal possa comportare vere e proprie interruzioni nel commercio. Si spiega così il balzo del 23% delle esportazioni italiane nel Regno Unito, per un valore aggiuntivo di 450 milioni di euro.

Le dinamiche delle esportazioni sono state divergenti fra quelle dirette nell’Ue e quelle nel resto del mondo: le prime sono cresciute dello 0,9%, mentre le seconde sono diminuite dello 0,5%. In particolare, le esportazioni dirette negli Stati Uniti sono diminuite dell’11% a marzo e del 15% quelle in Turchia.

Minore l’impatto negativo della Germania, verso la quale le esportazioni sono calate del 2,5%. Complessivamente, le esportazioni sono aumentate dello 0,3% a marzo, e del 2,0% annuo nel primo trimestre.

The odds of a Brexit deal being approved have been correlated to the value of sterling.

Saldo commerciale migliorato di 8 milioni

“A marzo 2019 l’export risulta in moderato aumento congiunturale mentre è stazionario su base annua”, ha commentato l’Istat, nella nota collegata al pubblicazione dei dati, “la crescita è frenata dalla flessione dei beni strumentali, ove nel mese precedente e nel confronto con l’anno precedente si erano registrate movimentazioni occasionali di elevato impatto, al netto delle quali si stima un aumento dell’export pari a +1,3% su base annua e a +1,1% su base mensile”.

Allargando il focus ai primi tre mesi dell’anno si osserva un aumento sia delle esportazioni verso i Paesi Ue (+0,6%) e sia incremento del 0,3% della componente extra Ue. La crescita complessiva su base annua è dell’0,5%. Nello stesso periodo le importazioni sono scese del 3,4% favorendo per la maggior parte l’incremento del saldo commerciale, migliorato per oltre 8 miliardi euro (dato, però, non destagionalizzato).

Se la crescita dovesse deludere le attese nel trimestre, quindi, ciò sarebbe dovuto in primo luogo ai consumi interni e non al rallentamento della domanda dall’estero (come spesso suggerito nei mesi scorsi da vari esponenti del governo).