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Fed e la fine del Qe. Credit Suisse: effetti su volatilità, Wall Street e Treasuries

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NEW YORK (WSI) – Dal Report di Credit Suisse, intervista a Joe Prendergast, Head of Financial Markets Analysis (responsabile analisi mercati finanziari).

Il «tapering» della Fed nell’ambito del suo programma di quantitative easing è a buon punto. Dal suo primo annuncio il 18 dicembre 2013, la banca centrale ha ridotto i suoi acquisti mensili di asset di 10 mia. di USD a ogni riunione del FOMC. Di questo passo, il QE3, il programma di acquisto di asset «indeterminato» della Fed, terminerà entro la fine di quest’anno. In quest’articolo poniamo una serie di domande su questo processo e valutiamo ciò che esso potrebbe significare per i mercati finanziari.

Perché il tapering?

I primi due programmi di QE della Fed sono terminati in base a una scaletta predefinita. L’idea del tapering rispetto a un’uscita dal QE3 potrebbe derivare dalla volontà di ridurre il potenziale shock sui mercati alla fine del processo. Il grafico riportato mostra l’indicatore VIX relativo alla volatilità dello S&P 500, un indice generalmente impiegato per valutare l’avversione al rischio, e gli interventi di QE vengono evidenziati sul grafico. [ARTICLEIMAGE]

Le figure mostrano che, di norma, la volatilità è calata nel corso degli interventi di QE, ma è tornata a salire poco dopo. La storia ci dirà se queste fasi furono dovute a determinati eventi in Europa e altrove. Però la tempistica di queste solide reazioni dei mercati rispetto a problemi presenti già da molto tempo coincide ampiamente con la fine degli interventi di QE. Mentre è limitato il numero di esperienze con cicli monetari non convenzionali, la scelta del FOMC di porre termine al QE3 tramite un processo (flessibile) di tapering, piuttosto che con una brusca interruzione degli acquisti di grandi volumi di obbligazioni, potrebbe essere stata certamente influenzata da tali esperienze.

Pertanto ciò significa che dovremmo essere preoccupati in riferimento alla fine del tapering?

Sì, ma probabilmente meno di quanto ci suggerisca l’esperienza su base storica. La Fed non procederà più all’acquisto di grandi volumi di asset, e così verrà meno l’effetto di sostituzione diretta che spinge gli investitori privati verso altri asset più rischiosi. Ma, dal momento che la forward guidance per i tassi d’interesse ha effettivamente sostituito il QE quale strumento favorito per ottenere la reflazione, le prospettive per i mercati potrebbero essere decisamente meno vulnerabili alla fine del QE3. Ciò nella misura in cui la traiettoria della politica monetaria si mantenesse in prossimità dello zero per il prossimo anno, o anche oltre. Sussiste altresì una ridotta offerta di obbligazioni da parte del Tesoro, grazie al minor deficit di bilancio, il che dovrebbe ridimensionare l’indigestione dei mercati a seguito dello spostamento dell’equilibrio della domanda/offerta per via del tapering. Nel 2014, un’improvvisa revisione della traiettoria dei tassi d’interesse rappresenterebbe un rischio di gran lunga maggiore per gli asset rischiosi rispetto alla fine del programma di acquisto degli asset.

Tuttavia non abbiamo assistito a una significativa correzione dei mercati azionari dall’avvio del QE3 – la sua fine non potrebbe essere un fattore di spinta?

Sì, potrebbe esserlo. L’impiego del tapering dovrebbe significare che l’adeguamento del mercato sarà verosimilmente graduale. Tuttavia è sempre più probabile che si farà sentire mentre il tapering procede. Ciò potrebbe essere vero in particolare sui mercati creditizi, su cui sono presenti segnali di surriscaldamento sul tratto più debole dello spettro creditizio. Dal grafico si evince che gli spread creditizi si sono ristretti significativamente durante tutti gli interventi precedenti di QE, per poi inizialmente ampliarsi in un secondo momento. [ARTICLEIMAGE]

Un andamento analogo è probabile a fronte del proseguimento del tapering da parte della Fed, e perlomeno è verosimile un certo ampliamento degli spread creditizi con l’ingresso nell’anno prossimo. Anche le azioni potrebbero registrare delle correzioni (e la volatilità crescere) verso la fine del programma di QE, senza però evidenziare, a nostro giudizio, un’inversione di tendenza, a meno che le valutazioni non siano nettamente più care rispetto a
oggi e/o la traiettoria dei tassi d’interesse non venga nettamente rivista al rialzo.

Perché i rendimenti dei Treasury calano dall’avvio del tapering da parte della Fed?

Potrebbe sembrare una cosa inaspettata, ma il quantitative easing – l’acquisto di larghi volumi di titoli del Tesoro USA da parte della Fed – di fatto ha rappresentato in generale un fattore ribassista per le obbligazioni benchmark (v. il grafico relativo al rendimento USA a 10 anni). Di contro, la fine dei due precedenti interventi di quantitative easing ha prodotto significativi rally dei Treasury. Considerando che i rendimenti a 10 anni sono calati da un livello prossimo al 3,0%, quando iniziò il tapering nel dicembre 2013, a indicativamente
il 2,5% di oggi, si potrebbe pensare che l’andamento sia in linea con quello storico. La flessione dei rendimenti può essere ascritta alla combinazione poco fortunata di un sentiment decisamente ribassista sui titoli di stato, a fronte della pressione del rallentamento dei dati economici a inizio 2014. Ma l’allineamento con l’andamento storico riflette altresì il giudizio che un’agevole transizione da un quadro monetario USA accomodante di tipo non
convenzionale sia ancora lungi dall’essere garantita.

Quindi i rendimenti dei Treasury continueranno a calare?

Non pensiamo, a meno di non entrare in uno scenario caratterizzato dall’assenza di crescita o da una recessione. Se lo scenario economico e di mercato procedesse nella stessa direzione di quanto avvenuto dopo il QE1 e il QE2, i rendimenti delle obbligazioni core, naturalmente, potrebbero mantenersi più a lungo su livelli più bassi. Ma, dagli attuali livelli dei rendimenti, dovremmo entrare in uno scenario molto più debole per giustificare un ritorno dei rendimenti a un livello inferiore al 2,3%, a fronte di un quadro caratterizzato
da una politica non convenzionale indeterminata. Ciò ha rappresentato la caratteristica principale del QE3 prima del tapering. Sebbene appaia altamente improbabile una nuova fase di QE, poiché l’efficacia di questa politica è stata messa in discussione a favore della forward guidance, il rischio equivalente oggi sarebbe uno scenario di «non uscita» della Fed o un significativo prolungamento della forward guidance di tassi pari a zero. Mentre la Fed procede con il tapering, riteniamo quindi che i mercati del reddito fisso siano ancora
a rischio dai livelli attuali, sia in termini di ampliamento degli spread che di rischio correlato alla duration.

Perché il mercato non è preoccupato?

Può darsi che gli investitori si siano abituati a ignorare le cattive notizie
durante il QE3, ma i mercati non erano nemmeno preoccupati alla fine del QE1 e del QE2, come si evince dal nostro primo grafico relativo alla volatilità azionaria. L’apparente compiacenza è preoccupante in questo contesto. La volatilità implicita è eccezionalmente bassa.[ARTICLEIMAGE]