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Fed e Tesoro Usa, cosa avete in mente? L’interrogatorio del FT

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Roma – Se finora il silenzio delle massime autorità economiche degli Stati Uniti era “comprensibile”, con l’avvicinarsi della perentoria data del 2 agosto il Financial Times avverte che la mancanza di chiarezza sul come intendano muoversi nelle ipotesi peggiori sta contribuendo ad alimentare la tensione dei mercati.

Per questo il quotidiano finanziario britannico lancia una sua iniziativa pubblicando “cinque domande alla Federal Reserve e al Tesoro degli Stati Uniti”, su diversi aspetti critici su quale sarà il loro operato in caso di mancato accordo sul bilancio o di declassamento dei titoli di Stato americani.

Primo, “cosa potrebbe fare il governo degli Stati Uniti a sostegno dei fondi monetari se il debito americano subisse declassamenti di rating?”. Si tratta di fondi che controllano ampie quantità di Treasuries, e le cui eventuali difficoltà potrebbero avere “ricadute sistemiche” per tutta l’economia a stelle e strisce.

Seconda domanda, “se segmenti del mercato dovessero bloccarsi, le autorità Usa entreranno in gioco come operatori?”. Un quesito che sembra rivolto alla Fed, e alla possibilità che la banca centrale torni ad acquistare titoli di Stato Usa battendo moneta virtuale, come ha ripetutamente fatto fino a poco tempo fa per contribuire a superare le difficoltà economiche.

Terzo, “come intendono comportarsi i regolatori sui requisiti di patrimonializzazione delle banche se i bilanci di alcune istituzioni dovessero finire sotto pressione?”.

Quarto, “come risponderanno le autorità se lo status di ‘rischio zero’ del debito americano dovesse iniziare ad erodersi”.

Quinto ma non ultimo, “quali regole verrebbero applicate sulle priorità dei pagamenti dei vari tipi di interessi sui Treasuries, se dovesse prodursi un default tecnico?”.

Domande che il quotidiano avanza nell’edizione online, mentre il quadro del braccio di ferro sul bilancio si complica. Non solo si profila sempre più la prospettiva di un muro contro muro tra Casa Bianca e democratici, da una parte, e repubblicani dall’altra sulla necessità di alzare i limiti di legge al deficit federale, ma si è fatta perfino più concreta la possibilità di un ammutinamento delle frange più oltranziste in seno agli stessi repubblicani.

Tanto che ieri notte i leader repubblicani si sono visti costretti a rinviare la loro stessa proposta alla Camera, che peraltro i democratici avevano già promesso di abbattere al Senato, dove mantengono la maggioranza. Il tutto mentre il tempo stringe: in assenza di un accordo operativo per il 2 agosto, la prima economia globale si ritroverà impossibilitata a reperire tutti i finanziamenti necessari a coprire i suoi vari pagamenti.

Come se non bastasse un’altra doccia gelata è giunta oggi dai dati sul Pil: nel secondo trimestre la ripresa economica degli Stati Uniti ha segnato un anemico più 1,3 per cento su base annua in termini di Pil, e i dati sul primo trimestre sono stati drasticamente tagliati.