Economia

FED: maxi taglio da 50 pb difficile da replicare

Difficilmente il maxi taglio dei tassi di interesse da 50 punti base, deciso dalla FED lo scorso 18 settembre, si ripeterà. È quanto sottolineano gli analisti alla luce della minute dell’ultima riunione della banca centrale americana, che ha evidenziato una spaccatura interna sull’entità della sforbiciata con una fetta del FOMC più propensa ad una mossa più graduale.

La decisione dello scorso mese ha archiviato una fase di forti rialzi dei tassi d’interesse per combattere l’inflazione, la più aggressiva dagli anni ’80, per aprirne una di tagli, che secondo gli analisti potrebbe durare un paio d’anni. La Fed aveva iniziato i cicli di tagli con maxi riduzione da 50 punti base anche nel 2001, nel 2007 e nel 2020, a causa rispettivamente della bolla tech, della bolla dei mutui subprime e del Covid-19.

Che cosa emerge dalla minute

Entrando nel dettaglio delle minute, quello che emerge è che una “sostanziale maggioranza” dei partecipanti ha sostenuto l’abbassamento di 50 punti base al fine di sostenere la forza dell’economia e del mercato del lavoro.  Mentre “alcuni” partecipanti hanno osservato che avrebbero preferito una riduzione di 25 punti base perché in linea con un percorso graduale di normalizzazione delle politiche. Solo un membro del FOMC (Michelle Bowman) ha votato contro, ritenendo necessario un taglio da 25 punti base.

Secondo Gabriel Debach, market analyst di eToro, i verbali della Fed  “hanno evidenziato una certa resistenza interna al taglio da 50 punti base operato dalla Fed, con alcuni che avrebbero preferito un taglio più contenuto. Tra le ultime dichiarazioni da parte di rappresentanti della Fed, Logan (Fed di Dallas) ha espresso un parere favorevole a un ritmo più graduale di interventi, suggerendo che l’inflazione potrebbe richiedere più tempo per raggiungere il target del 2%. Collins (Fed di Boston) ha sottolineato la necessità di basare le decisioni sui dati in arrivo, confermando tuttavia il raffreddamento dell’economia rispetto ai mesi precedenti. Il vicepresidente Jefferson ha ribadito che, sebbene il mercato del lavoro si sia raffreddato, l’economia continua a crescere a un ritmo robusto e le decisioni della Fed continueranno a essere prese “riunione per riunione” in base agli sviluppi economici”. 

Ricordiamo che, il taglio del 18 settembre, è stato il primo in quattro anni: in quell’occasione, il costo del denaro è sceso al 4,75%-5%.  Prima di allora, i tassi d’interesse erano stati abbassati allo 0-0,25%, nel marzo del 2020, per tentare di ridurre gli effetti negativi della pandemia di coronavirus sull’economia. Dal marzo 2022, si sono susseguiti 11 rialzi dei tassi in 16 mesi, fino a raggiungere il livello più alto dal 2001. Successivamente, sono stati mantenuti al 5,25%-5,50% per 14 mesi.

Le prossime mosse

Per quanto riguarda la Fed, dopo il taglio di 50 punti base nell’ultima riunione, il mercato si aspetta una riduzione complessiva di quasi -200 punti base entro la fine del 2025 al 2,9%. Per la Bce, invece, le aspettative sono per un taglio di -160 punti base entro la fine del 2025 all’1,8% con gli swap che scontano al 94% le probabilità di un taglio dei tassi di 25 pb da parte della BCE per la prossima riunione del 17 ottobre.

Come fa notare i Gabriel Debach, market analyst di eToro, anche la BCE, come la FED,  si trova in una fase delicata di ridefinizione della propria politica monetaria. Villeroy ha lasciato intendere che nuovi tagli dei tassi sono “molto probabili” nel breve periodo, ma ha precisato che la loro frequenza dipenderà dall’andamento dell’inflazione.