Lifestyle

Eugenio Riotto: una vita dedicata all’arte

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Siciliano d’origine e toscano d’adozione, lo scultore Eugenio Riotto racconta la genesi delle sue opere d’arte, inno all’amore e alla fragilità degli essere umani

A cura di Francesca Gastaldi 

Dalla Sicilia alla Toscana, passando per Roma e Hyéres. Sono questi i territori che hanno segnato il percorso artistico di Eugenio Riotto, scultore contemporaneo dallo stile  eclettico.

Nato nel 1951 a Petralia Soprana, comune nel parco delle Madonie, all’età di sei anni Riotto si trasferisce con la famiglia a Hyères in Costa Azzurra, dove scopre la propria vocazione artistica. Stabilitosi poi a Viareggio nel 1966, l’artista, ancora giovanissimo, diviene allievo del maestro Carlo Oreste Strocco dell’Accademia Albertina di Torino grazie al quale si avvicina al mondo della pittura. Gli anni successivi, trascorsi in Toscana, tra Sarzana e Pietrasanta, segnano invece per Eugenio Riotto il definitivo approdo alla scultura.

Come si è avvicinato al mondo dell’arte?
“Ho sempre sentito una sorta di richiamo nei confronti dell’arte ma, essendo figlio di contadini, non ho avuto subito la possibilità di dedicarmi alla mia passione. L’incontro con il mondo dell’arte è avvenuto grazie a un uomo che per me fu molto importante.  Accanto all’azienda agricola di mio padre, infatti, abitava Carlo Oreste Strocco, professore in pensione di Torino: è stato lui che ha seguito per 7 anni la mia formazione pittorica, svelandomi i segreti del disegno prima e dei colori poi”.

Eugenio Riotto

Come è nata invece la passione per la scultura? Perché, tra le diverse forme artistiche, ha scelto proprio questa?
“È stato un amico di famiglia che abitava a Viareggio e costruiva i carri per il Carnevale, a notare che nella mia pittura c’era un tratto particolare, una terza dimensione molto accentuata che lasciava pensare immediatamente alla scultura. Quando andai a trovarlo nel suo laboratorio avvenne la magia: mettendo le mani nella creta morbida e fredda, sentii che si lasciava plasmare con dolcezza e che potevo comporre con le mie mani ciò che la mia testa e il mio cuore volevano. Mi accorsi con grande meraviglia di essere uno scultore anche se mai avrei immaginato di poterlo essere. Ho capito allora che quella sarebbe stata la mia strada. Così mi sono trasferito a Pietrasanta e ho cominciato a lavorare in una fonderia: per me fu un’opportunità importante perché cominciai a fare sculture anche di 12 tonnellate. Quell’esperienza mi permise di conoscere le varie tecniche e le varie espressioni artistiche, anche perché a Pietrasanta arrivavano artisti da tutto il mondo”.

Ci sono artisti da cui ha tratto ispirazione?
“L’artista che più mi ha ispirato è stato senza dubbio lo scultore e pittore inglese Henry Moore. Ho trovato la sua arte molto vicina alla mia. Pur essendo un artista astratto, infatti, Moore non ha mai abbandonato la figura e nello stesso tempo è riuscito a fare opere che rievocano aspetti della natura e del paesaggio”.

Amanti Alati – Prima Versione, Eugenio Riotto

Amanti Alati – seconda versione, Eugenio Riotto

Che ruolo ha giocato il territorio in cui è nato e cresciuto nella sua formazione artistica?
“Centrale nelle mie opere è il sentimento. E questo è un aspetto che ha molto a che fare con le mie origini siciliane.  Noi in Sicilia siamo infatti molto sentimentali: anche se ci ho vissuto solo tre anni, quella terra mi ha sicuramente influenzato”.

Ci sono altri temi ai quali desidera dar voce attraverso le sue opere?
“Il tema dominante nelle mie opere è l’amore, che noi crediamo eterno ma che spesso ci costringe a fare i conti con la sua caducità. Non a caso la mia prima opera l’ho dedicata a una persona che ho amato follemente. Oggi cerco di declinare il tema dell’amore nelle sue tante sfumature: l’amore per la natura e quello per l’umanità, fortemente legato al concetto di fratellanza, capace di mettere al centro l’essere umano in quanto tale”.

C’è un’opera alla quale si sente particolarmente legato? E se sì, perché?
“Sì, c’è un’opera che mi manca quasi come fosse un figlio. Si tratta di Behemoth, una scultura che ho realizzato in occasione della mostra “L’Artista, il Maestro e Margherita”, tenutasi a Firenze nel 2006. Mi chiesero di  ispirarmi al capolavoro di Bulgakov e di scegliere un personaggio dell’opera da realizzare sotto forma di scultura. Io sono rimasto affascinato da tutta la storia ma soprattutto dalla figura del gatto-uomo Behemoth, colui che aiuta il diavolo a compiere le sue malefatte. Mi ha colpito per la sua fragilità: in lui ho visto l’incapacità di scegliere tra il male e il bene e per questo ho cercato di dargli un aspetto quasi bambinesco. Dopo la mostra, ho tenuto questa scultura nel mio studio ma poi l’ho venduta ed ad oggi credo sia stato un grande errore. Oggi la statua è in Lussemburgo, custodita in una collezione prestigiosa ma io non posso più vederla e ne sento quasi la mancanza”.

Ballerina, Eugenio Riotto

L’arte è dialogo: secondo Lei un’opera dev’essere sempre comprensibile?
“L’opera per me deve prima di tutto essere capace di emozionare, nel bene e nel male. Se non emoziona significa che non ha nulla da dire. Deve essere in grado di toccare certe corde”.

Quale pensa sia l’aspetto peculiare delle sue opere?
“Molte persone dicono che si rivedono nelle mie opere e questa è per me una grande soddisfazione. Mi è successo anche quando ho inaugurato la mia prima mostra, nel Chiostro di S.Agostino a Pietrasanta (2004). C’era una grande folla e tutti facevano domande. Solo una signora se ne stava in disparte e non aveva coraggio di venire a parlarmi. Quando mi sono avvicinato a lei mi ha confidato che si era rivista in una mia scultura”.

In questo momento sta lavorando a qualche opera particolare?
“Per ora mi sto dedicando a realizzare dei disegni perché, a causa di un incidente, avvenuto 3 anni fa, faccio ancora fisicamente un po’ di fatica a scolpire. Ho intenzione però di rimettermi al più presto: non posso pensare che la mia carriera artistica sia finita, perché sento di avere ancora molte cose da dire”.

 

Behemot, Eugenio Riotto

Le sue opere sono esposte a Firenze, Roma, New York, Cannes, Capoverde (Portogallo): un desiderio per il futuro?
“C’è un museo in Costa Azzurra che mi ha proposto di fare una mostra. Per me sarebbe davvero importante non solo perché si tratterebbe di una grande occasione ma anche perché sarebbe una sorta di ritorno alle origini. In Costa Azzurra ho vissuto da ragazzo ed è un luogo con il quale ho un legame affettivo. Come la Sicilia e la Toscana che hanno ispirato molte mie opere. In fondo all’arte ho dedicato davvero tutta la mia vita”.