Un giornalista ed ex consulente economico del Segretario del Tesoro americano pensa che la volontà dell’establishment Usa sia quella, pur di mettere nell’angolo Trump, di rischiare il conflitto con la Russia.
Le ultime azioni e mosse strategiche dei politici delle forze della sinistra moderata occidentale, che secondo Paul Craig Roberts starebbero avvenendo in nome della voglia di riconquista il potere dei politici progressisti, rischiano però di portare a un conflitto dell’America con Mosca.
La propaganda delle élite e dei grandi media secondo cui Mosca rappresenta la principale minaccia geopolitica per gli Stati Uniti e l’Europa, non fa che aumentare le chance di scoppio di una guerra, secondo Roberts.
Aiutare le forze militari e della sicurezza a delegittimare Donald Trump e disinnescare l’agenda diplomatica del presidente eletto che sulla carta parla di un riavvicinamento a Vladimir Putin, è un rischio per la stabilità mondiale.
La Nato non ha le risorse per invadere la Russia, scrive Roberts, chiedendosi come mai 2.700 soldati americani sono stati schierati in Polonia, al confine con la Russia? Nemmeno un plotone 100 volte più numeroso costituirebbe una minaccia. Il numero di soldati è troppo esiguo per poter impensierire Putin. “Ma allora perché le truppe sono state mandate là?” si chiede retoricamente Roberts.
La risposta secondo l’ex giornalista del Wall Street Journal è semplice: “per mantenere in vita la propaganda occidentale sulla minaccia russa e per rendere il più difficile possibile la vita a Trump, che vorrebbe normalizzare i rapporti con la Russia”.
Quella dell’esercito americano è una provocazione che contraddice le politiche del presidente eletto. L’esercito e la CIA stanno cercando di perseguire la propria agenda geopolitica indipendentemente dalle politiche del neo commander in chief.
Secondo il quotidiano liberale israeliano Haaretz, i funzionari dei servizi di intelligence Usa hanno persino lanciato un avvertimento al governo di Israele, ordinando alle autorità di Tel Aviv di non condividere le informazioni all’amministrazione Trump, “perché Putin ha la capacità di fare pressioni su Trump e Trump potrebbe fare rivelazioni sensibili alla Russia e all’Iran”.
Si tratta di un tentativo dell’establishment Usa e della CIA di “sabotaggio delle politiche estere di Trump”, secondo Roberts. Nell’audizione di conferma del suo incarico al Congresso Usa, il futuro Segretario di Stato Rex Tillerson, ex Ceo di Exxon Mobil che conosce Putin, è stato costretto a dichiarare che la Russia è una minaccia per gli Stati Uniti, “altrimenti non sarebbe stato confermato”.
Nella sua di audizione davanti ai congressmen, il Segretario della Difesa, James Mattis, l’ex generale dei Marines soprannominato “cane pazzo”, è stato spinto a dichiarare che gli Stati Uniti devono prepararsi a un confronto militare con la Russia. Il falco militare pluridecorato ha puntualizzato che ci sono alcune aree in cui Washington può collaborare con la Russia, la quale da parte sua sta però cercando di “spaccare” la Nato.
Siamo a livelli di tensione da Guerra Fredda. Le dichiarazioni di Tillerson e Mattis sono state interpretate da diversi media in Usa – sempre secondo Roberts, che ha ricoperto diversi incarichi universitari ed è una figura molto popolare su Internet – come la conferma che tutti tranne Trump si rendono conto che la Russia sia una minaccia per l’America, persino in seno al nuovo governo.
L’opinione di Trump sulla Russia è difatti ben diversa da quella dell’establishment. In un’intervista di qualche giorno fa il presidente eletto ha detto che “la Nato è obsoleta” e va riformata. L’espansione dell’organizzazione di alleanza transaltantica nel Baltico e nell’Europa dell’Est, territori che fino a mezzo secolo fa erano sotto il controllo dell’Unione Sovietica, è una se non la principale preoccupazione di Putin, il quale da parte sua ha ambizioni e mire espansive nella regione.