Alla fine, Evergrande non ce l’ha fatta: Il colosso immobiliare cinese è finito in default questa settimana, dopo il mancato pagamento di coupon offshore per 82,5 milioni di dollari. Il tutto è avvenuto nel totale silenzio delle agenzie di rating: S&P Global Ratings e Moody’s non si sono ancora pronunciate.
Unica eccezione, Fitch Ratings, che ieri ha messo nero su bianco che il colosso cinese si trova in “default limitato” . Ieri l’agenzia ha taglia il rating del gruppo cinese sulla valuta estera di lungo termine, e quello delle controllate Hengda e Tianji, a livello di ‘restricted default’ (Rd) dal precedente ‘C’.
La misura, si legge in una nota dell’agenzia di valutazione, segue il mancato pagamento dei coupon offshore per 82,5 milioni di dollari, alla scadenza dei 6 dicembre dei 30 giorni del periodo di tolleranza. Con il suo provvedimento, Fitch ha certificato il primo default di Evergrande, che per settimane è riuscita a evitare il peggio con pagamenti quasi all’ultimo momento utile.
Il rating di “restricted default” indica che un’entita’ è inadempiente su uno o più impegni finanziari, pur continuando a onorare altri impegni finanziari. Il mancato pagamento degli ultimi coupon offshore per 82,5 milioni di dollari “è coerente con un rating ‘Rd’ (restricted default), che indica la scadenza non sanata di qualsiasi periodo di grazia, di riparazione o di tolleranza per inadempimento applicabile a seguito di un mancato pagamento su un’obbligazione finanziaria materiale”, ha rimarcato l’agenzia in una nota.
Default Evergrande: le conseguenze
Il real estate ha nell‘ultimo ventennio contribuito per il 30% alla formazione del Pil cinese. Non meraviglia che la stretta ai finanziamenti sostenuta dalla Banca centrale cinese per riordinare il settore, tagliare l’enorme debito e stroncare la bolla speculativa abbia creato molti malumori. Con il default di Evergrande la situazione rischia di sfuggire di mano. La società ha un totale di $ 300 miliardi di passività, con $ 19 miliardi in obbligazioni offshore denominate in dollari statunitensi.
“Avremmo dovuto chiamarlo un default tecnico già da molto tempo, ma nessuno ha osato”, ha spiegato Alicia Garcia-Herrero, capo economista di Natixis per l’Asia-Pacifico. “La Cina non lo sta mettendo in chiaro perché non c’è alcuna pressione. Ma soprattutto perché non vuole sopportarne le conseguenze”. Allo stesso tempo, “Non mettere l’etichetta ufficiale di “default” su Evergrande consente alla società di ristrutturare il proprio debito a un costo inferiore”.
Rassicurazioni sono arrivate dalla Banca centrale cinese. Il Governatore della Banca centrale cinese, Yi Gang, durante un seminario online sul ruolo dell’hub finanziario di Hong Kong, ha detto che il rischio di Evergrande “sarà adeguatamente gestito” e che i diritti di creditori e azionisti saranno rispettati perché si tratta di “un evento di mercato e i diritti e gli interessi dei creditori e degli azionisti saranno esauditi nell’ordine del loro risarcimento legale”.