Economia

Evergrande in bancarotta, Giuliano Noci: “Ora i nodi vengono al pettine”. L’intervista

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Intervista in esclusiva per Wall Street Italia a Giuliano Noci, Prorettore del Politecnico di Milano per la Cina. A cura di Leopoldo Gasbarro.

Una tempesta duratura, in qualche modo i nodi vengono al pettine“. A seguito della ristrutturazione del debito di Evergrande, per Giuliano Noci, Prorettore del Politecnico di Milano per la Cina, la situazione economica del Dragone non è delle migliori, anche per via dei suoi problemi interni e degli errori commessi nel passato.

Intervistato dal nostro Direttore, Leopoldo Gasbarro, ha analizzato attentamente tutte le ripercussioni che potrebbero ricadere sull’economia del Dragone e sui mercati finanziari sia interni sia internazionali.

Le origini della crisi immobiliare odierna

Gli ultimi fatti relativi alla situazione economica di Evergrande non iniziano di certo oggi e, soprattutto, non sono il frutto di un evento accidentale.

Secondo il professor Noci, tutto sarebbe riconducibile alla manovra da 560 miliardi di dollari varata dal Governo Cinese nel 2008 per stimolare l’economia: “Una manovra monstre, che fu la madre di una parte delle varie distorsioni di oggi. Innescò infatti una crescita basata su investimenti in infrastrutture, poco produttive e a debito“. Da lì, iniziò l’ascesa del debito cinese, arrivato sopra il 300% del PIL.

Una situazione che è spiegabile, secondo il prof. Noci, da tre aspetti fondamentali. Il primo punto è quello dell’arretratezza e della chiusura del sistema finanziario cinese.I cinesi avevano come principale asset clusting di investimento quello dell’immobiliare. Quasi visto come una perpetuity per i cinesi, che negli anni garantiva una crescita costante. I cinesi hanno messo i loro risparmi nel real estate, a leva” Così facendo l’immobiliare ha rappresentato il 30% del PIL cinese.

Il secondo punto è il fatto di avere un sistema iper-capitalistico ma all’interno di un’economia socialista. Che comporta “cure a pagamento. Non esiste un sistema pensionistico comparabile a quello occidentale. E tutti migranti che si spostano in città – e sono 300 milioni – non hanno i diritti acquisiti dai residenti. Un esempio? Pagano in forma maggiorata i servizi educativi e sanitari“. Tutto ciò non ha fatto altro che creare un sistema poco propenso al consumo, ma molto propenso al risparmio per i servizi.

Il terzo punto è la decisione del Partito Comunista Cinese sugli investimenti, come disse Xi Jinping, “la casa è fatta per abitare, non per speculare“. Con questo blocco si creò così un ciclo spaventoso a livello immobiliare. “E le banche non hanno più potuto sostenere le indebitatissime aziende del real estate. Il fatto che 40% delle imprese sono fallite avrà delle ripercussioni su imprese e famiglie investitrici.

Non solo all’interno, ma anche all’esterno, con la guerra commerciale e tecnologica con gli USA. Siamo davanti a “una perdita dell’immagine nei confronti dei paesi occidentali, a cui segue una loro reciproca chiusura verso la Cina. Ciò significa, infine, un calo delle esportazioni“.

Insomma, tutte criticità che rischiano di ingolfare il motore economico cinese.

Evergrande, fallimento o bancarotta

Quello di Evergrande non è un vero e proprio fallimento, ma una ristrutturazione del debito. “A New York Evergrande ha chiesto una ristrutturazione del proprio debito. Ma la situazione è di 350 miliardi di debito che, con il quadro e il profilo di domanda che sembra emergere nel contesto cinese, porta ad una sola indispensabile urgenza: agire per ristrutturare il debito cinese del real estate“.

La scelta di passare per una misura più oculata come quella dell’ex Capitolo 15 del Codice Fallimentare Americano è probabilmente una mossa geopolitica decisa dal Partito Comunista Cinese. “Non è da escludere che sia stata imposta, onde evitare che qualche stakeholder americano chiedesse il Chapter 11 per il fallimento ufficiale“.

Ma la bancarotta richiede, secondo Noci, comunque un intervento diretto del Partito. “Evergrande non è ufficialmente un’azienda di Stato, ma è un’azienda di sistema, con un impatto pervasivo. 350 miliardi di indebitamento, è come il 15% del Pil dell’Italia“. Già molte altre aziende hanno mostrato segni di cedimento, Country Garden in primis. O il trust Zhongrong, che ha avuto difficoltà a ripagare le rate sui bond. E questa è una shadow bank, una delle tante che sono esposte, “[…] si stima, per 3 trilioni di dollari, in finanziamenti al mondo immobiliare e alle imprese, e senza alcuna regolamentazione“. Un’esposizione non gestibile, contando gli asset class in USA e a Pechino.

Cina, siamo davanti a un “momento Lehman Brothers”?

Il paragone con crisi occidentale del 2008 ha qualche fondamento? “È un momento di discontinuità. Ma non è confrontabile col 2008. Questo perché il sistema interno, essendo un’economia socialista e centralista, ha margini di intervento diversi da quelli americani e occidentali. Ma ci sarà sicuramente una discontinuità. Il timone è in mano a Pechino: se prende la direzione giusta, si va verso la ripresa. In caso contrario, si avranno nuove debolezze. Il riflesso geopolitico andrà di pari passo. Una Cina debole ha bisogno di nemici esterni“.

Davanti all’attuale crisi immobiliare, la Cina ha comunque modo di agire. Come ha dichiarato il prof. Noci, “mi aspetto che verrà delegata al primo ministro l’introduzione di una manovra di stimolo, nella speranza che venga avviata la ristrutturazione del debito, oltre a qualche riforma fondamentale“. Ad esempio quella sui diritti dei 300 milioni di Yunko, popolazione di campagna che lavora in città e che vede pregiudicati i propri diritti. “Secondo gli studi, dare pari diritti a queste persone farebbe aumentare la domanda interna del 20%“. In caso contrario, si avrebbero solo altre manovre di stimolo per i classici investimenti inutili. Quindi, altra benzina su fuoco.