Fiat, enorme tensione, il 62% di si’ e’ un flop. Marchionne: “lavoreremo con chi ha firmato”
Il sì vince ma non sfonda al referendum tra gli operai dello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco: il 62,2% dei lavoratori ha dato il consenso all’intesa siglata lo scorso 15 giugno tra la Fiat e la sigle sindacali, eccetto la Fiom. Ma non c’è stato alcun plebiscito, come sottolineano i metalmeccanici della Cgil da sempre contrari. E ora sia la Fiat che la fabbrica campana devono fare i conti con il peso che sull’immediato futuro avrà quel 36% raggiunto dal fronte del no. Anche se al momento viene manifestata sì disponibilità, ma solo a discutere con i sindacati favorevoli all’accordo, non con i contrari: “L’azienda lavorerà con le parti sindacali che si sono assunte la responsabilità dell’accordo al fine di individuare ed attuare insieme le condizioni di governabilità necessarie per la realizzazione di progetti futuri”, ha comunicato la Fiat a metà giornata, a commento dei risultati del referendum su Pomigliano.
Un segnale distensivo, che sembrerebbe scongiurare la paventata possibilità di voler rimettere in discussione il trasferimento della Panda dalla Polonia allo stabilimento campano. A Torino si è parlato di un Marchionne in sede dalle prime ore e particolarmente irritato, con la certezza che il livello dei “no”, come aveva più volte paventato, rischi di rendere l’intesa in fabbrica ingestibile. La tentazione di non trasferire la produzione della Panda, dicono, è sempre più forte, mentre a Pomigliano verrebbero spostate produzioni più deboli. In particolare, diversi sindacalisti fanno notare che nel comunicato della Fiat sull’esito del referendum a Pomigliano non si parla specificamente del progetto per la Futura Panda, che non viene citata, ma più genericamente della “realizzazione di progetti futuri”. E quindi tra le ipotesi che l’azienda continua a valutare c’è quella di una newco, che riassumerebbe con un nuovo contratto i singoli lavoratori disponibili ad accettare le condizioni poste dall’accordo, a questo punto magari per produrre altri modelli, che richiederebbero una diversa organizzazione del lavoro. Un’ipotesi questa che non piace ai sindacati perchè comporterebbe un ridimensionamento della forza lavoro attuale di Pomigliano.
Quello che il comunicato della Fiat afferma decisamente a chiare lettere è l’intento di non cedere neanche di un millimetro alle richieste della Fiom, con la quale non intende trattare in alcun modo: “La Fiat ha preso atto della impossibilità di trovare condivisione da parte di chi sta ostacolando, con argomentazioni dal nostro punto di vista pretestuose, il piano per il rilancio di Pomigliano”.
Un giudizio altrettanto duro nei confronti della Fiom viene espresso dalla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia: “Supportiamo e apprezziamo la
posizione della Fiat e siamo soddisfatti che decida di andare avanti con i lavoratori e i sindacati che condividono quelle scelte. Ribadiamo ancora una volta che c’è un sindacato che non comprende le sfide che abbiamo davanti”.
Al contrario, la Fiom manifesta la propria ampia disponibilità ad aprire una trattativa con l’azienda. “La Fiat si renda disponibile a riaprire la trattativa partendo però dal contratto nazionale. Noi siamo disponibili”, afferma in una conferenza stampa convocata a metà giornata il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini.
L’allarme successivo alla diffusione dei risultati dei refendum era stato talmente forte oggi da aver in meno di un’ora, in tarda mattinata, fatto salire i toni di uno dei maggiori sostenitori dell’intesa, il segretario della Cisl. Prima Bonanni esordisce con un “Ora niente scherzi”, rivolto alla Fiat, che si trasforma velocemente in un “se l’intesa viene revocata lotteremo con la stessa forza con cui l’abbiamo sostenuta”. Parole durissime di fronte alle quali vale a poco la rassicurazione del ministro Sacconi: “I patti saranno rispettati”. Secco il commento di Bersani: “Adesso bisogna che la Fiat proceda senza tentennamenti, senza se e senza ma, e ribadisca l’investimento. Poi con calma, nei prossimi mesi, si trovi un modo di comprendersi meglio”.
Il fronte sindacale. La Fim e la Uilm da un lato si dicono soddisfatte del successo ottenuto, dall’altro chiedono alla Fiat di ratificare presto l’accordo e, quindi, di tener fede agli impegni. Saranno quindi giorni altrettanto decisivi quelli che seguiranno al referendum di ieri.
Il sindacato più critico all’accordo, la Fiom, anche stanotte ha ribadito il suo no all’intesa, ma secondo quanto sottolineato dal segretario della federazione napoletana, Massimo Brancato, “se la Fiat apre una trattativa e si predispone ad una mediazione che rispetti la costituzione, le leggi dello stato e il contratto, ci sediamo a un tavolo e siamo disponibili a fare un negoziato”. Concetto ribadito da Susanna Camusso, che in ottobre succederà ad Epifani: “Si riapra il confronto. La partecipazione al voto era prevedibile come la prevalenza del sì. Chiediamo a Fiat di avviare l’investimento e la produzione della nuova Panda a Pomigliano e di riaprire la trattativa per una trattativa condivisa da tutti”. E anche stamane dal segretario generale della Fiom Landini: “La Fiom vuole che l’investimento nello stabilimento venga fatto e che i problemi si risolvano immediatamente. Non vogliamo perdere tempo. I lavoratori vogliono l’investimento ma vogliono anche il rispetto dei propri diritti”.
Il ministro del Lavoro. Sacconi afferma di non voler neanche prendere in considerazione l’ipotesi che la Fiat decida di chiudere lo stabilimento di Pomigliano per mancanza della maggioranza sperata dei sì all’accordo. E ne sottolinea la portata: “Il fatto che il 62% si pronuncia a favore è un dato molto importante, che sarebbe assurdo sminuire perché anche solo il 51%, sarebbe comunque una vittoria”.
Secondo il ministro l’accordo non è una sconfitta della Fiom, ma una vittoria del futuro dello stabilimento di Pomigliano. “Bisogna attuare accordi e verificare anche con coloro che non hanno firmato l’adesione a quel modello e io sono sicuro che nessuna organizzazione voglia sabotare il modulo di lavoro che l’unico può attrarre gli investimenti sulla Panda”, ha concluso Sacconi. Un’indicazione che sembra andare in direzione opposta a quella annunciata dalla Fiat, che annuncia il dialogo solo con i sindacati del sì. Il ministro sottolinea inoltre come l’accordo di Pomigliano possa essere un modello non di per se stesso, ma perché valorizza il peso del contratto aziendale: “Solo l’azienda è il luogo dove le parti possono trovare l’accordo”.