New York – Penna, carta e trimestrali. Non sarà l’estenuante dibattito che vedrà schierati di nuovo Repubblicani contro Democratici in America a mettere alle corde Wall Street. Non sarà nemmeno l’onda lunga del caso Grecia, epicentro della crisi del debito in Europa, che ha riportato d’attualità oggi nella giornata della protesta contro l’austerity la vulnerabilità della moneta unica, a infrangersi Oltreoceano. Lì sul floor della Borsa ancora più importante del mondo saranno i dati di bilancio – da segnarsi sul taccuino – della corporate America a far tremare i polsi ai banchieri della banche di investimento.
E’ un’analisi senza sbavature quella traccia Marc Faber, noto alle cronache per essere un inguaribile pessimista sui mercati internazionali, tanto da essersi guadagnato la nomea di Dottor Doom. Sarà in quei numeri che emergerà la verità. “Dobbiamo aspettarci guadagni deboli in Borsa“, ha messo nero su bianco nella sua newsletter.
“Non credo che i mercati stiano perdendo terreno a causa della Grecia, non credo che i mercati stanno scendendo a causa del fiscal cliff, perché non ci sarà un fiscal cliff; piuttosto stanno andando giù perché gli utili societari inizieranno a deludere”.
Da qui la sua previsione netta: “L’economia globale difficilmente tornerà a crescere l’anno prossimo o addirittura sarà in contrazione. Questo sarà il principale motivo per cui le azioni, rispetto ai valori massimi toccati a settembre quando l’indice S&P quotava intorno a 1.470 punti, scenderanno di almeno un 20 per cento“.
Eppure il caso Grecia non potrà non creare nervosismo alla fine. E anche lui lo riconosce: “La domanda che qui bisogna porsi è solo una: è meglio soffrire di austerity o andare incontro al collasso da qui ai prossimi 5 o dieci anni?” In Europa oggi i leader politici prendono tempo nel rispondere, non le Borse. Dal loro saldo da inizio anno – tutte in negativo – una risposta, forte e chiara, loro se la sono già date. Da tempo.