Uno dei grandi temi che da qualche mese crea tensioni in Borsa e sul mercato dei Bond, è quello riguardante le elezioni in Francia. Mentre si assottigliano le possibilità di vittoria del candidato di centro destra Francois Fillon, i suoi colleghi di partito e in particolare l’ex presidente del paese Nicolas Sarkozy gli ha chiesto di nominare l’uomo che lo rimpiazzerebbe nella corsa all’Eliseo. Il 17 marzo è la data ultima per presentare la candidatura alternativa a Fillon, travolto da uno scandalo sui lavori fittizi presunti che avrebbero svolto in Parlamento moglie e figli, ma non ancora rinunciatario.
Dagli ultimi sondaggi emerge una chiara vittoria di Marine Le Pen al primo turno (26-27%), un crollo al 17-19% dei consensi per Fillon e un vantaggio di una ventina di lunghezze (60% a 40%) per il centrista ed ex ministro dell’Economia Emmanuel Macron al secondo e decisivo round. Gli altri candidati sembrano non avere spazio. Aggregando 100 tipi di sondaggi diversi pubblicati in Francia, L‘Economist stima che Le Pen abba il 5% di chance al momento di vincere al secondo turno di inizio maggio.
Le Pen, insomma, non è data per favorita alle prossime elezioni presidenziali in Francia, almeno non dai sondaggi, ma la sua sola presenza – leader di un partito forte con radici profonde e contrario alla moneta unica e alla globalizzazione – è sufficiente a mettere in subbuglio i mercati e minacciare la sopravvivenza dell’Eurozona. Anche questa, d’altronde, è la sua forza. Lo ha detto lei stessa domenica sulle frequenze della trasmissione americana di CBS “60 Minutes“: dopo Trump e Brexit tutto è possibile e anche lei potrebbe ribaltare i pronostici.
Anche se nessuno si fida più dei sondaggi dopo le sorprese dell’anno scorso, non va dimenticato che le rilevazioni sono un elemento utile per capire il sentiment. Sia nel caso del referendum del 23 giugno, sia nel caso delle elezioni presidenziali Usa, i sondaggi hanno previsto che sarebbero state sfide equilibrate. E in Francia vanno presi in considerazioni due variabili: molti elettori sono ancora indecisi e potrebbero cambiare idea tra il primo e il secondo turno; nuovi scandali potrebbero colpire i candidati in lizza per la presidenza. Per gli scommettitori le possibilità di trionfo di Le Pen variano dal 28 al 43%, ma per vedere concretizzato un simile scenario servirebbe anche un crollo dell’affluenza, con un quinto degli elettori anti Le Pen che dovrebbe rimanere a casa.
Le Pen, prova “stellare” in Tv
Si può ovviamente essere in accordo o in disaccordo con lo stampo protezionista di Donald Trump e Le Pen, ma come il neo eletto presidente americano anche la leader della destra radicale francese ha il merito politico di sapere farsi portavoce delle classi meno privilegiate. Al pari di Trump, Le Pen piace alla classe sociale operaia e contadina convinta di essere stata dimentica e penalizzata dalla classe politica e che più subisce le conseguenze della globalizzazione. Ma al contrario del candidato dei Repubblicani americano, Le Pen ha sempre mantenuto chiaro e forte il suo messaggio propagandistico, senza errori politici, contraddizioni, inciampi, gaffe o dichiarazioni offensive per quello o per quell’altro sesso.
Anzi, proprio in America, la candidata del Front National ha offerto una performance salutata come “presidenziale”, “stellare” e in generale convincente dai commentatori dei media non mainstream e dai siti anti-establishment. Un’intervista alla CBS in cui Le Pen ha messo in discussione i grandi poteri della finanza e della globalizzazione. Sulla globalizzazione ha detto che ormai è ritenuta dalle élite un’ideologia data per scontata e che per questo motivo i leader si “sono spinti troppo in là”.
“Le nazioni con le frontiere che possiamo controllare, con gente a cui dare ascolta, con economie reali, non economie finanziarie alla Wall Street, ma piuttosto fabbriche e contadini. Questo va contro questa globalizzazione senza regole e selvaggia” di cui hanno tratto profitto solo in pochi e che è invece stata una catastrofe per altri.
“La catastrofe ha sfinito la nostra economia e i posti di lavoro sono spariti, i migranti sono arrivati in massa, molti dei quali dai paesi musulmani o del Nord Africa”, e “stanno prosciugando le nostre risorse“, “rifiutando i valori francesi e trasformando la nostra cultura”. Questo è il punto di forza di Le Pen: saper parlare al cuore e alla pancia di una fetta importante dei francesi, che alla fine è soprattutto un popolo di agricoltori – ricchi e meno ricchi – che in questi anni hanno subito le conseguenze di una globalizzazione spietata e della forza dell’euro.
Sui mercati del credito la Bce ha le mani legate e difficilmente potrà dare una mano ai bond europei maggiormente in difficoltà. Secondo Reuters, difatti, Mario Draghi anche volendo potrebbe potenziare il suo bazooka monetario. A maggior ragione dopo che l’inflazione ha raggiunto a febbraio già il 2% tanto agognato dalle autorità di politica monetaria. Draghi dà maggior credito all’indice CPI Core fermo allo 0,9%, che non tiene conto degli elementi più volatili, come cibo ed energia, ma sarà difficile convincere i falchi del board, che spingono per un tapering, ossia un piano di riduzione e di uscita progressivo dal programma di Quantitative Easing.
Lo Spread tra Bund e Oat si è ampliato in area 633 punti base. Si stanno erodendo intanto i guadagni ottenuti dalle Borse europee nell’ultima settimana di tempo (segui live blog di mercati). Complice il calo di alcuni titoli legati alla Cina, come Basic Resources, e di alcune banche, penalizzate dalle notizie riguardanti Deutsche Bank, l’indice di riferimento dell’azionario europeo perde al momento lo 0,4% abbondante. La Cina ha rivisto al ribasso le stime sul Pil 2017 al 6,5%.