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(WSI) – Tempi tribolati e faticosi per l´Alta Finanza milanese (nella quale va compreso ormai anche Cesare Geronzi, per via della sua presidenza in Mediobanca). Dopo mesi di laboriose trattative intorno al vertice Telecom (che alla fine è andato in porto, sia pure fra contrasti evidenti e pubblici, insomma non con soddisfazione generale) adesso dietro l´angolo ci sono altre partite di non poco peso. E data l´aria che tira, e la consistenza delle questioni aperte, tutto lascia immaginare l´inizio di una stagione non proprio facile.
Tutti negano, ma si fanno sempre più chiari i segnali di una prossima “questione Generali”. In che cosa consista è abbastanza chiaro. Qualche mese fa l´hedge fund Algebris, titolare di una piccola quota di Generali, è partito all´attacco dicendo che il vertice costa troppo e che rende poco. Un po´ tutto il club dell´Alta Finanza ha subito esibito la faccia sdegnata: “Ma chi è questo qui, che cosa vuole, di che si occupa, pensi piuttosto agli affari suoi”. In realtà, sono in molti, anche dentro l´Alta Finanza, a pensare che i ragazzi dispettosi di Algebris non hanno sparato fucilate in aria. E qui le opinioni si dividono. Una parte ritiene che Antoine Bernheim, l´attuale presidente, potrebbe anche ritenersi soddisfatto di tutta la carriera fatta (alla sua età, 82 anni) e che potrebbe quindi anche ritirarsi senza disonore, con una motivazione nobile.
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Tra l´altro ha appena ricevuto la Legion d´Onore massima dal presidente Sarkozy (suo ottimo amico e sponsor). Altri invece pensano che Bernheim potrebbe anche stare dove si trova fin che gli pare. Quelli da far fuori sono i due amministratori delegati che stanno sotto di lui. Una terza corrente, infine, pensa che tutto questo sia molto barocco e che meglio sarebbe mandare a casa tutti e insediare un presidente giovane e forte, in grado di gestire la compagnia con mano ferma e rapida. E qui si sa che i candidati sono almeno due o tre, ognuno con i propri sponsor (molto potenti). E tutti premono perché la pentola Generali venga finalmente scoperchiata.
Solo che fino a quando si tratta di opinioni si fa presto a parlare, ma i fatti sono un´altra cosa. Le Generali sono (insieme a Mediobanca, che ne è il maggior azionista) un crocevia da dove passa quasi tutto (è azionista importante persino di Telecom) e quindi tutti hanno qualche interesse a volere un certo vertice piuttosto che un altro. Se ci sono voluti mesi per sistemare il vertice Telecom (che era una questione semplice, tutto sommato), per quello di Generali potrebbero volerci anni. Ma la questione esiste e dovrà essere affrontata. Non nel giro di anni, ma di molto meno perché c´è fretta. Da come va la partita Generali, poi si deciderà tutto il resto: Eni, Enel, Poste, ecc. Fra l´altro si dovrà anche capire se l´azionariato di Generali rimarrà quello attuale o se ci saranno cambiamenti.
La vicenda è resa ancora più spinosa dal fatto che anche in Mediobanca non tutto è così pacifico. L´attuale patto di sindacato scade nel 2009 e non si sa che cosa verrà al posto dell´equilibrio attuale (francesi & italiani). C´è persino qualche probabilità che i francesi decidano di non partecipare al rinnovo: anche loro (oggi va di moda) potrebbero scegliere di rimanere con le mani libere. Libere di vendere tutto (e incassare una montagna di soldi) o di partire all´attacco in forze. Si sa, però, che dentro l´Alta Finanza c´è una corrente che pensa di allargare quasi all´infinito il numero degli azionisti di Mediobanca in modo da creare una situazione in cui alla fine chi conta davvero è il management. Insomma, non proprio una public company, ma quasi, con 20-30 azionisti di media forza, al posto dei colossi attuali, che hanno quote intorno al 10 per cento.
Infine, sempre per rimanere nei campi dell´Alta Finanza sta maturando anche la questione Rcs, dove Unicredit (che già se ne andò una volta e che è rientrato grazie alla fusione con Capitalia) scuote la testa e sembra pronto a lasciare un´altra volta la società. E questo provoca un certo turbamento perché la Rcs-Corriere della Sera è una società “strategica” (il vero salotto buono di quelli che contano) e rimettere in sesto i suoi equilibri è sempre molto complesso e molto delicato.
Oggi è difficile, se non impossibile, capire come andrà a finire. Ma si sa che l´Alta Finanza, in un certo senso, non è contenta del proprio assetto. A Bazoli, presidente di Intesa, non piace che il suo maggior azionista sia Generali (che è controllato da Mediobanca, dove è forte Unicredit, suo maggior rivale). A Mediobanca non piace non essere abbastanza autonoma. A Unicredit, probabilmente, non piace essere finito invischiato in tutte queste storie che rischiano di fargli perdere di vista le possibilità di espansione all´estero. E a Generali, ovviamente, non piace essere trattata, sempre, come una bella ragazza che tutti vogliono portarsi a letto, ma senza che lei possa scegliere.
L´Alta Finanza milanese, che vista da fuori sembra un robusto castello medioevale con mura di tre metri, in realtà è una specie di labirinto nel quale è difficile orientarsi e in cui non è chiaro chi comanda. Una volta c´era Cuccia, oggi sono in tanti, ma nessuno ha quella stoffa.
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