Nel mondo del business è sempre più frequente l’utilizzo di parole inglesi o anglicismi. Talvolta, le stesse parole, vengono “italianizzate”, creandone di fatto di nuove. Un fenomeno che, negli ultimi anni, è stato favorito dall’utilizzo sempre più massiccio dei social media, spazio in cui proliferano nuove parole e trionfano le emoji . Per ogni termine che passa di moda, di solito c’è una valanga di nuove voci che attendono dietro le quinte per sostituirlo.
A fare luce sul fenomeno ci ha pensato un recente sondaggio condotto da Preply.com, piattaforma globale per l’apprendimento delle lingue che, entrando nel vivo del mondo aziendale ha messo in luce quali sono le “parole” più odiate da chi lavora in ufficio.
Ci sono poi una serie di parole ed espressioni, molto frequenti, che chi lavora in ufficio è stanco di sentire. Prime fra tutte, “Fare una call” e “Bookare”: il 40% e 38% degli intervistati rispettivamente, ha trovato queste frasi fastidiosa.
A contendersi il secondo posto sono stati: “Impruvare” e “Shareare“, con il 33%. Mentre il bronzo va l’abbreviazione Asap con il 25%.
Seguono a ruota il positioning (22%), il brainstorming (20%), Loggarsi (19%), lo strat plan (19%), coffee break (18%).
Non solo anglicismi
A proposito di emoji, invece, i risultati del sondaggio hanno mostrato che i noti ideogrammi gialli potrebbero presto diventare un ricordo del passato, almeno quando si tratta di comunicazioni aziendali e, in generale, nel contesto lavorativo.
E cosa ancor più sorprendente, tutte le generazioni sembrano essere d’accordo in proposito.
- Il 66% degli intervistati ritiene che l’uso delle emoji nelle comunicazioni aziendali siano inappropriate.
- Il 67% degli intervistati pensa che le emoticon abbiano svilito o, comunque, reso eccessivamente informale le comunicazione di lavoro.
- Il 30% degli intervistati ritiene che 3 sia il limite assoluto accettabile di emoji consecutive.