(9Colonne) – Roma, 12 lug – Aumenta la povertà definita dall’Eurispes in “giacca e cravatta”, quella che colpisce i ceti medi in difficoltà, in fila alla mense Caritas. E’ quanto si legge nello studio “Problemi di famiglia”, realizzato in collaborazione con Federcasalinghe. Cresce la schiera dei working poors, ossia quei lavoratori che, pur percependo uno stipendio, la sera, non avendo la possibilità di una casa nella quale rientrare, usano i dormitori pubblici. Alla povertà di lungo periodo si va sempre più affiancando una povertà circoscritta a eventi temporanei (diminuzione del salario e/o del potere di acquisto, fuoriuscita ed espulsione dal mercato del lavoro, variazioni nel reddito da pensione o da sussidio, matrimonio, separazione e/o divorzio, malattia o decesso della persona di riferimento economico all’interno della famiglia, ecc.), riferibili a fattori intermittenti e temporanei di vita. In sostanza, una precaria condizione socio-esistenziale ed economica non “relativa” o “assoluta”, “estrema” o “immateriale” ma, appunto, “oscillante”, temporanea, instabile, talvolta occasionale, spesso ricorrente. Sono lavoratori o impiegati improvvisamente ex, che hanno dovuto vendere la macchina di media cilindrata, che non hanno più soldi per pagare affitto o mutuo, con carte di credito mute, piccoli conti in banca bruciati, talvolta angariati dagli usurai ai quali sono stati costretti a ricorrere. Questi ed altri soggetti “normali” appartenenti ad un ceto medio che arranca, anche se difficilmente identificabili (per discrezione, pudore, vergogna, dignità sociale), sono per lo più il simbolo di persone e nuclei che avevano un reddito e un lavoro, magari precario, che l’hanno perso e si ritrovano impoveriti; famiglie che non riescono più a far quadrare i conti, a pagare le bollette per il mutuo, l’affitto, la luce, il gas e il riscaldamento, le spese di condominio, costrette sempre più a fare i conti non più con la quarta ma con la terza settimana. Nel periodo 2001-2005 l’Eurispes ha calcolato una crescita complessiva dell’inflazione del 23,7% con una perdita di potere d’acquisto delle retribuzioni pari al 20,4% per gli impiegati, al 14,1% per gli operai, al 12,1% per i dirigenti e all’8,3% per i quadri. Questo scenario delinea la società dei tre terzi della quale l’Eurispes ha sempre parlato, dove un terzo vive all’interno di una zona di sicuro disagio sociale e indigenza economica, un terzo appare assolutamente garantito e la fascia centrale (i ceti medi) vive in una condizione di instabilità e di precarietà.