L’euro è precipitato fino a 0,9973 dollari. Sembrava essersi ripreso dopo un’apertura a 0,9994 tornando addirittura, anche se di poco, al di sopra della parità. Poi si è nuovamente depresso.
La caduta della moneta europea ha provocato una brusca impennata del dollaro sulla lira, finito a quota 1.941. Era da 14 anni che non si aveva un cambio a questi livelli o superiori (luglio ’85: dollaro a 2.200 lire).
“Questa discesa non ha nulla di preoccupante”, ha dichiarato alla Bbc Riccardo Levi, portavoce del presidente della Commissione Ue Romano Prodi. Ha aggiunto che “l’evoluzione dell’euro si basa su un periodo molto limitato” e che “verrà il tempo in cui vedremo l’euro rimbalzare”.
E se la Ue non si preoccupa, la Banca centrale europea ribadisce la sua linea non interventista. In una dichiarazione al Wall Street Journal il presidente della Bce Wim Duisemberg ha escluso azioni coordinate per restituire forza all’euro e indebolire lo yen. E anzi ha individuato in un cambio a 1,08-1,10 il livello ideale di rapporto con il dollaro.
Il custode della moneta unica ha negato il rischio di un aumento dell’inflazione a causa del cambio: “i prezzi”, ha detto, “saliranno nei prossimi mesi, ma ciò sarà dovuto esclusivamente all’aumento del petrolio”.
La causa della debolezza dell’euro, per Duisemberg, è da attribuire alle prese di posizione della Germania nel caso Philipp Holzmann e Mannesmann: “sono incidenti che hanno avuto un impatto negativo sulla moneta, ma si tratta di un effetto psicologico”.