BRUXELLES (WSI) – Bisognerebbe dirlo più chiaramente. I due candidati di alto profilo, Jean-Claude Juncker, designato dal Partito popolare europeo (PPE), e Martin Schulz, dei socialisti, per ottenere la presideza della Commission europea nelle prime elezioni libere del vecchio continente, presentano più similitudini che differenze.
I due sono entrambi eurofili e federalisti a livello europeo. Hanno qualche punto non perfettamente in comune su paradisi fiscali, eurobond e misure per rilanciare la crescita, ma bene o male rappresentano due facce della stessa medaglia.
Nel caso di Juncker, anche se è a favore di un’economie sociale del mercato, ha assecondato l’insieme delle politiche di austerità della Commission europea e della Troika, da cui non ha mai preso le distanze.
In teoria è a favore di un’Europa più sociale ma non si è espresso molto su questo tema negli ultimi quattro anni. Non è mai andato ad assumersi le scelte politiche dell’Eurozona in Grecia o Portogallo, un fatto che gli è stato più volte rimproverato in qualità di presidente dell’Eurogruppo.
Schultz, è andato a rendere visita agli Stati membri che più hanno subito gli effetti delle politiche di austerity e là ha criticato le manovre messe in atto e l’impatto che hanno avuto.
Schulz non è membro di alcun esecutivo al momento, ma allo stesso tempo rappresenta anche lui il vecchio. Nessuno dei due porterà dei cambiamenti fondamentali.
La propaganda pro-Europa di cui i cittadini italiani sono tempestati sui grandi media sembra fare intendere che la sfida alle Europee sia bipolare. Ma non è affatto così.