NEW YORK (WSI) – Sono passati otto anni esatti dal fallimento della Lehman Brothers. Era infatti il 15 settembre del 2008 quando il colosso bancario americano chiuse i battenti sotto il peso dello scandalo dei derivati. Repubblica ha intervistato alcuni dei Lehman boys italiani, ex impiegati nella sede milanese, che, dopo il fallimento della casa d’affari Usa, sono stati ingaggiati dai concorrenti.
“Ho preso le redini del progetto Lehman in Italia nel 1987 insieme alla mia collaboratrice Donatella Sala” ha raccontato a Repubblica Ruggero Magnoni, ex numero uno della Lehman Brothers in Italia, “ho selezionato persone che dovevano avere grande personalità, con idee individuali oltre a un ottimo background”. Magnani ricorda che allora le banche erano una fucina di affari.
“La grande capacità delle banche d’affari è stata quella di generare capacità monetaria. Per cui noi trattavamo come banca a livello globale ad un multiplo del capitale di 40/50 volte. Cosa che oggi è impensabile e allora si diceva che poteva sussistere solo perché alla fine la Fed avrebbe salvato le banche americane. Non c’era alcun rischio morale percepito”ricorda Magnoni.
Tornando ai giorni cruciali, quelli che segnarono il destino di Lehman e dei suoi banchieri, Leopoldo Attolico, oggi nell’ Investment Banking di Citigroup, ricorda:
“Fino all’ultimo eravamo convinti che ci sarebbe stato il salvataggio. Ho ancora ben presente oggi quel momento. Fu un vero shock. Il governo degli Stati Uniti si è trovato di fronte a problemi ben più grossi e più sistemici rispetto a Lehman. E decisero di sacrificare Lehman”, spiega Attolico. “Di fatto gli americani non volevano iniettare troppo denaro pubblico nel salvataggio di più realtà anche perché si viveva già il clima elettorale delle presidenziali. Sarebbe stato anti popolare salvare Wall Street invece di Main Street”.
Edoardo Toscani, oggi direttore generale della filiale Italiana di BBVA, ma da Lehman Co-Head di Investment Banking e Head di Real Estate Investment Banking, e’ convinto che ad aver fatto fallire la Banca Usa e’ stata una scelta politica.
“Lehman non ha creato buchi di bilancio, basti ricordare che la liquidazione europea ha finora rimborsato il 100% dei creditori, e sta pagando anche gli interessi. Il fallimento di Lehman è stata una decisone politica, come dimostrato ormai da una ampia letteratura”.
Alessandro Foti, un altro dei Lehman Boys, oggi libero professionista, e consigliere, il crac Lehman rappresenta il fallimento della governance.
“Sono convinto che nei consigli di amministrazione ci debbano essere diversità di opinione, di profili di persone che non siano sempre accondiscendenti, ma avere la capacità e l’autorevolezza di dire no a operazioni non ritenute sicure, basterebbe soltanto avere la possibilità di concedere il dialogo e una più equa discussione tra i rappresentanti degli azionisti, ascoltare le opinioni altrui è meglio farlo prima che dopo quando hai già un piede nella fossa” dice a Repubblic, aggiungendo che su Lehman non ha dubbi: “E’ stata la banca Usa ad affossarla a livello globale. Non l’Europa e non l’Italia”.
Fonti: la Repubblica