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Facebook ammette: “assunta societa’ di PR per diffamare Google”

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New York – Facebook ammette di aver assunto in segreto una società di relazioni pubbliche (PR) negli Stati Uniti con l’intento di diffamare Google, mettendo in circolo delle storie che avrebbero messo in dubbio il rispetto della privacy da parte del motore di ricerca.

La notizia è l’ultimo dei tanti segnali sulla rivalità tra il social network e Google, con entrambe le parti che cercano di strappare quote di utenti internet all’altra e quindi pubblicità.

Burson-Marsteller, che conta anche Microsoft tra i suoi clienti, avrebbe contattato opinionisti e reporters di giornali americani per assicurarsi che nei pezzi si parlasse di alcune azioni illecite intraprese da Google sul trattamento dei dati personali da Facebook e altri social networks. L’agenzia di PR non avrebbe informato i giornalisti che stava lavorando proprio per conto di Facebook.

Sia Facebook, che la società di PR coinvolta, che ormai ha dichiarato di aver chiuso i rapporti con il sito di Zuckerberg, avrebbero minimizzato la notizia dichiarando che le informazioni erano pubbliche e disponibili anche da fonti indipendenti.

Mentre Google ha declinato ogni commento, Facebook si è detta mortificata dichiarando: “è un fatto serio, che avremmo dovuto presentare in un modo più trasparente”. Il passo falso arriva proprio quando Facebook sta cercando di migliorare la sua immagine, anche in vista di un debutto nel mercato già dal prossimo anno.

Sia Google che Facebook hanno recentemente subito numerosi attacchi circa il numero delle informazioni e dei dati personali che raccolgono dall’utilizzo dei propri servizi internet.

Questo è il comunicato in merito alla vicenda che si legge nel sito internet italiano di Burson-Marsteller.

In relazione ad alcune notizie apparse sui media, Burson-Marsteller precisa quanto segue:

A seguito delle dichiarazioni rilasciate da Facebook, possiamo confermare che Burson-Marsteller ha svolto un incarico per questo cliente negli Stati Uniti.

Il cliente ha richiesto che il suo nome non venisse divulgato poiché oggetto dell’incarico era di dare evidenza a informazioni già disponibili e che tali informazioni potessero essere indipendentemente e facilmente riprese da altri media.

Ogni informazione proposta all’attenzione dei media ha suscitato domande lecite, era di pubblico dominio e, in ogni caso, poteva essere verificata attraverso fonti indipendenti.

Qualunque fosse la motivazione, questa richiesta non rientra negli standard operativi o nelle procedure, ed è contraria alle nostre policy e a queste condizioni l’incarico non avrebbe dovuto essere accettato. Quando ci rivolgiamo ai media, dobbiamo aderire a rigorosi standard di trasparenza sull’identità dei nostri clienti, e questo incidente ribadisce l’assoluta importanza di questo principio.