Non si ferma in Italia la crescita dei Family Office, saliti a 222 nel censimento condotto dall’omonimo Osservatorio promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano: attualmente infatti risultano attivi 113 Single Family Office, 91 Multi-Family Office professionali e 18 organizzazioni di origine bancaria che offrono analoghi servizi strutturati rivolti a più famiglie.
Un settore in espansione che richiede nuovi profili professionali – si legge nell’analisi condotta dal Poli MI- data la natura multi-disciplinare delle attività, chi lavora in un Family Office non può essere un professionista prestato alla gestione del patrimonio famigliare ma deve avere abilità specifiche, così come deve crescere il mercato di servizi a supporto.
Settore in espansione
Il professionista che lavora in un Family Office è una figura ancora poco diffusa nel nostro Paese, spiega la ricerca, nonostante si tratti di un settore in espansione per sbocchi occupazionali e giro d’affari: dal 2017 al 2022, sono saliti a oltre 500 i professionisti correntemente impiegati nei Multi-Family Office italiani, il 40% dei quali concentrato nei 5 MFO più grandi, con un tasso di crescita annuo di circa l’8%.
Quanto al giro d’affari, nel 2022 è stato pari a 150,4 milioni di euro, in calo rispetto al 2021, caratterizzato da un vero exploit (169,8 milioni di euro), ma comunque ben superiore ai 128 milioni del 2019 e del 2020: considerando il periodo 2017-2022, infatti, il fatturato complessivo mostra un tasso di crescita composto annuale (CAGR) dell’8,12%, molto simile al tasso di crescita del numero di professionisti.
“I Family Office sono una struttura di gestione patrimoniale sofisticata e personalizzata per soddisfare le esigenze degli imprenditori e delle loro famiglie – spiega Josip Kotlar, direttore scientifico del Report- e questo implica numerose competenze altamente specializzate, dalla gestione degli investimenti alla pianificazione patrimoniale, dalla consulenza fiscale internazionale alla governance famigliare, alla filantropia, oltre a soft skill legate all’ascolto, all’empatia, alla leadership, ma anche alla comprensione delle dinamiche psicologiche, famigliari e inter-generazionali”.
Troppo per una persona sola – rileva lo studio, che evidenzia la necessità di una rete di professionisti esterni che forniscano servizi in partnership e outsourcing. Tanto più che, stando ai dati raccolti dall’Osservatorio, tre quarti dei CEO dei Single Family Office sono membri della famiglia stessa, in genere con background professionale nella gestione dell’impresa di famiglia (quindi con competenze non strettamente pertinenti), mentre i manager esterni, che costituiscono il restante quarto, provengono per lo più dal private equity o dalla finanza.
Family Office: identikit dei professionisti
Al 31 dicembre 2023, in base ai dati della School of Management del Politecnico di Milano – risultavano attivi in Italia 113 Single Family Office, i cui CEO hanno in genere tra i 40 e i 59 anni quando sono manager indipendenti (solo 1 su 4), mentre l’età è molto più distribuita – con maggiore peso sugli estremi, quindi giovani tra i 20 e i 39 anni oppure anziani con più di 80 anni – quando si tratta di membri della famiglia proprietaria; il background professionale maggiormente rappresentato è in gestione d’impresa, seguito da quello in private equity e finanza.
Solo 69 hanno un consiglio di amministrazione o un organo equivalente: in 36 di essi i consiglieri coprono due generazioni, in 20 addirittura tre; 45 aggregano sia membri della famiglia che persone esterne, 21 invece sono a conduzione completamente famigliare.
Quanto all’equilibrio di genere, siamo ben lontani dalla parità: solo 1 CEO su 10 è donna, dato migliore rispetto alla media delle aziende italiane ma ancora gravemente insufficiente. Le cose vanno un po’ meglio dove è presente un CdA, organismo in cui le donne rappresentano in media un quarto dei consiglieri e salgono fino alla metà in molti casi. Purtroppo, in 23 di essi, cioè circa un terzo, non vi è alcuna presenza femminile.