Come ampiamente previsto dal mercato, la Federal Reserve ha alzato ieri i tassi di interesse, che sono tornati sopra il 2% per la prima volta dal 2008 dopo i tre giri di vite del 2017, e ha aperto alla possibilità di aumentarli ancora nel corso dell’anno e nei prossimi. L’aumento di un quarto di punto ha portato il costo del denaro in una forchetta fra il 2,00% e il 2,25%.
Una decisione data per scontata dagli analisti, alla luce dell’accelerazione della crescita e dell’inflazione, che alimenta le polemiche con dell’istituto di politica monetaria con il presidente americano, Donald Trump, che ha ribadito di non essere contento della decisione della banca centrale americana
“Sfortunatamente hanno alzato i tassi. Non ne sono contento. Sembra che gli piaccia alzare i tassi ma li hanno alzati perché stiamo andando bene, molto meglio di quanto mi aspettassi”.
Critiche a cui il numero uno della Fed Jerome Powell ha risposto secco durante la conferenza stampa successiva alla riunione del Fomc:
”Il congresso ci ha dato un importante compito. Non prendiamo in considerazione fattori politici”.
Ma torniamo alla Fed. Guardando alle previsioni future, le tabelle allegate al documento finale del Fomc, indicano quattro rialzi nel 2018, in linea con le stime precedenti, tre nel 2019 e una sola nel 2020. In particolare, la Fed prevede che i tassi si attesteranno a un valore mediano del 2,4% a fine 2018 (a giugno aveva ipotizzato il 2,4%), per poi salire al 3,1% a fine 2019, come anticipato a giugno (questo implica altri tre rialzi l’anno prossimo).
Saliranno ancora al 3,4% a fine 2020 (come stimato a giugno) e al 3,4% alla fine del 2021. Come si legge nelle tabelle, la ‘central tendency’, che esclude le tre proiezioni piu’ alte e le tre piu’ basse, e’ per tassi tra il 2,1 e il 2,4% nel 2018 e tra il 2,9 e il 3,4% nel 2019 e tra il 3,1 e il 3,6% nel 2020. La Fed comunque intende procedere con i rialzi dei tassi in maniera “graduale”.
Guardando avanti, l’incognita restano i dazi e una guerra commerciale fra Stati Uniti e Cina, con il suo potenziale effetto sulla ripresa e sull’inflazione. ‘
‘Al momento la Fed non vede effetti sull’economia dalla politica commerciale. Ma dazi diffusi nel lungo termine possono essere negativi per gli Stati Uniti” mette in guardia Jerome Powell, inviando indirettamente un messaggio al presidente americano.
Powell torna poi a dipingere il positivo quadro dell’economia, senza però nascondere che difficoltà continuano a esistere.
‘‘L’economia americana è forte, la disoccupazione è bassa e i salari sono in aumento. Tutti questi sono segnali buoni, ma questo non significa che tutto è perfetto: non tutti gli americani godono infatti dei benefici”.
Infine, sulla rimozione dal comunicato finale della parola ”accomodante” per descrivere la politica monetaria non indica che la Fed – spiega Powell – intende accelerare nei rialzi:
”se l’economia dovesse rallentare” improvvisamente, aggiunge, ”tassi più bassi sono garantiti”.