ROMA (WSI) – Una cosa è certa, il ruolo di Detroit per la nuova Fiat-Chrysler è destinato ad essere centrale. E il futuro del Lingotto si giocherà molto sull’equilibrio tra Torino e gli Usa. Nella capitale americana dell’automobile è concentrato il know-how più avanzato del settore a livello mondiale.
Il mercato americano è quello trainante per tutti i produttori globali. E il quartier generale negli Stati Uniti, con quotazione a Wall Street, è preferito dai grandi investitori istituzionali.
Così la pensano gli esperti, sia dell’industria sia della finanza. E lo sa l’amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne, che già ora passa la grande maggioranza del suo tempo ad Aurburn Hills, il quartier generale di Chrysler vicino a Detroit. Il gruppo però ha precisato che il trasferimento negli States non è all’ordine del giorno.
Per ora le sue priorità sono il lancio dei nuovi modelli sul mercato americano, dove Chrysler ha messo a segno in aprile il 37mo mese consecutivo di aumento delle vendite, tornando vicino ai livelli del 2007; e le trattative con il fondo Veba (Voluntary employee beneficiary association) del sindacato del settore auto Uaw (United auto workers) sul «prezzo giusto» delle azioni su cui Fiat ha l’opzione d’acquisto.
Veba, che gestisce l’assistenza sanitaria dei lavoratori e che aveva ricevuto il 55% delle azioni Chrysler nell’accordo 2009 per l’uscita dell’azienda dalla bancarotta, ha il «dovere fiduciario» di ottenere il massimo possibile dalla vendita del pacchetto che ancora possiede (41,5%) a Fiat, che da parte sua ne ha bisogno per procedere alla fusione fra Torino e Detroit. La disputa è aperta davanti a un giudice del Delaware, sentenza attesa per luglio: sarà la base per chiudere l’operazione (vedi tabella).
Le attese e il mercato
Intanto le quotazioni di Fiat alla Borsa di Milano sono in forte rialzo (+27% nell’ultimo mese, +57% nei sei mesi), con gli investitori più fiduciosi.
«Da almeno un anno sostengo che il valore intrinseco di Fiat è molto superiore alle sue quotazioni – commenta Richard Hilgert, analista di Morningstar -. Calcolando la somma delle parti, cioè le auto Fiat più Chrysler, Maserati, Ferrari, Magneti Marelli, Teksid e Comau, il valore corretto di un’azione Fiat secondo me è 14 euro, quasi il triplo di oggi (5,3 euro). Gli investitori sono preoccupati per i debiti, i limiti all’utilizzo dei flussi di liquidità di Chrysler e l’anemica domanda di auto in Europa, ma non capiscono che i risultati delle operazioni in Brasile e quelli di Ferrari, Maserati e delle altre aziende del gruppo superano le perdite dell’auto in Europa; e che l’integrazione fra Chrysler e Fiat, già oggi positiva, porterà altre sinergie e risparmi. Gli azionisti che hanno il fegato di sopportare gli alti rischi del rilancio Fiat-Chrysler e la pazienza di aspettare saranno premiati. Quanto? Bisogna vedere come sarà ristrutturato il capitale della nuova entità dopo la fusione, con il rifinanziamento di parte dei debiti».
Il mercato europeo ha dato segni di risveglio il mese scorso, con un aumento delle vendite dell’1,8%, mentre per Fiat è continuato il calo (-9,8% sul 2012) ed è quindi sempre più rilevante l’apporto di Chrysler. Ma non è l’unico produttore a contare sull’America.
«Il mercato americano negli ultimi tre anni ha trainato fatturato e profitti di tutti i produttori mondiali di auto: l’aumento assoluto (non percentuale) delle vendite nel 2012 infatti è stato maggiore che in Cina, diventato nel 2009 il Paese numero uno – sottolinea Stefano Aversa, managing director e co-presidente di AlixPartners -. Il fatturato dell’auto in America è tornato al 90% dai livelli pre-crisi del 2007, grazie all’andamento positivo demografico e al rinnovo del parco macchine, che ha un’anzianità media (dieci anni) superiore a quella europea. Anche per Fiat-Chrysler la maggior parte del fatturato e soprattutto degli utili continuerà a venire dal Nord America, con l’Europa e il Sud America al secondo e terzo posto e l’Asia per ora ininfluente. Ma non credo che il centro di potere della nuova entità dopo la fusione sarà concentrato a Detroit, mi immagino più poli nel mondo, secondo una strategia che vedrà molte funzioni e tutte le piattaforme dei modelli integrate globalmente».
Il quartier generale
Convinto invece che Marchionne sceglierà Detroit per il quartier generale della nuova Fiat è David Cole, presidente della società di ricerca Auto harvest presso la University of Michigan: «Mi sorprenderei se non lo facesse, perché qui c’è la leadership mondiale dell’industria dell’auto. Attorno a Detroit non solo hanno sede General Motors, Ford e Chrysler, ma hanno i centri tecnologici le asiatiche Honda, Nissan e Toyota. Microsoft, Intel, Google hanno un’importante presenta legata al settore ed è qui che operano 350 fornitori e si svolge il 70% della ricerca e sviluppo del settore. Insomma questo è il centro intellettuale del mondo dell’auto. Avere qui il cervello permette di interagire con chi conta e di collaborare a progetti comuni secondo il nuovo modello coo-petition: in una parte del mondo si coopera, in altre si compete».
Copyright © Corriere della Sera. All rights reserved