Economia

FinTech, le cinque regole d’oro per avere successo

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Il fintech italiano sta crescendo e le previsioni dell’Osservatorio del Politecnico di Milano sono ottimistiche: nel 2020 il giro di affari dei soli New Digital Payment arriverà a 100 miliardi (contro i 46 del 2017).

I CEO delle nuove aziende del settore però devono ancora vedersela con molti “nemici”, tra cui in primo luogo la diffidenza del pubblico verso le novità e il radicamento dei sistemi tradizionali. Come se questo non bastasse, all’orizzonte si profila l’arrivo dei GAFA (Google, Apple, Facebook e Amazon) che stravolgerà le regole del mercato.

A fine gennaio 2019 i grandi “over the top” hanno ottenuto le prime licenze bancarie nel Vecchio Continente e pochi giorni fa Apple ha annunciato la sua carta di credito. Per ora sono esperimenti in paesi lontani, come la Lituania (Google), l’Irlanda (Facebook), il Lussemburgo (Amazon) e gli USA per Apple, ma c’è da scommettere che dopo aver infilato questo “piede nella porta”, i GAFA non ci metteranno molto ad arrivare anche nel Bel Paese.

Le strategie efficaci per concorrere con i FAANG

Se le startup che si affacciano adesso sul mercato italiano vogliono arrivare preparate al momento in cui sbarcheranno quei quattro colossi multinazionali, devono mettere in atto strategie efficaci per far rapidamente breccia nel cuore degli utenti. In altre parole, devono trovare molti clienti e se possibile consolidare la loro posizione sul mercato, prima che gli OTT facciano saltare il banco.

Credibilità e trasparenza sono le parole d’ordine per vincere questa sfida, secondo Ferrero Comunicazione, agenzia di PR specializzata nel fintech fin dal 2015, che sulla base della propria esperienza con le aziende del settore e i risultati di un sondaggio tra i media, ha stilato 5 regole d’oro (della comunicazione) per i CEO che vogliono crescere e avere successo nella finanza tecnologica.

«Il problema più grande che hanno le aziende che offrono servizi fintech è che devono convincere le persone a cambiare abitudini consolidate da lungo tempo. Siamo abituati, ad esempio, a pagare beni e servizi in contanti da più o meno 2.600 anni, cioè da quando i Lidi, una popolazione dell’Asia minore, hanno inventato la moneta» spiega Marco Ferrero, founder dell’agenzia.

«Per persuadere qualcuno ad abbandonare un sistema che funziona da 26 secoli, in favore magari di un borsellino digitale, o di una piattaforma di ePayment, occorre conquistare prima di tutto la sua fiducia e poi, dopo, spiegargli con chiarezza i vantaggi della nuova soluzione rispetto ai vecchi metodi. È lo stesso anche per i prestiti o per le assicurazioni, che possono contare su una consuetudine che risale più o meno al XIV secolo. L’unico modo per far cambiare abitudini così radicate alle persone, è utilizzare molto bene la comunicazione».

Un problema, quello di conquistare la fiducia dei consumatori, con cui devono confrontarsi soprattutto le piccole realtà. Le grandi multinazionali, infatti, possono già contare su milioni di utenti che quotidianamente utilizzano i loro servizi e che per la maggior parte sono pronti a dare fiducia al marchio anche nel settore finanziario (secondouna ricerca Bain & Company apparsa su Forbes, ad esempio, il 55% degli americani è pronta ad acquistare prodotti finanziari da Amazon).

Lo strumento migliore per ottenere la fiducia delle persone è ovviamente la comunicazione. Le aziende del fintech, però, soprattutto quelle più giovani e ancora in fase di startup, spesso si affacciano sul mercato senza aver pianificato una vera strategia comunicativa e senza nemmeno un budget o risorse specifiche da dedicare a questa attività.

Accade così che alcune startup inondino letteralmente le redazioni di messaggi inadatti a “fare notizia”, o che, al contrario, utilizzino esclusivamente canali come i social media o i blog aziendali (a volte perché “costano poco”), senza riuscire mai raggiungere una reale visibilità o a conquistare la fiducia dei loro lettori. O un posizionamento corretto rispetto ai loro competitor.

Le cinque Regole d’Oro della Comunicazione per le Startup del Fintech sono delle best practice che dovrebbero essere utilizzate dalle giovani aziende come linee guida per evitare questi ed altri errori frequenti in tema di informazione e pubbliche relazioni. Cinque pilastri su cui iniziare a costruire la propria strategia per ottenere credibilità e notorietà (e quindi fiducia) e fronteggiare senza sconquassi le onde sempre più alte di un mercato in frenetica evoluzione. Tsunami dei GAFA compreso.

Le 5 regole d’oro, numero 1: meno social e più redazioni

Tra haters, fake news, click farming e uso improprio dei dati, la credibilità dei social network è ai minimi storici. I media “tradizionali”, sia online che offline, al contrario, possono sembrare più antichi e di certo hanno un numero di lettori/spettatori minore dei social, ma godono tuttora di una forte credibilità.

Se volete guadagnare la fiducia dei vostri utenti, sono dunque i vostri migliori alleati.

La presenza di una redazione formata da giornalisti che nella maggior parte dei casi hanno una preparazione specifica sugli argomenti di cui trattano, sono sottoposti a norme deontologiche e esercitano un minimo di controllo sulle fonti, è garanzia per chi legge, di un buon grado di veridicità delle notizie che vengono pubblicate. Attrezzatevi dunque per meritare “gli onori della cronaca”.

Regola numero 2: sì ai professionisti, fin da subito

Il 55,6% dei giornalisti che ha risposto alle domande del nostro questionario, lamenta l’incapacità delle startup fintech di valutare correttamente l’interesse giornalistico di ciò che trasmettono agli organi di informazione e il 40,7% denuncia comunicazioni carenti dal punto di vista giornalistico (in termini di forma, contenuto, chiarezza delle fonti, notiziabilità) in quasi la metà degli invii ai media.

A volte questo accade perché negli early stage della startup, la comunicazione viene affidata a professionisti scarsamente qualificati o addirittura viene gestita da uno dei founder, nel tempo libero da altre incombenze.

Eppure la comunicazione è il volto attraverso cui l’azienda si fa conoscere al mondo. Deve quindi essere gestita professionalmente fin dai primi momenti del debutto sul mercato. Il che significa competenze, pianificazione, strategia e retribuzione. Fareste gestire la sicurezza dei vostri sistemi informatici dal vostro fratello liceale o dal collega che nel resto del tempo si occupa di design? No. Allora perché con la vostra immagine dovrebbe essere diverso?

Regola numero 3: basta parole astruse, via alle spiegazioni

Bando assoluto ai tecnicismi, alle parole incomprensibili e agli acronimi in tutte le vostre comunicazioni. Se siete informatici, ingegneri o economisti, non è detto che lo siano anche i vostri utenti. Prima di inviare qualsiasi comunicazione al pubblico, chiedetevi se i lettori / spettatori a cui è destinata riusciranno a comprendere senza incertezze ciò che intendete dire. Altrimenti, spiegatelo in modo più semplice. La parola d’ordine è chiarezza.

Regola numero 4: meno storytelling e più dati

Se vi candidate a gestire i soldi delle persone avete la necessità, oltre che il dovere, di essere trasparenti e precisi. I vostri futuri utenti saranno certo interessati a sapere che voi e i vostri soci vi siete conosciuti durante un semestre a Princeton o avete maturato l’idea del vostro servizio mentre eravate in coda allo sportello, ma prima di darvi i loro soldi, probabilmente ameranno anche leggere i vostri bilanci. O magari avere un’idea di quali risultati avete prodotto fino ad ora. Non solo storytelling, dunque, ma dati chiari e comprensibili. Più sono, meglio sarà.

Regola numero 5: il secondo è il primo degli ultimi

Il mercato del fintech è ancora molto lontano dall’essere saturo, tuttavia la cosa peggiore che una startup possa fare in questo momento, è provare ad imitare i leader di mercato già affermati, sperando che ci sia spazio per altri 2 o 3 soggetti che offrono lo stesso tipo di servizi.

Non è uno sbaglio solo dal punto di vista commerciale e di marketing, ma anche, anzi soprattutto, dal punto di vista della comunicazione. Se le differenze tra la vostra startup e l’azienda leader risiedono solo in minime migliorie tecniche (es: transazioni più “veloci”) o in pochi punti base di differenza nelle commissioni o nel cashback, gli utenti NON le comprenderanno. O peggio ancora voi non riuscirete a comunicarle. Chiedetevi: “Cos’è che mi distingue dai miei competitor?” e se la risposta contiene la parola “millisecondi” o “percentuali”, cambiate modello di business.

P.S. Anche “algoritmo” non va bene, nell’80% dei casi.