Fini: «Se Tulliani è proprietario della casa, me ne vado». «Basta killeraggio mediatico»
(in aggiornamento) – Dopo una giornata di attesa e di rinvii, alle 19 scoccate da poco il sito FareFuturo ha messo on line il video nel quale Gianfranco Fini parla dell’affaire della casa di An a Montecarlo finita nella disponibilità di Giancarlo Tulliani. Un video di circa dieci minuti, nel quale Fini si occupa anche di altre questioni sul tavolo della politica. Intanto l’avvocato vicentino Renato Ellero, ex senatore leghista, afferma che la casa di Montecarlo appartiene a un suo cliente e non a Tulliani. Il presidente della Camera ha limato nel pomeriggio il discorso con il suo staff e l’ha poi registrato nella sede di Farefuturo.
Fini: forse ho commesso una leggerezza. Il presidente della Camera ha ripercorso nel video gli avvenimenti, dalla sua espulsione dal Pdl alla questione della casa di Montecarlo, definendo lo spettacolo dato ultimamente dalla politica “semplicemente deprimente”. «Forse ho commesso una leggerezza ma attendo le indagini con fiducia – ha detto Fini – Se Tulliani risultasse proprietario dell’appartamento lascerei la presidenza della Camera, ma non so chi è il vero proprietario».
«Come ho già avuto modo di chiarire, solo dopo la vendita ho saputo che in quella casa viveva il signor Giancarlo Tulliani – dice Fini – Il fatto mi ha provocato un’arrabbiatura colossale, anche se egli mi ha detto che pagava un regolare contratto d’affitto e che aveva sostenuto le spese di ristrutturazione. Non potevo certo costringerlo ad andarsene, ma certo gliel’ho chiesto e con toni tutt’altro che garbati. Spero lo faccia, se non fosse altro che per restituire un po’ di serenità alla mia famiglia».
I dubbi su Tulliani. «Certo anche io mi chiedo, e ne ho pieno diritto visto il putiferio che mi è stato scatenato addosso, chi è il vero proprietario della casa di Montecarlo? È Giancarlo Tulliani, come tanti pensano? Non lo so. Gliel’ho chiesto con insistenza: egli ha sempre negato con forza, pubblicamente e in privato. Restano i dubbi? Certamente, anche a me – dice il presidente della Camera – E se dovesse emergere con certezzache Tulliani è il proprietario e che la mia buona fede è stata tradita, non esiterei a lasciare la Presidenza della Camera. Non per personali responsabilità che non ci sono bensì perchè la mia etica pubblica me lo imporrebbe».
«La casa di Montecarlo appartenente ad An era in condizioni fatiscenti – prosegue Fini – Fu stimata 230 mila euro e venduta a 300 mila. Gli uffici del partito hanno considerato questa cifra adeguata». Nella vicenda «non c’è stato alcun reato, alcun sperpero di denaro pubblico, alcuna tangente, nè corruzione nè concussione».
Non uso società off shore per pagare meno tasse, come altri. «È stato scritto: ma perchè venderla ad una società off shore, cioè residente a Santa Lucia, un cosiddetto paradiso fiscale? Obiezione sensata, ma a Montecarlo le off shore sono la regola e non l’eccezione. E sia ben chiaro, personalmente non ho nè denaro, nè barche nè ville intestate a società off shore, a differenza di altri che hanno usato, e usano, queste società per meglio tutelare i loro patrimoni familiari o aziendali e per pagare meno tasse».
«Chi alimenta gioco al massacro si fermi pensando lo spettacolo che stiamo dando al Paese. Gli italiani si attendono che la legislatura continui per affrontare i problemi che sono tanti e per rendere migliore la loro vita. Mi auguro che tutti a partire dal presidente del Consiglio siano dello stesso avviso, se così non sarà gli italiani sapranno giudicare e per quel che mi riguarda io ho la coscienza a posto. Fermiamoci pensando al futuro del paese. Riprendiamo il confronto: duro, come è giusto che sia, ma civile e corretto. Così, con la politica ridotta ad una lotta senza esclusione di colpi, pur di eliminare l’avversario, si finisce per distruggere la democrazia, si mette a repentaglio il futuro della nostra libertà. Evidentemente a qualcuno dà fastidio che da destra si parli di cultura della legalità, di legge uguale per tutti, di garantismo che non può essere impunità, di riforma della giustizia per i cittadini e non per risolvere problemi personali».
«Di pagine oscure in questa vicenda ce ne sono state anche troppe – dice Fini nel suo videomessaggio – C’è stata una campagna di illazioni e calunnie condotta dai giornali di centrodestra. Un’affare privato è diventato un affare di Stato, un evento politico-mediatico, una campagna ossessiva per delegittimare la mia persona. È evidente che se fossi stato coinvolto in un bello scandalo mi sarebbe stato più difficile chiedere alla politica di darsi un codice etico e sarebbe stato più credibile chiedere le mie dimissioni.
Così deve averla pensata qualcuno, ad esempio chi auspicava il metodo Boffo nei miei confronti, oppure chi mi consigliava dalle colonne del giornale della famiglia Berlusconi di rientrare nei ranghi se non volevo che spuntasse qualche dossier – testuale – anche su di me, “perchè oggi tocca al Premier, domani potrebbe toccare al Presidente della Camera”. Profezia o minaccia? La libertà di informazione è il caposaldo di una società aperta e democratica. Ma proprio per questo, giornali e televisioni non possono diventare strumenti di parte, usati non per dare notizie e fornire commenti, ma per colpire a qualunque costo l’avversario politico. Quando si scivola su questa china, le notizie non sono più il fine ma il mezzo, il manganello. E quando le notizie non ci sono, le si inventano a proprio uso e consumo».
«Non penso ai nostri servizi di intelligence, la cui lealtà istituzionale e fuori discussione. Al pari della stima che nutro per il sottosegretario Gianni Letta e per il prefetto Gianni De Gennaro – afferma Fini -Penso alla trama da film giallo di terzo ordine che ha visto spuntare su siti dominicani la lettera di un ministro di Santa Lucia diffusa da un giornalista ecuadoregno e lanciata in Italia da un sito di gossip a seguito, pensate un po’, delle segnalazioni di attenti lettori. Penso a faccendieri professionisti a spasso nel centro America da settimane, a proposito chi le paga quelle spese?, per trovare la prova regina della mia presunta colpa. In 27 anni di Parlamento e 20 alla guida del mio partito non sono mai stato sfiorato da sospetti di illeciti e non ho mai ricevuto nemmeno un semplice avviso di garanzia. Credo di essere tra i pochi, forse l’unico viste le tante bufere giudiziare di questi anni».
Fini ironizza sulla lettera del ministro della Giustizia di Santa Lucia: «Penso alla lettera che riservatamente, salvo finire in mondovisione, il ministro della Giustizia di Santa Lucia ha scritto al suo premier, perchè preoccupato del buon nome del Paese e per la presenza di società off shore coinvolte non in traffici di armi, di droga e di valuta, ma coinvolte in una pericolosissima vendita di un piccolo appartamento a Montecarlo».
Questa mattina Fini aveva anticipato alcuni temi in un colloquio con Il Messaggero. «Stanno accadendo cose gravissime e molto preoccupanti che mettono a rischio l’intero sistema democratico. È un momento buio per la democrazia – ha detto il presidente della Camera – Quella che abbiamo davanti è una sfida all’ok Corral, un combattimento all’ultimo sangue, me ne rendo conto, ma non mi lascerò sconfiggere senza combattere. Anzi mi batterò con ancor più forza». Fini assicura di non aver «nulla da temere» e di sapere che la «storia» legata alla casa di Montecarlo è «tutta una montatura, un falso bello e buono». La magistratura «lo proverà, basta aspettare». L’ipotesi di rassegnare le dimissioni, se dovesse essere provato che l’intestatario della società off-shore a Santa Lucia è davvero il cognato, Giancarlo Tulliani, non esiste «perchè il fatto non sussiste».
Fini non è spaventato nemmeno da un’altra ipotesi, quella del voto anticipato: «Se si dovrà votare – dice – si voterà, ma la responsabilità non sarà certo del gruppo di Futuro e Libertà, semmai di chi ha costruito e alimentato questo clima avvelenato». Altre parole del presidente della Camera sono riportate oggi anche in un retroscena pubblicato su Repubblica: «Dico la verità – ha detto Fini – e non solo non ho commesso alcun reato, ma non ho nemmeno danneggiato nessuno. Il partito non ha perso nulla, ho la coscienza pulita di fronte alla nostra comunità politica. Se avessi voluto arricchirmi o danneggiare qualcuno, vi assicuro che ne avrei avuto la possibilità». «Posso aver commesso delle ingenuità procedurali – continua -, ci può essere stato qualche errore. Nel qual caso me ne scuso. Ma la verità dei fatti è che la casa non è di mio cognato». Poi l’allarme per il futuro e la ‘lezione politicà della vicenda: «Domani resterà una gigantesca operazione di killeraggio mediatico, preparata nei dettagli e portata a compimento con l’intenzione di uccidermi politicamente colpendo la mia famiglia».
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Resta alta la tensione tra Pdl e finiani, mentre non si placa lo scontro sui dossier tra i fedelissmi del presidente della Camera, Gianfranco Fini, e il premier, Silvio Berlusconi. E mentre Fini avverte che la legge è uguale per tutti, il leader della Lega, Umberto Bossi, afferma: sul presidente della Camera non ci si può contare.
Fini intanto annuncia che un video con la sua «verità» sarà disponibile on line domani, in tarda mattinata, sui siti di «Generazione Italia» e del «Secolo d’Italia». Nel messaggio il presidente della Camera fornirà le sue risposte a quella che giudica una vera e propria «campagna» contro di lui sulla
vicenda della casa di An a Montecarlo finita al cognato Giancarlo Tulliani. Il video messaggio, viene sempre riferito, toccherà anche altri temi di attualità politica.
«Se la legge è uguale per tutti non ci si può chiamare fuori se si appartiene al ceto politico. Si tratta di un comportamento che alimenta l’impressione, non sempre sbagliata, di fare figli e figliastri», ha detto oggi Fini parlando del tema della giustizia al Festival del Diritto di Piacenza. «Il presidente del Consiglio – ha detto – ha il diritto e il dovere di governare, quello che non può essere fatto è che per qualcuno si facciano interventi che penalizzino altri. Tutelare la funzione del presidente del Consiglio non è negativo, come interventi volti a garantire non l’annullamento, ma la sospensione dei processi».
«C’è una discussione in corso franca e senza infingimenti, vedremo come verrà presentata, le carte sono sul tavolo», ha poi spiegato Fini a chi gli chiedeva se sul tema della giustizia, con particolare riferimento alla posizione di Berlusconi, potesse esserci una nuova frattura nella maggioranza.
«Berlusconi e Fini ormai non si prendono più. Sui voti di Fini non ci si può più contare. Ma Berlusconi dice di avere i numeri», ha detto Bossi, interpellato a Montecitorio dai cronisti sulle ultime vicende legate alla casa di An a Montecarlo e sulla tenuta del governo. Il leader leghista ha ribadito che «Berlusconi dice di avere i numeri» per la tenuta del governo.
Lo scontro sui dossier. Dopo la smentita di ieri di Palazzo Chigi su un presunto ruolo dei servizi segreti nella vicenda dei dossier contro Fini, oggi è Niccolò Ghedini, parlamentare Pdl e avvocato di Berlusconi, a smentire un coinvolgimento del premier.
Ma il capogruppo di Futuro e libertà alla Camera, Italo Bocchino, che ieri aveva già puntato il dito sugli 007, ribadisce le accuse. Secondo Bocchino il documento che attribuisce la titolarità della società off-shore proprietaria della casa di An a Montecarlo al cognato del presidente della Camera Giancarlo Tulliani è un falso, confezionato da un uomo vicino al premier, Valter Lavitola, editore dell’Avanti. Quest’ultimo ha già smentito e annunciato querele.
«Il dossier è stato prodotto ad arte da una persona molto vicina a Berlusconi che ha girato per il Sudamerica, di cui al momento opportuno saprete il nome», ha affermato ieri Bocchino. Poi a Annozero ha aggiunto: «Valter Lavitola, direttore de L’Avanti, sarebbe uno degli uomini che ha lavorato a questa patacca per consegnarla al premier. È stato con Berlusconi nel recente viaggio in Centro e Sud America».
«Il problema ormai riguarda la democrazia in questo paese», ha detto oggi Bocchino all’agenzia Agi: «Non abbiamo alcun dubbio sui vertici dei servizi segreti, che sono straordinari, e sull’istituzione in quanto tale. Però è anche vero che c’è sempre stato qualche pezzetto deviato che fa il doppio lavoro. Qui qualcuno ci ha messo la manina. Abbiamo individuato qualche percorso».
Il documento sulla casa di Montecarlo resta “una patacca”, per Bocchino. «Abbiamo notizie certe su quello che è accaduto, quando sarà fatta chiarezza completa emergerà che se c’è un leader politico che fa un’operazione tutta politica, anche di dissenso, può accadere che venga sottoposto al linciaggio», ha insistito Bocchino. Secondo Bocchino, al momento di decidere le candidature «Berlusconi ci raccomandò Lavitola perché insieme a Sica lo aveva molto aiutato nell’operazione della caduta del governo Prodi».
«Le dichiarazioni volte ad ipotizzare un diretto coinvolgimento del presidente Silvio Berlusconi nella vicenda della Casa di Montecarlo sono infondate, pretestuose e diffamatorie», ha affermato Ghedini, sottolineando che «è stato folle e risibile ipotizzare che il presidente del Consiglio potesse aver dato mandato a chicchessia per creare un documento ufficiale falso che in tempi brevi avrebbe potuto essere smentito dal governo locale». Nessun dossieraggio insomma secondo Ghedini ma solo autonome inchieste giornalistiche
La lettera pubblicata dal giornale dominicano El Nacional in cui si afferma che Tulliani risulterebbe il titolare della società cui è intestato l’appartamento di Montecarlo, e che reca la fima del ministro della Giustizia dell’isola caraibica di Saint Lucia, «è vera», dice invece il ministro dominicano Rudolph Francis, raggiunto telefonicamente dal Fatto Quotidiano, che lo ha intervistato. «La prossima settimana – aggiunge Francis nel breve colloquio – rilasceremo un comunicato ufficiale su questa materia».
Annuncia querele anche Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, che respinge ogni tipo di coinvolgimento, come Vittorugo Mangiavillani, entrambi chiamati in causa nella vicenda da Bocchino.
«Quello messo in atto nei confronti di Fini più che attività di dossieraggio è un ricatto bello e buono e da un punto di vista politico dico che ricattato e ricattatore devono andare a casa», ha detto il leader dell’Idv Antonio Di Pietro, che ce l’ha soprattutto con quest’ultimo quando afferma che il suo voler «imporre a tutti i costi uno scudo giudiziario per lui, cioè l’ennesima legge ad personam è un modo di ricattare il Parlamento, un atto di estorsione nei confronti delle istituzioni repubblicane». «Ed è per questo che si deve fare di tutto – conclude – perché questo governo cada».
Il Pd: contro Fini killeraggio e dossier. Da Enrico Letta del Pd arriva una «piena solidarietà al presidente della Camera. Chiediamo – aggiunge – che cessi questo clima di killeraggio e di dossier che mette sotto attacco anche i corpi di intelligence dello Stato instillando dunque il dubbio sulla loro non completa imparzialità».
Verifiche su dossier solo in caso di denunce. Solo in presenza di una denuncia di parte o di atti ufficiali provenienti dagli organismi competenti la Procura di Roma potrebbe valutare se aprire un fascicolo sul presunto dossieraggio relativo alla vicenda della vendita dell’appartamento a Montecarlo. Al momento, secondo quanto si apprende da fonti vicine agli inquirenti, i magistrati non ritengono opportuno aprire un’inchiesta su «notizie apparse su alcuni giornali».
Il procuratore capo Giovanni Ferrara, è ancora in attesa dell’arrivo dal Principato di Monaco delle altre carte chieste mediante il supplemento di rogatoria inoltrato nei giorni scorsi. Due giorni fa è stato acquisito, presso la sede di An, la dichiarazione di successione, l’atto necessario per entrare in possesso del lascito. In base a quanto emerge dal documento il valore indicato per l’immobile è di un milione 800 mila franchi, corrispondenti a 540 milioni di lire dell’epoca (meno di 270 mila euro). In questo ambito la procura ha sollecitato all’autorità monegasche l’invio di atti relativi alle valutazioni fatte dalle autorità locali sulla congruità del prezzo indicato.
Resta alta la tensione tra Pdl e finiani, mentre non si placa lo scontro sui dossier tra i fedelissimi del presidente della Camera e il premier e Silvio Berlusconi. Palazzo Chigi smentisce infatti che i servizi segreti abbiano avuto un ruolo nella vicenda. Sono «illazioni e congetture assolutamente false e diffamatorie», secondo Palazzo Chigi, mosse «nella più totale irresponsabilità».
Ma il capogruppo di Futuro e libertà alla Camera, Italo Bocchino, che aveva già puntato il dito sugli 007, accusa: il documento che attribuisce la titolarità delle società off-shore proprietarie della casa di Montecarlo al cognato del premier Giancarlo Tulliani è un falso, confezionato da un uomo vicino al premier, Valter Lavitola, editore dell’Avanti. Quest’ultimo smentisce e annuncia querele.
«Il dossier è stato prodotto ad arte da una persona molto vicina a Berlusconi che ha girato per il Sudamerica, di cui al momento opportuno saprete il nome», ha affermato Bocchino. Poi successivamente a Annozero ha aggiunto: «Valter Lavitola, direttore de L’Avanti, sarebbe uno degli uomini che ha lavorato a questa patacca per consegnarla al premier. È stato con Berlusconi nel recente viaggio in Centro e Sud America».
Lavitola: una bufala. «Ho appreso – ha replicato Lavitola – di questa folle presunzione. Sono un giornalista, direttore di un quotidiano che benché storico purtroppo è poco letto e quindi ho cercato di mettermi sulle tracce di chi fosse il titolare di queste due società off-shore per cercare di saperlo. Purtroppo non ne sono venuto a capo, hanno fatto prima altri giornali. Confermo che sto ancora cercando di avere notizie. L’obiettivo – conclude Lavitola – era quello di cercare uno scoop che potesse essere utile a rilanciare il giornale, non credo che questo per un giornalista sia un peccato. Per quanto riguarda il fatto che il documento sia falso, non sono in grado di dirlo, spero di poterlo dire».
La lettera pubblicata dal giornale dominicano El Nacional in cui si afferma che Tulliani risulterebbe il titolare della società cui è intestato l’appartamento di Montecarlo, e che reca la fima del ministro della Giustizia dell’isola caraibica di Saint Lucia, «è vera». Lo dice il ministro dominicano Rudolph Francis, raggiunto telefonicamente dal Fatto Quotidiano, che lo ha intervistato. «La prossima settimana – aggiunge Francis nel breve colloquio – rilasceremo un comunicato ufficiale su questa materia».
Il presidente del Copasir, Massimo D’Alema, intanto chiede trasparenza sui servizi segreti: solleciteremo alla vigilanza sull’operato dell’intelligence, per eliminare «anche solo il sospetto d’attività al di fuori delle leggi», afferma in un’intervista pubblicata oggi sull’Unità.
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Si sono bruscamente interrotti i colloqui tra gli ambasciatori di Berlusconi e Fini sui temi della giustizia. Negli ultimi giorni, infatti, il ministro Angelino Alfano e Italo Bocchino sul versante politico, Niccolò Ghedini e Giulia Bongiorno sul versante tecnico, avevano avviato colloqui e approfondimenti per definire un’intesa per mettere al riparo Berlusconi dalle vicende giudiziarie cui è interessato. Secondo i finiani, a fronte della disponibilità ad armonizzare i rapporti all’interno del centrodestra si registra un’escalation della campagna mediatica contro il presidente della Camera da parte della stampa vicina al presidente del Consiglio. L’orientamento dei finiani, dunque, porta ad uno stop al dialogo sulla giustizia, in particolare sullo scudo giudiziario. Il tutto, a pochi giorni dall’intervento alla Camera del premier, che il 29 settembre illustrerà i 5 punti del programma di governo. Con un dubbio ancora irrisolto per quato riguarda l’opportunità di porre la fiducia.
Fli chiede l’intervento del Copasir. In ambienti vicini a Fini – riferiscono fonti di Fli – si sarebbe venuti in possesso di «elementi che evidenziano una vera e propria attività di dossieraggio, con utilizzo di ingenti risorse di denaro in Italia e all’estero al fine di produrre e diffondere documentazione falsa». Il tutto allo scopo, si sostiene, di indurre Fini alle dimissioni prima del 29 settembre, quando è previsto il discorso alla Camera da parte del premier. Non a caso, oggi il finiano Carmelo Briguglio, componente del Copasir, ha chiesto al presidente Massimo D’Alema che il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica «assuma una decisa iniziativa in relazione alla pubblicazione di atti di dubbia autenticità, se non addirittura falsi, formalmente intestati ad autorità di Stati stranieri, con lo scopo di alimentare la campagna scandalistica contro la terza carica dello Stato italiano». Se non cesserà questa campagna contro Fini, il Fli non sarà disponibile a discutere di nessuno scudo di nessun tipo.
Fini: quel documento è una porcata. «Quel documento è una porcata, un falso», talmente fatto bene da pensare che dietro ci siano i servizi. Gianfranco Fini – prima ancora che cominciasse la riunione mattutina di Futuro e Libertà per decidere il sì dei finiani sull’utilizzo delle intercettazioni a Cosentino – aveva già avuto modo di esprimere in modo chiaro ed inequivoco a diversi dei suoi la chiusura di ogni spazio di dialogo con Berlusconi, dopo la pubblicazione da parte dei quotidiani di famiglia del Cavaliere dell’atto che attribuirebbe al cognato di Fini, Giancarlo Tulliani, la proprietà della società off shore proprietaria della casa di Montecarlo.
«Pronti a rimettersi l’elmetto in testa». Con il deposito della mozione dei finiani contro Minzolini, direttore del Tg1, e Mauro Masi, direttore della Rai, (sebbene questa fosse già annunciata da giorni), il sì su Cosentino e l’annuncio della rottura di ogni trattativa sulla giustizia e sullo scudo processuale per il premier, è stata la risposta strategica pensata nel consueto pranzo al gruppo dei finiani del mercoledì, durante il quale l’invito è stato quello di «rimettersi l’elmetto in testa» e prepararsi all’ok corral. «Chi ci sta ci sta. E se qualcuno tentenna è bene che cambi strada ora» è la rotta indicata dai falchi alle colombe.
«Il voto di fiducia non è in discussione». «Il dossieraggio va avanti da agosto – dice un dirigente di Fli – ma l’escalation alla vigilia del discorso di Berlusconi alla Camera è sospetta». Fine del dialogo e delle trattative, perciò, anche di fronte alla convinzione che nell’operazione mediatica di «dossieraggio» contro Fini sarebbero coinvolti addirittura servizi deviati e ci sarebbe «l’utilizzo di ingenti risorse di denaro in Italia e all’estero al fine di produrre e diffondere documentazione falsa». Falchi e colombe, comunque, sono d’accordo su una cosa: non è in discussione il voto di fiducia ai 5 punti di programma che Berlusconi presenterà il 29 alla Camera. «Chi ha interesse a rompere, e non siamo certo noi, deve assumersi le sue responsabilità – dice un dirigente Fli – e non cercare di provocare incidenti, facendoci saltare i nervi per ridarci il cerino in mano».
Urso: il governo non cadrà, c’è un programma condiviso. «Restano il patto con gli elettori, che vogliamo assolvere nell’arco dell’intera legislatura, e il patto di coalizione che abbiamo stretto con Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, che consideriamo vincolante. Ma il Pdl che abbiamo contribuito a fondare non c’è più». Lo dice Adolfo Urso in una lunga intervista pubblicata sul numero di ottobre del magazine free press Pocket. Tuttavia Urso ritiene che «non si arriverà a una crisi di governo: ci siamo impegnati a rispettare un programma condiviso e faremo in modo che lo si attui in maniera responsabile».
Berlusconi riceve Alfano e Ghedini. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha ricevuto a Palazzo Grazioli, il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e Niccolò Ghedini, avvocato del Cavaliere e deputato del Pdl. All’incontro era presente anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. All’uscita da Palazzo Grazioli, Ghedini non ha risposto alle domande dei cronisti, e a chi gli chiedeva notizie sulla rottura delle trattative sul Lodo Alfano con gli esponenti di Futuro e libertà, l’avvocato si è limitato a rispondere: «Non ne so nulla».
Berlusconi parlerà alla Camera il 29 settembre, nel giorno del suo 74° compleanno. Il presidente del Consiglio parlerà alle 11 per illustrare il documento con i cinque punti per l’attività di governo. Alla fine del suo discorso si terrà un dibattito. La replica di Berlusconi è prevista intorno alle 18 e, a seguire ci saranno le dichiarazioni di voto sulle mozioni, che verranno votate in serata. Il premier non ha ancora deciso se porre la fiducia «Al momento – ha detto il capogruppo della Lega, Marco Reguzzoni – l’ipotesi di porre la fiducia sui “cinque punti” che saranno illustrati da Berlusconi non è ancora sul tavolo. Se non ci fosse la fiducia, la votazione sarà normale mediante il procedimento elettronico; ove, invece, ci fosse la fiducia il calendario dovrà essere rivisto nella tempistica».
La Russa: l’unico dossieraggio è stato fatto contro Berlusconi. «Dossieraggio? Non mi sembra di pregio per i finiani. Se qualcuno lo pensa, vada dalla magistratura – dice il ministro Ignazio La Russa – L’unico dossieraggio è durato mesi ed è quello delle presunte fidanzate di Berlusconi. Per mesi è stato portato avanti su Repubblica e nessuno ha tirato in ballo i servizi segreti. Potrà non piacere, ma sono campagne giornalistiche. Queste accuse mi ricordano come era solita fare negli anni ’60-’70 la sinistra quando diceva che tutto era colpa della Cia. Non sappiamo come mettere i bavagli ai giornali e siccome non è più soltanto Il Giornale del fratello di Berlusconi ad occuparsene non saprei proprio come fare. E’ una vicenda che non può essere spenta da nessuno».
Pdl: «Imparzialità? Fli pensi a quella di Fini». «La mozione Fli sulla Rai è infondata nei fatti, strumentale negli obiettivi, paradossale visto chi la presenta – dice il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone – Infondata, perché nessun italiano dotato di telecomando può credere alla favoletta dei finiani discriminati, nel momento in cui, dall’alba a notte fonda, esponenti Fli intervengono su tutte le reti e in tutti i tg. Strumentale negli obiettivi, perché è evidente che il Fli vuole partecipare alla campagna di una parte della sinistra contro Augusto Minzolini, “colpevole” di avere rotto una cappa di conformismo, e contro il direttore generale Mauro Masi, che ha agito in modo ineccepibile nell’interesse dell’azienda che è chiamato a gestire. A entrambi va la mia solidarietà per questi attacchi ingiusti e faziosi. Ma la mozione dei finiani è soprattutto paradossale quando evoca l’imparzialità. Un problema enorme di imparzialità si pone in questo momento, semmai, rispetto al ruolo del presidente della Camera, che ogni giorno interviene nel dibattito politico e perfino nel merito delle questioni all’esame del Parlamento, dividendo anziché unire, attaccando forze politiche e parlamentari, trasformando la terza carica dello Stato nel palco di un permanente comizio di parte, superando limiti mai varcati in passato dai suoi predecessori. Chiunque sia intellettualmente onesto dovrebbe porre proprio a Gianfranco Fini il tema della imparzialità».