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Fallimento Silicon Valley Bank, come influirà sulle mosse di Fed e Bce?

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Il fallimento di Silicon Valley Bank continua a generare panico tra i piccoli e i grandi risparmiatori, i quali se la danno a gambe levate. Federal Reserve, Dipartimento del Tesoro e Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) hanno messo sul tavolo una soluzione congiunta a tutela dei depositi, ma la perdita di fiducia dei risparmiatori sul settore finanziario a stelle e strisce non si è fermato. I timori sono arrivati anche in Europa.

A poco o nulla, almeno per il momento, sono servite le parole del presidente statunitense Joe Biden, che si è dichiarato disponibile ad attivare qualsiasi misura necessaria per proteggere il settore bancario. Parole che non sono riuscite ad allentare le recenti tensioni. In queste ore sono scattate le vendite su molte altre banche regionali, tra le quali ci sono: First Republic Bank, Western Alliance Bancorp, PacWest Bancorp, East West Bancorp e Zions Bancorporation.

Dopo Silicon Valley Bank, continuano i timori

Ma perché le soluzioni e le promesse prospettate dalle autorità statunitensi, non servono a ristabilire un po’ di equilibrio e di fiducia nel settore? A dare una risposta a questo interrogativo ci ha pensato Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia, che ha spiegato che la Fed e il governo statunitense hanno provveduto ad internalizzare i problemi legati a Signature Bank, a Silicon Valley Bank e delle altre banche regionali, che in futuro potrebbero essere in difficoltà. Andando a coinvolgere le banche più sane, secondo Diodovich, si corre il rischio che, in caso di insolvenza, tutti gli altri istituti bancari possano essere chiamati per sanare i propri bilanci.

A preoccupare è anche quanto si sta assistendo nei principali mercati europei, dove i titoli dei più importanti istituti di credito del Vecchio Continente, dove da venerdì scorso hanno registrato delle importanti perdite. Il sentiment degli investitori, secondo Diodovich, risulta essere negativo sul settore bancario: a preoccupare sono principalmente le banche, che, nel corso degli ultimi anni, hanno mostrato alcuni problemi di liquidità. Giusto per avere un’idea di cosa stia accadendo, basti pensare che i CDS – ossia i credit default swap – sui bond di Credit Suisse sono arrivati ai massimi storici. In una sola seduta la tedesca Commerzbank ha perso qualcosa come il 13%.

Fed e Bce, cosa faranno adesso?

Sono due i problemi con i quali si dovrà confrontare, d’ora in poi, la Fed: il dilemma dell’inflazione e l’instabilità finanziaria. Diodovich ritiene che, dopo il processo di azioni restrittive, ora come ora qualcosa ha iniziato a rompersi. L’analista ritiene che nel prossimo meeting di marzo potrebbe essere escluso del tutto un rialzo di 50 punti base e potrebbe essere discussa l’ipotesi di una pausa nel processo di rialzo dei tassi. Sicuramente quello che dovrà essere tenuto sotto stretta osservazione sono i possibili contagi delle banche regionali.

In una situazione pressoché analoga si potrebbe trovare la Banca Centrale europea: adesso come adesso ulteriori aumenti dei tassi di interesse potrebbero incontrare una forte opposizione. Il crollo di Silicon Valley Bank potrebbe far cambiare completamente passo. I politici leggermente più accomodanti potrebbero sostenere che l’ambiente economico, ora come ora, sia cambiato. E che sia necessaria una maggiore cautela. Questa, comunque, sarebbe una linea in contrasto con slancio da falco che era stato sviluppato a seguito della diffusione dei dati sull’inflazione.

Molti osservatori ritengono che la Bce possa rinunziare al proprio impegno per un aumento dei tassi di interesse, anche se molti funzionari della banca Centrale Europea hanno sottolineato che, almeno in questo momento, sia difficile cambiare i piani già presi. Solo la scorsa settimana, la presidente Christine Lagarde aveva sottolineato che il passaggio di 50 punti base il 16 marzo era molto probabile.

Si vengono, a questo punto, a contrapporre due correnti di idee. Gli investitori, da una parte, hanno aumentato le loro scommesse sul fatto che la Bce rinuncerà al suo impegno per un aumento di mezzo punto questa settimana. Dall’altra parte, i funzionari della Bce hanno sottolineato che non c’è motivo di credere in questa fase che la maggioranza del Consiglio direttivo sarà persuasa a cambiare quei piani, e alla fine il dibattito potrebbe ancora concentrarsi maggiormente sull’opportunità di preventivare degli aumenti futuri.