(WSI) – Montezemolo è un peso leggero, non c’è niente di irriverente nel riconoscerlo ora che assume responsabilità pesanti. A parte i mugugni di Luigi Lucchini e Carlo De Benedetti, che hanno le loro ragioni, e diverse, per essere sorpresi dalla sua nomina a capo della Fiat, ieri l’amico di famiglia degli Agnelli è stato sommerso di lodi. Charme è il nome del suo gruppo industriale, charme è l’effetto del cumulo dei poteri. L’uomo è simpatico, gaudente, alla mano, ma con un paio di presidenze in più diventa per quasi tutti simpaticissimo, la migliore soluzione, forse geniale.
La sinistra dei padroni, in cerca d’autore e di un padrone della sinistra, si sgola nell’encomio, presidenza dopo presidenza, con qualche goffaggine; la destra padrona è più sul chi vive, ma alla fine lui è o dovrebbe essere uno di loro, concertazione sì ma con profitto, produttività, competitività eccetera. I maligni dicono che più assume cariche, Montezemolo, e più viene da pensare che i poteri forti sono diventati poteri deboli.
Fino ad ora, l’uomo ha avuto infatti una fulgida carriera di marchio, di rappresentanza, tra spumanti auto da corsa e di gran lusso grandi amicizie tanto sport e grandi profumi made in Italy. Ma ha dimostrato di sapersi muovere, esperienza di manager ne ha fatta, e anche un lightweight ha diritto di vivere alla grande. Può essere perfino che sia la soluzione giusta in un tempo così arrischiato, in cui i pesi massimi hanno preso tante facciate, in cui c’è bisogno di “fare squadra e fare sistema”, altro che personalità forti, come si ripete ormai ossessivamente. Tempi in cui l’immagine immacolata fa premio sulla sporca fatica, posto che sia gestita con metodo. E di metodo in questo il presidentissimo ne ha in abbondanza.
E poi, va detto, anche Gianni Agnelli, che un’impronta l’ha lasciata, a suo modo era un peso leggero, via, aveva esperienze personali forti alle spalle, una grande cultura mondana, la generazione della guerra e poi dello chic, ma risolveva parecchio anche lui in sulfureo glamour e, appunto, in charme. Piano piano si vedrà se Montezemolo è in grado di dare un senso associativo e politico alla sua Confindustria “apolitica”.
Si vedrà se oltre a far squadra riuscirà a fare auto competitive nella sua Fiat, e a venderle, valorizzando come si dice l’asset. Si vedrà se con l’aiuto dei suoi potenti compagni di cordata, Marco Tronchetti Provera in evidenza, saprà costruire un nuovo persuasivo baricentro del capitalismo in affanno, e dei suoi giornali libidinosamente agognati da ogni parte.
Fino ad ora quelli di charme sono stati ineluttabilmente e un po’ irresponsabilmente attratti dal mondo della sinistra solidarista ed egualitaria, gestivano il Corrierone ma leggevano Repubblica, come accadde con il patto Agnelli-Lama sulla scala mobile, un caso di pre-concertazione che sarebbe meglio non ripetere perché troppo costoso per tutti, anche per i salari e i posti di lavoro. Poi veniva il turno dei faticoni alla Cesare Romiti, quelli che legnavano in nome della responsabilità e dell’impresa. Speriamo che non si ripeta tediosamente il ciclo, e che il caro Montezemolo trovi soluzioni nuove.
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