Società

Fiat: mistero svelato, 20 miliardi cash nei conti

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MILANO (WSI) – Stando alle ultime indiscrezioni stampa il giallo sulla posizione cash di Fiat pare risolto. Il lungo braccio di ferro tra la casa torinese e la Consob sulla consistenza reale della liquidita’ del gruppo torinese si e’ concluso. Gli analisti avevano chiesto chiarezza. L’hanno ottenuta, ma solo in parte. E non grazie ai comunicati dell’azienda torinese.

Secondo quanto rivelato da Milano Finanza, “Nei conti correnti della casa automibilistica, che sta per sposarsi definitivamente con Chrysler, ci sono effettivamente 20 miliardi di euro, come da bilancio”.

Ora resta da risolvere il nodo Chrysler: una decina di miliardi sono infatti da riferire alla casa di Detroit. Ma le casse di Auburn Hills non saranno accessibili al Lingotto fino a quando la quota di Fiat non raggiungera’ l’80% del gruppo americano, del quale continua a detenere il 58,5%. Al fondo sanitario dei dipendenti, Veba, fa capo invece il 41,5%.

Fiat continua a sostenere di “avere liquidita’ piu’ che sufficiente” per acquistare la partecipazione rimanente di Chrysler. Lo ha fatto sapere tre giorni fa l’AD Sergio Marchionne, a margine del salone dell’auto di Detroit.

Ma se questo e’ vero, come sembra, perche’ allora i miliardi di cash liquido su cui siede il gruppo non vengono impiegati, per lo meno in parte, per abbattere il debito, invece di chiedere finanziamenti tramite bond ad un tasso reale di oltre il 6% (a volte vicino al 7%)? I tanti risparmiatori e soci azionisti meritano una risposta.

La notizia di oggi sulla liquidita’, che MF-Milano Finanza e’ in grado di rivelare, ma che per la verita’ era gia’ nell’aria dopo la scelta di quotare la newco Fiat Industrial a Milano, e’ l’esito della lunga indagine che per prassi gli uffici di Giuseppe Vegas hanno avviato lo scorso settembre.

Una prassi che ha fatto pero’ molto rumore e di cui si attendeva da tempo l’esito.

Una volta accesso il faro dell’autorita’ di controllo dei mercati italiani, gli analisti avevano incominciato a farsi non poche domande. “Il caso Parmalat – diceva un operatore a Il Giornale – insegna che quando si guarda al debito netto (5,5 miliardi di euro in questo caso) e’ necessario verificare da dove scaturisce.

Marchionne deve ancora rispondere ad alcune domande sulla consistenza della base in contanti: in quanto tempo e’ in grado di accedere in caso di necessita’, a quanto ammontano i depositi sui conti correnti, quanto e’ stato dirottato in titoli ?pronti contro termine? o in obbligazioni con rating a tripla A?, si chiedono da ottobre dalle sale operative.

I mercati esigono ancora una risposta.

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Come ricostruisce l’agenzia Dow Jones, la querelle sulla reale consistenza della cassa della Fiat era iniziata dopo l’annuncio del suo AD, Sergio Marchionne, della messa in soffitta del piano Fabbrica Italia. In quei giorni, gia’ abbastanza caldi per il governo Monti, ne scaturi’ prima un putiferio con i sindacati e i partiti e poi un tavolo di confronto a Palazzo Chigi e al ministero dello Sviluppo Economico.

L’esecutivo voleva infatti conoscere le reali intenzioni della famiglia Agnelli e di John Elkann assieme all’uomo dal maglione nero sulla sua presenza in Italia. Quella partita si era chiusa sostanzialmente in parita’ con le nuove rassicurazioni del Lingotto, ma la Consob era andata avanti per la sua strada.

Circa l’acquisizione della quota di Veba nella casa automobilistica Usa, il manager di origini canadesi ha fatto sapere che potrebbe avvenire prima della sua quotazione.

Il fondo “Veba non resterà azionista di Chrysler a lungo e non dovrebbe rimanerlo, ma loro devono fare il loro lavoro e vogliono monetizzare”. Così l’amministratore delegato si è espresso sul contenzioso con il sindacato UAW che tramite Veba controlla il 41,5% di Chrysler. Poi spiega che “l’Ipo di Chrysler è tecnicamente fattibile in nove mesi”. (Dow Jones Newswires)