Economia

Eurovita, finanziamento di 2 miliardi dalle banche per tamponare la corsa ai riscatti

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Nuovo coup de théâtre nel dossier Eurovita. Dopo l’incarico ad Alessandro Santoliquido per l’amministrazione straordinaria di Eurovita Holding SpA e Eurovita SpA e il congelamento dei riscatti delle polizze stipulate con la compagnia assicurativa italiana fino al 30 giugno 2023, oggi è arrivata la notizia da “Il Sole 24 Ore” di un possibile prestito di 2 miliardi da parte di un pool di banche per tamponare un’eventuale “corsa ai riscatti”.

Nel dettaglio, intorno al tavolo dell’operazione, che avrebbe ricevuto un via libera di massima sia a livello istituzionale che governativo, si discute principalmente sull’ammontare dell’iniezione di liquidità necessaria a ripristinare una Solvency adeguata. A tal proposito si starebbe ragionando attorno a un cifra complessiva di 400 milioni così suddivisi: 100 milioni a carico di Cinven (già versati), ossia la società internazionale di private equity attuale azionista di controllo della compagnia; 100 milioni in capo alle banche distributrici, e dunque Fideuram, Fineco, Credem e Sparkasse; e 200 milioni da parte del settore assicurativo, e in particolare in campo ci sarebbero Generali, Intesa Sanpaolo Vita, Poste, Unipol e Allianz. Ciascuno contribuirebbe all’iniezione di mezzi freschi in proporzione alle riserve vita in portafoglio. L’aumento di capitale, sulla carta, dovrebbe permettere di riportare l’indicatore di solidità del piccolo gruppo assicurativo specializzato nel ramo vita attorno al 150%.

Il piano delle banche per tamponare la corsa ai riscatti delle polizze Eurovita

A questo si aggiungerebbe un finanziamento da parte delle banche distributrici: negli ultimi giorni gli istituti bancari coinvolti nell’affaire Eurovita avrebbero preso in esame la possibilità di attivare una linea di credito dal valore complessivo di 2 miliardi circa. La linea creditizia costituirebbe una sorta di “rete di protezione” a cui la compagnia Eurovita farebbe affidamento per finanziare i riscatti delle polizze della clientela a partire dal 30 giugno, ovvero una volta che il commissariamento (e il relativo blocco ai riscatti) sarà arrivato al capolinea. Così facendo, le banche permetterebbero alla compagnia – almeno in teoria – di non dover registrare le pesanti minusvalenze sulle polizze delle gestioni separate, legate alle vendite dei titoli di Stato, e nel contempo eviterebbero il blocco ai riscatti. Sempre che il numero dei riscatti sia contenuto nelle dimensioni.

La probabile “corsa al riscatto” delle polizze che potrebbe verificarsi al momento dello sblocco da parte di Ivass, vanificando gli sforzi messi in campo per il salvataggio, è la principale preoccupazione. A riguardo è infatti assai diffuso il pensiero che buona parte dei detentori dei contratti Eurovita si affretterebbero in poco tempo a chiudere i rapporti con la compagnia. E questo potrebbe aprire degli scenari allo stato attuale difficilmente prevedibili, con il rischio concreto che i soggetti chiamati a salvare il gruppo si trovino nuovamente costretti a rimettere mano al portafoglio. Salvo che l’esecutivo non intervenga con un decreto che blocchi a oltranza i riscatti. Un soluzione che creerebbe un precedente grave per il settore.

Le altre perplessità del piano di salvataggio

A colpo d’occhio è vero che l’unione fa la forza, ma dall’altro lato della medaglia ci si interroga sulla questione governance che sorgerebbe nel caso si concretizzasse il piano: il governo “spezzatino” riuscirebbe a risanare la compagnia che, per giunta, rimarrebbe un competitor? Chi terrà il timone? Quale ruolo giocherebbero i nuovi soci? Potranno incidere o no sulla gestione? Tutte domande, al momento, che faticano a trovare risposte esaustive.

Da ultimo, è opportuno considerare l’aggravio finanziario conseguente al finanziamento elargito dalle banche distributrici, che ha un tasso prossimo al 4%. Un po’ troppo perché il settore assicurativo, sebbene ormai convinto della necessità di una soluzione di sistema, accetti questo schema senza considerare altre strade che tutelino i sottoscrittori ma allo stesso tempo anche chi si impegna nel salvataggio.

Il piano B

Da qua, dunque, l’ipotesi di un piano B che starebbe maturando in queste ore. Lo schema alternativo vedrebbe comunque il coinvolgimento, sebbene con ruoli diversi, dei soggetti già chiamati in causa. Così facendo, si attenuerebbe di molto il rischio execution e si darebbe certezza alla clientela. Sul mercato, in passato, si è ipotizzato anche un eventuale spin-off delle polizze unit-linked (che verrebbero riversate sulle banche distributrici, vista la maggior analogia con i prodotti bancari), mentre le polizze delle gestioni separate rimarrebbero in capo alle assicurazioni entranti: soluzione, questa, che tuttavia non ha mai trovato favorevole il mondo assicurativo.

A riguardo i prossimi giorni saranno certamente cruciali per capire quale strada verrà imboccata per evitare la liquidazione della compagnia. In ballo, non va dimenticato ci sono oltre 400 mila clienti per un totale di 1 miliardo di premi a cui fanno riferimento 15 miliardi di riserve, di cui 9 miliardi legate alle gestioni separate e 6 miliardi alle unit-linked.