L’obiettivo dei family office è tramandare e proteggere di generazione in generazione non solo la ricchezza ma anche e soprattutto l’identità che a questa famiglia si collega
In Italia sempre più spesso il passaggio generazionale si realizza vendendo l’azienda di famiglia ad un fondo di private equity. Questo fenomeno sta però impoverendo il tessuto economico e imprenditoriale a seguito del frazionamento della ricchezza e della perdita dei valori che hanno dato vita alle imprese. Per capire come gestire al meglio questa delicata fase ed evitare la dispersione dei grandi patrimoni abbiamo incontrato Patrizia Misciattelli delle Ripe, fondatrice e presidente dell’Associazione Italiana Family Officer (Aifo).
Alla luce del passaggio generazionale in corso pensa che nasceranno nuovi family office?
Direi di sì. I family office nascono con l’obiettivo di garantire protezione patrimoniale neutralizzando i fattori di rischiosità grazie a una visione strategica basata su competenza e indipendenza. All’interno di un patrimonio familiare il rischio più rilevante è rappresentato dalla dispersione tra persone e beni, un fattore che ne limita l’autorevolezza, la possibilità di diversificazione e la capacità di creare valore. Non c’è asset allocation che regga di fronte al frazionamento dei patrimoni.
Cosa fare allora?
In molti casi la struttura imprenditoriale italiana non è preparata a gestire il passaggio generazionale. Alla guida delle aziende c’è ancora una generazione di founder che spesso ritiene di non trovare all’interno della propria famiglia eredi con le adeguate competenze. Pertanto è necessaria un’opera di educazione per far comprendere ai capi azienda che i più giovani, magari nel ruolo di soli azionisti, potranno garantire la continuità dell’azienda, talvolta delegando la gestione operativa a manager di fiducia.
Pertanto, prima di affrontare il passaggio generazionale, è necessario tramandare ai più giovani i valori dell’azienda e fissare delle regole di governance per far coesistere, senza attriti e barriere, più generazioni alla testa della famiglia. Solo in questo modo si evitano il frazionamento e la dispersione di ricchezza.
E il family office che ruolo avrà?
Chi ha la responsabilità della gestione di un grande patrimonio come i family office ha l’obbligo di assicurare prima di tutto l’assenza di perdite, sia in termini patrimoniali che reddituali. Nel caso in cui invece si è liquidata l’azienda, il family office provvede alla supervisione e al coordinamento nella gestione del patrimonio finanziario in futuro. Generalmente nei primi anni dopo la sua creazione l’asset allocation richiesta al family office è piuttosto prudente e tende a privilegiare asset privi di rischi.
Solo in una fase successiva cresce l’esposizione agli asset con più lunghi vincoli temporali come il private equity, l’acquisto di partecipazioni in aziende non quotate tramite club deal o in passion asset come beni artistici.
Che differenza c’è tra un family office e una struttura di private banking?
Il family office risponde agli azionisti della famiglia mentre una struttura private banking agli azionisti della banca. C’è quindi un concetto di indipendenza totale che allinea gli obiettivi degli investimenti a quelli della famiglia azionista della struttura di family office e in tutela anche i valori immateriali e identitari.
Che tipo di competenze sono richieste ad un professionista interessato ad operare in una struttura di family office?
Le competenze richieste ai family officer sono molteplici e possono riassumersi in una serie di punti che sono oggetto di studio del Master in family office istituito da Aifo che nel 2024 è giunto alla diciannovesima edizione. In particolare viene richiesta la capacità di valutare gli investimenti in maniera integrata per poi selezionare i migliori esperti dei diversi settori del settore ai quali affidare la gestione rispettando specifici obiettivi. Inoltre è necessario saper rappresentare l’intero patrimonio familiare nel rispetto di un “purpose” anche valoriale. Viene richiesta poi la capacità di formulare la corretta sostenibilità nel rispetto degli elementi qualitativi con cui realizzare le performance prefissate. Non da ultimo è necessaria un’abilità di negoziazione per mediare tra le diverse esigenze della famiglia al fine di favorire e governare la continuità del patrimonio gestito.
Sempre più spesso stiamo assistendo alla vendita dell’azienda di famiglia ad operatori di private equity perché il capofamiglia non è riuscito ad individuare un suo successore alla guida dell’impresa. è necessario far comprendere che si può avere un ruolo importante anche come azionisti e affidare la gestione dell’azienda a dei manager assicurandosi che siano in grado di condividere i valori originari impressi dalla famiglia.
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di novembre del magazine Wall Street Italia. Clicca qui per abbonarti.