Come nelle previsioni, la Federal Reserve conferma il livello dei tassi di interesse in una forchetta fra il 5,25% e il 5,50%, ai massimi da oltre due decenni. È quanto ha deciso nell’ultimo meeting di luglio, terminato ieri. A questo punto, i riflettori sono tutti puntati su settembre, nell’ultima riunione prima delle elezioni americane, quando la stessa banca centrale Usa non esclude un possibile taglio.
Cosa è emerso dal meeting di luglio
Senza impegnarsi in via definitiva, la banca centrale Usa ha ieri verificato ulteriori progressi sull’inflazione e allo stesso tempo ha messo l’accento sulla continua forza del mercato del lavoro, dove il tasso di disoccupazione è salito ma “resta basso”.
“Siamo attenti ai rischi” sia sul fronte dei prezzi sia sul lavoro, ovvero su ambedue gli obiettivi del suo doppio mandato, la massima occupazione da un lato e la stabilità dei prezzi dall’altro.
Per un taglio dei tassi – ha tuttavia fatto notare nel comunicato diffuso al termine della due giorni di riunione la banca centrale Usa – serve una “maggiore fiducia” su un calo sostenibile dell’inflazione verso l’obiettivo del 2%.
Il dilemma di settembre
Lasciandosi le mani libere sulle sue prossime mosse, il governatore, Jerome Powell ha spiegato che “non c’è nulla di deciso” su quando ci sarà un taglio, precisando comunque che una riduzione del costo del denaro è “più vicina” e settembre “potrebbe essere sul tavolo”.
La riunione del 17-18 settembre è l’ultima chance per agire prima del voto americano. Pur avendo più volte ribadito l’indipendenza dalla politica, la Fed è consapevole che un taglio in settembre la esporrebbe a una valanga di critiche vista la vicinanza alle elezioni presidenziali. Una riduzione, in grado di spingere i mercati azionari e l’economia, offrirebbe ai repubblicani e soprattutto a Donald Trump l’occasione di puntare il dito contro una banca centrale politicizzata che vuole aiutare i democratici, anche se a nominare Powell alla guida dell’istituto è stato proprio l’ex presidente.
I riflettori sono ora puntati sul consueto appuntamento di Jackson Hole alla fine di agosto, quando Powell dovrebbe indicare chiaramente le intenzioni della banca centrale.
Cosa dicono gli analisti
Gli analisti sono divisi e al momento ritengono che ci siano il 50% di un taglio in settembre, ipotesi che consentirebbe alla Fed di ridurre il costo del denaro due volte quest’anno. Ma lo spettro del voto americano incombe sulle scelte della banca centrale.
Non solo. Tra gli analisti, c’è chi non esclude il pericolo recessione, come David Pascucci – Analista dei Mercati per XTB:
“Inflazione in calo e disoccupazione in aumento in un clima di tassi sui massimi, sono il mix perfetto per una recessione, il tutto riprendendo la famigerata Curva di Phillips. Su questi presupposti risulta importante citare il Sahm Recession Indicator, un indicatore sviluppato da Claudia Sahm, economista della Federal Reserve, che indica come il discostamento del tasso di disoccupazione dalla sua media per uno 0,5%, indica un periodo di recessione. Al momento questo indicatore si trova a 0,43%, in pratica siamo ad un passo dalla recessione, il livello attuale é pari al periodo della crisi dei mutui subprime. Insomma, il quadro si fa interessante ma a quanto pare la Fed è miope e non vuole affrontare la realtà di quanto sta succedendo.