Si è concluso con un nulla di fatto, almeno per il momento, la fusione tra Fca e Renault. E mentre continuano a trascinarsi polemiche e varie dichiarazioni, negli Usa invece gli accordi si fanno.
L’ultimo in ordine temporale ha visto la nascita di un vero e proprio colosso della difesa e dell’aerospazio americano grazie alla fusione tra United Technologies con la Raytheon, leader negli armamenti, dando vita a un gruppo da 166 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato.
A bene vedere quindi gli accordi di fusione sono in piena espansione negli Stati Uniti mentre si trovano ad un punto morto in Europa. Il problema è che le transazioni stanno diventando sempre più difficili ovunque, per colpa del protezionismo e quando si annuncia un’acquisizione, ci sono più “no” che “sì”. Soprattutto in Europa.
A parlare i numeri. Come riporta Bloomberg, le cinque più grandi transazioni annunciate negli Stati Uniti finora quest’anno sono state valutate a circa 313 miliardi di dollari. In Europa, invece le prime 10 operazioni ancora in vita valgono solo un decimo di quella cifra.
Se a influenzare negativamente gli animi è il protezionismo, anche le autorità ci mettono del loro. Bsti pensare al no alla fusione arrivato dall’Antitrust Ue tra Siemens e Alstom. Tutti gli accordi di acquisizione sono oggi sotto l’occhio attento dei regolari e se una proposta di transazione non viene sigillata non appena annunciata, il percorso verso l’accordo e il suo completamento è molto più tortuoso.
L’affaire Fiat-Renault si è bloccato dopo che il governo francese ha iniziato a fare rumore quando i colloqui sono diventati pubblici. Così il governo di Berlino ha sostenuto i colloqui tra Deutsche Bank e Commerzbank ma dopo una reazione inizialmente positiva del mercato, la crescente opposizione dei sindacati ha contribuito ad affossare le trattative.