Mercati tornano a essere Brexit-dipendenti dopo i numeri choc che sono arrivati in mattinata dal fronte economico del Regno Unito. Termometro del rinnovarsi dei timori sono, sul mercato valutario, l’ euro e la sterlina.
In particolare la sterlina è tornata verso quota $1,30 nei confronti del dollaro da $1,33 precedenti la pubblicazione dell’indice preliminare PMI di luglio. Il dato ha mostrato come il Regno Unito stia scivolando in recessione già nel terzo trimestre, con una contrazione del Pil dello 0,4% (stando all’outlook di Chris Williamson, responsabile economista di Markit).
L’indice manifatturiero PMI, pur battendo le stime in modo comunque modesto, è scivolato in territorio di contrazione, sotto la soglia di 50 punti, calando da 52,1 a 49,1 punti. Ma è stata soprattutto l’economia dei servizi a crollare, con l’indice ISM servizi che ha segnato un tonfo da 52,3 punti a 47,4 punti, in linea con le peggiori stime e al minimo in ben 88 mesi.
Nel complesso, il dato Pmi Composite del Regno Unito è crollato al valore più basso dall’aprile del 2009.
L’attività delle aziende dell’Eurozona si è contratta ma meno del previsto in luglio. Tuttavia, i timori degli operatori rimangono sulla vulnerabilità proprio di quest’area.
Così a Bloomberg Arno Endres, responsabile analista di Luzerner Kantonalbank, in Svizzera:
“Gli investitori rimangono preoccupati per le prospettive di crescita economica dell’Eurozona dopo la Brexit. Il livello della fiducia si confermerà un problema di più lungo periodo, dal momento che le banche centrali stanno esaurendo le munizioni e anche perchè non sono così sicuro che l’helicopter money potrà mai avere l’effetto desiderato. La stagione degli utili sta contribuendo al clima negativo, dal momento che il quadro è contrastato”.
Vittima del ritorno dei timori sull’economia globale è stato l’euro, che è scivolato ai minimi testati nelle ore immediatamente successive all’annuncio della vittoria del fronte Brexit nel Regno Unito.
Tutto a vantaggio del dollaro, con gli investitori che hanno riscoperto l’appeal della valuta rifugio.
E si parla ora apertamente di fuga dall’Europa, di cui starebbero beneficiando i mercati emergenti.
Occhio al grafico di Bank of America, da cui risulta che un ammontare record di cash si è diretto nel corso dell’ultima settimana sui titoli azionari dei mercati emergenti, a fronte di un ammontare altrettanto record che ha abbandonato l’Europa.
Michael Hernett di Bank of America rende noto che i flussi in entrata sull’azionario dei mercati emergenti sono stati i più alti in 12 mesi, pari a $4,7 miliardi. E corposi flussi in entrata hanno interessato anche il mercato dei debiti ($4,9 miliardi).
Ma perchè, in vista di un rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve, gli investitori starebbero puntanto proprio sui mercati ermergenti, considerata la mole di bond, e dunque di debiti, denominati in dollari?
Secondo Bank of America la risposta è che, praticamente, “ormai gli investitori sono dell’idea che i tassi di interesse di tutto il mondo scenderanno allo zero”.
Tutto questo mentre l’altro grafico di Bank of America mostra il livello record dei riscatti dai fondi che puntano sull’azionario europeo (riscatti per un valore di $6,1 miliardi nel corso di questa settimana), dopo i dati già diffusi nei giorni precedenti che parlano di esodo dagli ETF del Giappone (-42% di asset under management da inizio anno)