Economia

Fed, le attese di mercato e analisti sulla riunione di dicembre 2023

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L’inflazione negli Stati Uniti continua a scendere e il mercato del lavoro mostra i primi timidi segnali di rallentamento: le aspettative degli investitori sui tassi di interesse della Fed sono quindi radicalmente cambiate dall’ultima riunione della banca centrale americana. Ora i mercati stanno infatti anticipando i primi tagli dei tassi nel 2024: gli analisti di Ebury, ad esempio, evidenziano che i mercati dei futures scontano al momento una prima riduzione dei tassi americani a maggio e prevedono tagli per un totale di 110 punti base fino alla fine del 2024 (dai precedenti 65 punti base). Il FOMC che si apre oggi dovrebbe però lasciare invariati i tassi e limare al ribasso le attese di inflazione nell’aggiornamento delle previsioni macroeconomiche.

Ma gli analisti si aspettano che domani, alla fine della riunione del comitato della Fed responsabile della politica monetaria, Powell fornisca una serie di comunicazioni “da falco” rispetto alle aspettative del mercato, anche se probabilmente richiamerà alla pazienza e dirà ancora una volta che è troppo presto per dichiarare vittoria sull’inflazione. E aggiungerà che sarà necessario un periodo di crescita inferiore al trend e un raffreddamento del mercato del lavoro affinché la Banca Centrale possa esprimere fiducia nel raggiungimento del suo mandato.

L’aspetto più importante da monitorare nelle comunicazioni della Fed di questa settimana sarà il cosiddetto dot plot delle proiezioni sui tassi di interesse della Banca Centrale, così come sul PIL e l’inflazione. Nelle sue più recenti proiezioni sui tassi di interesse di settembre, il FOMC aveva alzato la sua visione sui tassi a lungo termine. I punti mediani per il 2024 e il 2025 erano stati aumentati al 5,1% e al 3,9% rispettivamente, indicando un allentamento della politica monetaria solo molto modesto nei prossimi dodici mesi. Sia l’inflazione al 2,5% che la crescita del PIL americano all’1,5% previsti dalla Federal Reserve a settembre per il 2024 dovrebbero essere soggette a un margine di ribasso.

Ma come mai gli operatori si sono spinti in modo così aggressivo nell’ipotesi di tagli dei tassi nonostante sia Fed che BCE abbiamo insistito sulla cautela, richiamando anche alla mente l’esperienza negativa degli anni ’70 (quando l’inflazione che sembrava domata si risvegliò toccando un picco superiore al precedente)?

Lo spiega Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte:

“Innanzitutto, va ricordato che gli operatori sono ancora scottati dall’errore precedente, quando le Banche Centrali definirono temporanea l’inflazione, salvo poi cambiare rotta, Fed in primis.
Una parte della spiegazione risiede poi nei dati macroeconomici USA di novembre, che hanno mediamente fotografato un rallentamento, sebbene in modo non univoco, soprattutto con riferimento ai dati sul mercato del lavoro talvolta contrastanti. Il Surprise Index di Citigroup per gli USA (che monitora quanto i dati sono risultati migliori/peggiori delle attese) si è posizionato al minimo dallo scorso maggio.
A ben vendere, la spiegazione più forte potrebbe però risiedere nel duplice ragionamento che mette insieme i fautori del soft/hard landing: i primi vedono nel calo dell’inflazione il motivo principale dell’inversione della politica monetaria, in un contesto in cui l’economia semplicemente rallenta senza però arrivare a calare; i secondi percepiscono lo spostamento di fatto del focus delle Banche Centrali, che non mirano più a domare l’inflazione, alla luce degli ultimi dati che ne segnalano il trend calante, quanto piuttosto a pilotare un “atterraggio morbido”. Per conciliare il soft landing con la normalizzazione del bilancio e la graduale riduzione della liquidità in circolazione, occorrerà agire sulla leva dei tassi riducendoli in modo sostanzioso. In entrambi i casi, si arriva in prospettiva ad una riduzione dei tassi, più accentuata se si sposa il ragionamento dei fautori dell’hard landing.
Un ragionamento analogo può valere anche nel caso della BCE, alla luce della sorpresa di fine anno: una Germania in difficoltà sul fronte della legge di bilancio, al punto da ricorrere all’esercizio provvisorio, stretta nel dilemma tra investire ed indebitarsi per ristrutturare l’economia o rimanere fedele al rigore di bilancio, ma tagliare drasticamente spesa ed investimenti”.