ROMA (WSI)- Nel secondo trimestre del 2013, il Pil dell’Eurozona ha segnato una crescita, su base trimestrale, dello 0,3%, contro il +0,2% atteso dagli analisti di Bloomberg. Su base annua, permane la contrazione, pari a -0,7%. A deludere, per l’ennesima volta, è ancora il Pil italiano che, stando sempre ai dati di Eurostat, è sceso -0,2% dopo il -0,6% del primo trimestre. Su base annua, il calo è -2%.
Per avere un’idea della debolezza della crescita, si ricorda che sempre nel secondo trimestre il Pil degli Stati Uniti è cresciuto + 0,4%, ma +1,4% su base annua.
L’Eurozona esce comunque dalla recessione, almeno in termini tecnici: una buona notizia? Diciamo una notizia che promette bene, in un contesto in cui è presto saltare a conclusioni. D’altronde il tasso di disoccupazione dell’Eurozona viaggia al record di sempre, pari al 12,1%; la stessa Banca centrale tedesca, poi, ovvero la Bundesbank, stima che l’economia della Germania, motore dell’Europa, rallenterà alla fine di quest’anno.
Il commissario per gli Affari economici europei Olli Rehn ha dato il benvenuto ai dati ma ha avvertito di non farsi prendere dall’entusiasmo troppo presto e non fare grandi proclami, come quelli di Francois Hollande che il 9 giugno ha annunciato la fine della crisi.
Dichiarazioni simili sono state definite “premature e auto referenziali” da Rehn, che al contempo ha sottolineata che i fondamentali della risposta europea ala crisi vanno bene.
I dati preliminari di Francia e Germania sono sicuramente confortanti. Il Pil francese è cresciuto nel secondo trimestre dello 0,5%, registrando la migliore performance su base trimestrale da quando il presidente Hollande ha preso il potere, nel maggio del 2012. Il dato è stato ben superiore alle attese, pari a una crescita dello 0,2%, e ha confermato l’uscita dalla recessione del paese.
Attenzione però, che i numeri cozzano con quelli relativi al mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione francese è salito all’11%, ai massimi degli ultimi 15 anni.
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La Germania ha visto il proprio prodotto interno lordo salire +0,7% nello stesso arco temporale, rispetto al primo trimestre quando l’economia era in fase di stagnazione. Anche in questo caso numeri migliori delle attese, che erano per una crescita più limitata, pari a +0,6%.
“Abbiamo assistito a diverse sorprese positive nel corso del secondo trimestre e i dati di stamattina confermano che l’Eurozona è uscita dalla recessione – ha commentato in una intervista a Bloomberg Andreas Scheuerle, economista presso Dekabank a Francoforte – Non ci sono garanzie che non si torni indietro nel futuro. Ma lo scenario della Bce si sta concretizzando e questo significa che al momento non ci saranno tagli dei tassi (di interesse)”.
I mercati, in tutti questi giorni, hanno scommesso sul miglioramento dei fondamentali in Europa. “Gli ultimi dati hanno alimentato le speculazioni secondo cui l’Eurozona tornerà a crescere per la prima volta in sei trimestri – ha commentato in una intervista a Cnbc Michael Hewson, senior analista dei mercati presso CMC Markets – La crescita sarà alimentata dall’economia numero uno dell’Europa, la Germania”.
Ma ci sono alcuni rischi che non possono essere ignorati. Il primo, è che si possa assistere a una flebile crescita senza occupazione, dunque, con un esercito di disoccupati che rimane pressocché intanto. Dagli Stati Uniti sembra che gli economisti abbiano una visione più obiettiva della situazione.
Già si parla di ansia di settembre per i mercati, con i vari JP Morgan, Pimco e il recente editoriale di New York Times che non sono affatto confortati da come vanno le cose in Europa, elencando i rischi che sono per ora dormienti, ma che presto – a settembre appunto – si ripresenteranno.
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